Via dalla Cina: più di metà delle aziende occidentali pianifica una via di fuga dalla Cina

par cinaoggi
venerdì 31 agosto 2012

Secondo un rapporto di Hackett Group il 46% delle compagnie occidentali stanno considerando la possibilità di abbandonare la Cina entro breve tempo. Un altro 27% invece sta già preparando il ritorno in patria o si sta rivolgendo verso nuove mete.

Il trend è cominciato almeno da un paio di anni. Ormai sono sempre più le aziende straniere e i privati cittadini che stanno ritornando in patria o si muovono verso altre mete. La lista dei motivi per le aziende è piuttosto lunga: mancanza di riforme adeguate, prezzi al rialzo, politiche discriminatorie, lo spionaggio industriale, le guangxi, la corruzione rampante, la qualità discontinua delle merci prodotte nel paese, le continue infrazioni sul diritto d'autore, la difficoltà di far valere le proprie ragioni dinnanzi a una corte cinese, la fuga del know-how, la bolla speculativa che minaccia di esplodere da un momento all'altro con conseguenze catastrofiche e una lunga serie di problemi mai risolti che invece colpiscono il privato: la censura, la mancanza di un sistema scolastico decente (problema ormai di impossibile risoluzione se si è genitori di bambini in età scolastica e non si ha uno stipendio tale da poter mandare il proprio figlio in una delle costosissime international school disseminate nel paese - tariffa media, 1000 euro al mese per le elementari), un sistema sanitario penoso, le condizioni igieniche, l'inquinamento, un razzismo crescente verso gli stranieri, le difficoltà burocratiche, la legge del figlio unico nei matrimoni tra uomini stranieri e donne cinesi, gli scandali del cibo, gli abusi contro i minori, i maltrattamenti sugli animali, etc. 

E' almeno dal 2010 che innumerevoli compagnie hanno cominciato a domandarsi se sia ancora il caso di rimanere in Cina. Una delle ragioni principali dall'abbandono delle compagnie americane è dettata da motivi meramente pragmatici ovvero il costo del lavoro al rialzo in Cina e al ribasso negli States. Alcune compagnie così tornano in patria, altre invece vanno a caccia di altri nazioni più competitive. Secondo una azienda californiana produttrice di LED è ormai più conveniente aprire nuovi stabilimenti in California e Illinois anziché dover affrontare i problemi logistici e burocratici in Cina. 

Uno stipendio cinese è tuttora circa un decimo di quello di un dipendente americano. Nonostante questo, anche la classe dirigente americana è conscia che il ritorno in patria della produzione delle aziende americane potrebbe tamponare il problema della disoccupazione e fungere da soffietto per rafforzare l'economia americana. 

In Europa il discorso è leggermente diverso, ma la sostanza non cambia. Secondo un recente rapporto rilasciato da EU Chamber e Roland Berger Strategy Consultants, solo il 22% delle aziende europee su un campione di 557 società, ha preso in considerazione di abbandonare il paese, soprattutto a causa dell'incertezza del business, leggi e regolamenti ambigui, il costo del lavoro al rialzo, etc. A maggio del 2012, gli investimenti in Cina da parte di compagnie europee sono crollati del 28% rispetto l'anno precedente.

(fonte Forbes)


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