Venti di guerra nel Mediterraneo. L’Italia in prima fila

par SABINA BARCA
venerdì 25 febbraio 2011

âL’Italia rischia, suo malgrado. Richiamata alla guerra contro il vicino Gheddafiâ

Difficile avere una panoramica totale o prevedere cosa succederà nelle prossime ora ma certo che qualche ipotesi si può fare.
 
Il colonnello Gheddafi, ieri, senza mezzi termini, ha espresso la volontà di schiacciare la rivolta con ogni mezzo. Nulla del suo discorso ha fatto presagire una qualsiasi possibilità di mediazione o di compromesso, ne con i manifestanti, ne con i paesi occidentali. Il governo italiano teme. La vantata “amicizia particolare” con il dittatore non ha funzionato.
 
È il costo da pagare quando si dà credibilità e eccessiva importanza ad un satrapo. Il bradipo continente Europa, ha dimostrato insicurezza e incapacità. Debilitata l'Italia, annaspa e panica incapace di comprendere cose più grandi di lei. La politica estera, è altra cosa; il mondo guarda e ascolta non si può condire con la solita fufa.
 
Le incompetenze del governo Italia emergono grossolane. I silenzi imbarazzano. Quando parlano e anche peggio. L'Europa sotto scacco matto. L'Italia e l'Europa ricattabili. Gas petrolio, e banche, la vulnerabilità. Dopo la riunione del Consiglio di sicurezza dell'ONU è sempre più possibile un piano di intervento in Libia. Se il colonnello libico non rinuncia al massacro e non avviene l'auspicato colpo di Stato, è inevitabile che Stati Uniti e alleati dovranno attivare un azione che in primis porterà mezzi navali poi portaerei nel mediterraneo, e per evitare raid aerei mercenaria, un no-fly in Libia, a tutela dei rivoltosi.
 
Qualcuno sta già fregando le mani. C'è la possibilità di spostare interessi economici da A a B. The president Obama si troverebbe a gestire la sua prima guerra e trascinare con se i soliti noti. Bisogna difendere la “democrazia”.
 
Non si può pensare che il terzo paese al mondo possessore di gas e petrolio sia lasciato in balia di giovani manifestanti inermi con il grande rischio di insediamento di gruppi terroristici al potere, in una nazione che affaccia sul mediterraneo. Impensabile!
 
Un report della Cia compilato da Antony Cordesman chiarisce che “il 95% delle esportazioni del Paese è rappresentato dal barile che costituisce il 25% del prodotto interno lordo e assicura il 60 per cento degli stipendi del settore pubblico. La Libia, grazie al petrolio e a una popolazione contenuta (circa 6 milioni e mezzo di abitanti) è lo Stato del Nord Africa con il più alto reddito pro-capite”. Però, la Libia è sotto dittatura e a governare sono i clan, perciò la ricchezza resta nelle mani di pochi.
 
Gli osservatori internazionali, registrano che l'esercito di Gheddafi, è poco qualificato e attrezzato; non raggiunge gli standard minimi. Le defezioni di questi giorni, i caccia a Malta, lo schianto del caccia-bombardiere Sukhoi-22 e le due navi da guerra al largo di Malta, dimostrano una sfaldatura dell'esercito, cosa che fa presagire un non possibile colpo di Stato che preordina un futuro governo di transizione.
 
Questo è quanto potrebbero maturare. L'occidente, dovrà tener conto e dovrà promuovere una missione militare con bandiera ONU.
 
Obama ha moderatamente chiesto la cessazione del fuoco e condannato le violenze del regime. Così anche l'unione europea... per la seria così lo fan tutti. Mentre la Casa Bianca osserva attentamente e non favella, la fregata Alvand e la nave d'appoggio Kharg, entrambi navi da guerra iraniane, entrano nel mediterraneo attraverso il canale di Suez. Ahmadinejad ora è ben posizionato e può finalmente controllare attraverso le sue navi le coste di Israele.
 
Un evento straordinario che non accadeva dal 1979, e non è una bella cosa. La caduta di Mubarak ha creato una falla. difatti, ogni nave potrà passare nel canale di Suez, ora sprovvisto di controllo, e potrà posizionarsi nel nostro mare.
Non è una buona cosa. L'Italia è una lingua di terra nel Mediterraneo, militarmente strategica e molto ambita dagli Usa, e non solo. Da casa nostra, tutto il Medio Oriente è a portata di mano, e dalle nostre basi Nato, attualmente ben attrezzate, in un attimo si raggiunge ogni luogo. Il passaggio dalle navi iraniane, dà la possibilità al presidente statunitense di poter attuare mosse importanti, però prima, dovrà considerare i due fronti, Afghanistan e Iraq. È indubbio che si sta prendendo tempo. Anche l'Europa temporeggia mentre comincia ad angosciarsi per le potenziali masse di migranti e/o profughi che, con tutta probabilità scapperanno dalle guerre civili in cerca di libertà.
 
Insomma, verosimilmente l'Italia potrebbe essere chiamata ad azioni di guerra contro la Libia, naturalmente con bandiera Onu. Non solo. Dopo le gheddafine, la bellissima vetrina italiana da cui è partita la minaccia, neppure velata, di conversione all'islam dell'UE intera, la beffa. Mentre si raccoglieranno profughi da ogni costa italiana, contemporaneamente partiranno aerei per bombardare e dai porti navi da guerra, e chissà se il colonnello ci farà l'onore di lanciare ancora qualche missile verso Lampedusa. Noi nazione Italy, rischiamo di trovarci nell'occhio del ciclone, senza sapere cosa fare.
 
La cosa sconsolante è che questo paese ha una leadership incapace di gestire strategicamente questioni internazionali delicatissime. Sono questioni che richiedevano enorme abilità diplomatica e strategica; e cosa che non guasta, una buona reputazione internazionale, che permette di poter avere voce in capitolo. A quanto pare, la privilegiatissima amicizia con il caro satrapo vicino di casa, non è servita a nulla. Abbiamo visto un brutto film di tende beduine a Roma e di bacia mano che non ci hanno risparmiato neppure la volgare accusa di aver fornito missili ai ribelli. Offesi su tutta la linea.
Che tristezza.
 
Questa è la politica che ha aiutato dittatori, che non si è semplicemente limitata a stringere affari ma ha incoraggiato la loro stabilità, esaltandoli. In cambio il contenimento migratorio.
 
“Se me li tieni lì, non guardo cosa fai a casa tua”.
 
Così, nel nulla finivano le denunce dei campi profughi in Libia.
I popoli non devono essere trattenuti. Essi non devono mai trovarsi spinti a fuggire dal proprio paese. La logica della botte piena e la moglie ubriaca. Bisognerà farsi carico di governi transitori, che dovranno ristabilire ordine ed evitare l'arrivo dei fratelli musulmani, forti economicamente, e al contempo sostenere i movimenti democratici nelle campagne elettorali, che non hanno denaro e rischiano di non essere visti come forza proponente. Tutto è rimesso in discussione. Ogni accordo precedentemente preso è decaduto. Quanti paesi arabi verranno coinvolti nella ola democratica è un'incognita.
 
Una riflessione - non c'è nulla di meglio della guerra per l'economia. Nell'attesa di sapere quale sarà la prossima mossa, possiamo solo sperare che non sia guerra.

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