Vendola, l’Io onnipresente

par carlo
venerdì 24 dicembre 2010

Imperversa, con il consenso del Potere, sui media nazionali a raccontare le sue vuote e seducenti ânarrazioniâ di sinistra in perfetto stile âtogliattianoâ o meglio ancora, tagliate sulla âdoppiezza togliattianaâ per cui si dice una cosa (rivoluzione) e se fa unâaltra (restaurazione). Quel che è chiaro è che vuole portare in Politica la Religione: a volte cita il âsocialismo di sinistraâ quello per esser chiari di Riccardo Lombardi, così tanto per incantare e far sognare la gente: poi dice di voler incontrare il Papa per trovare una soluzione ai temi eticamente sensibili, pratica estranea in toto al socialismo di sinistra. Si richiama al comunismo e poi legge San Paolo, adora Padre Pio, agita slogan sessantottini infarciti di sentimentalismi religiosi secondo la prassi âcatto-comunistaâ. Un film già visto e interpretato dal suo predecessore e sponsor, Fausto Bertinotti che voleva tra il 2004 e la disfatta elettorale del 2008, superare il comunismo per fare âIl Socialismo del XXI° secoloâ, e nel frattempo, incollato al âcatto-comunsimoâ, faceva cadere i due governi di centro-sinistra guidati da Romano Prodi, per ridare il Paese al centro-destra. Ora sta al caldo nella lussuosa stanza della Presidenza della Fondazione della Camera.  

Urla alla luna ‘Voglio le Primarie’ perché ‘Io sono il nuovo’ e quindi ‘Io solo posso battere Berlusconi’. Ossessionato dalle ‘Primarie’ invasato da un ‘Io onnipotente’, Nichi Vendola, salta dal lunedì alla domenica di tv in tv, sciorina ‘le Sue Narrazioni’ sui quotidiani per ridire ‘Io sono il cambiamento’. E ‘le Sue Narrazioni’ viaggiano sull’onda dei mutamenti quotidiani del dibattito politico, che come noto è fatto più di tattica e tatticismo che di proposte e programmi a medio e lungo termine, più di affermazioni di circostanza che di finalità.

Così una volta inneggia a Gianfranco Fini, al nuovo che avanza e la volta successiva, mutato il quadro di riferimento per la costituzione del ‘terzo polo’, lo affossa riportando le lancette dell’orologio al ventennio fascista. Si trova poi sulla stessa lunghezza di Pier Ferdinando Casini, cui deve la rielezione a Governatore della Puglia, ma solo per un’ora, poi anche Pier è scaricato. Il solo bersaglio o chiodo fisso è il Partito Democratico: lo vuole annettere, o come si dice in gergo coprire con un’Opa. Lui ha a mala pena il 3,9% dei voti (elezioni europee), la sua formazione politica (SeL) sta fuori dal Parlamento dal 2008 ed è a corto di risorse non solo finanziarie, eppure lancia un’Opa sul maggior partito d’opposizione, il Pd, la cui forza elettorale oscilla tra il 25 ed il 27% ed il cui Statuto prevede le Primarie.

Lui pretende, così, le Primarie di coalizione dal Pd mentre nello statuto del suo partito, SeL, non sono previste affatto. Né tantomeno le prevede per gli eventuali candidati a occupare una poltrona di parlamentare perché, come ha di recente spiegato, “finirebbero con il far prevalere i piccoli boss locali”. E allora perché meravigliarsi di un saggio segretario – Pier Luigi Bersani - che non intende regalare a un partitino del 3,9 % la guida di una coalizione (il centro-sinistra) che veleggia sopra il trenta? Possibile che la libertà di scelta deve essere concessa a lui e che lui non la conceda agli altri? Ma il nostro Leader è tutto preso dalla corsa per le Primarie che, schiudendogli la strada della leadership del centrosinistra, più che fargli vincere la sfida con Berlusconi, gli permettono, secondo i suoi piani, di spaccare il Pd. Già, ma per fare che? Per rifare la sinistra, dice lui, guardando il Rosario che tiene in tasca. Il timore, niente affatto campato per aria, è che alla fine in piedi non resti più nulla se non macerie. Sotto questo punto di vista Vendola predica bene e razzola male.

Andiamo alla voce “partiti”. In un’intervista su Repubblica nazionale di venerdì 17 sugli incidenti a Roma in occasione del voto di fiducia al governo alla domanda se non c’è indifferenza verso i politici risponde così: “La fanghiglia e il teppismo visti nelle aule parlamentari impediscono alla politica di fare prediche. Questa generazione ha trovato forme d’identificazione nell’appartenenza alle curve dello stadio, nel tifo identitario. Anche lo stadio è un surrogato di ciò che è venuto meno: la scuola, la famiglia, la politica, i partiti, tutto è venuto meno. Restano la tivù e lo stadio”. Sulla carta si può esser d’accordo ma c’è un ma: siamo davvero sicuri che la sua sia un’alternativa migliore? Vendola parla di partiti. Ma lui li tratta male. Non sa che farsene. Basti ricordare come ha perso il congresso nazionale di Rifondazione comunista da cui ha poi dato vita al nuovo partito, SeL. Perso per una manciata di voti. E tutti gli altri micro partiti di quella sinistra che lui vorrebbe rifondare, che fine hanno fatto? Dai Verdi, ai comunisti popolari, da Sinistra Democratica a piccoli gruppi del Psi incantati dai suoi fasulli richiami al socialismo di sinistra, quello per intenderci di Riccardo Lombardi, è nato per caso un partito nuovo e più forte? Non ci risulta. Si sa solo che accanto a Sel, che al congresso nazionale di Firenze è stato paragonato a “un seme destinato a scomparire”, sono sorte le Fabbriche di Nichi. Un partito che lui non vuole radicato perché il partito è lui.

Sel, dunque, è l’ennesimo partito meteora del panorama politico nazionale. Già, ma per quale scopo? Usarlo come un ‘ariete’ per entrare nel fortino del Pd e spaccarlo con le Primarie. Con un rischio: sfasciare tutto e aprire un’autostrada al centro-destra. Un po’ come ha fatto il suo predecessore Fausto Bertinotti che vagheggiava il Socialismo del XXI° secolo nel segno anche lui di Riccardo Lombardi: per due volte ha segato il ramo dove stavano seduti Romano Prodi e il centro-sinistra per ridare il Paese a Silvio Berlusconi. Diversamente dalla lealta’ dimostrata nell’ultimo Governo Prodi, dai Radicali e dall’allora Ministro agli Affari Europei, Emma Bonino. E la Bonino, la ‘fuoriclasse’ come la defini’ Bersani, ha forse aperto la strada ad una alternativa possibile, riformista, liberale e libertaria, vincendo a Roma con il 54,18% lo scontro davvero impari sul piano mediatico con la candidata del centro-destra, Renata Polverini.


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