Veltroni e le dimissioni: welcome to new Italy

par Pietro Orsatti
mercoledì 18 febbraio 2009

Di scissione in scissione, di leggina in leggina. Walter Veltroni si è dimesso. Ci metteremo qualche giorno per capire “quanto” si sia dimesso, ma il moto di orgoglio, l’assunzione di responsabilità mediatica c’è stata. Di questo diamogli atto. Con le sue dimissioni si è dissolto il non partito Pd (di fatto una coalizione). Il Pd è tanto un “non partito” che i “patrimoni” (in mobili e in immobili) non sono mai stati fusi. Ognuno (Margherita e Ds) si è tenuto soldi e mattoni: società separate e una scatola vuota, il Pd. Già i rutelliani si stanno muovendo, si agitano, chiedono, contano, sommano. La Binetti sta pensando di trasferire l’inginocchiatoio che usa per scrivania al Gruppo misto. D’Alema si atteggia a statista benevolo e preoccupato, ma sotto sotto probabilmente gongola. Colpito e affondato. Come quando trascorreva pomeriggi (da direttore) all’Unità giocando a Doom (dicono i più informati). Colpito! Colpito! Bersani è l’erede delle macerie, affiancato da Letta (nipotino) e dalla Bindi. Molto Nord per quello che rimane del Pd. E con la sconfitta in Sardegna tramonta anche il flirt con Casini e l’Udc rei di aver trovato un comodo ingresso in Regione con Cappellacci (che detta fra noi con lo stile “petto in fuori, pancia dentro” del nuovo berlusconismo manganellesco non ci azzecca molto). Un flirt che in Sicilia si stava trasformando in qualcosa di raggelante, in un tripudio di cannoli.


Rifondazione concede le armi. «È stato sconfitto un progetto, non l’uomo», ha dichiarato Ferrero. Diciamocela tutta, Ferrero con ogni probabilità è incazzato nero con Veltroni. Con leggine e inciuci gli ha spostato il partito fuori dal Parlamento, con trattative e inviti e vassoi di pasticcini al party delle future liste elettorali ha probabilmente innescato la scissione vendoliana. Ferrero in privato metterebbe sotto con un tir Veltroni, ma ha la sua immagine da buon comunista con loden da difendere e quindi, magnanimo, non infierisce.

Risultato? Non c’è più una sinistra (in termini parlamentari), il centro-sinistra è andato a sbattere definitivamente (dopo non si sa quanti rimbalzi) contro un nuraghe. Le europee e le amministrative sono a due passi e si andrà al congresso (di che? Del Pd?) in piena campagna elettorale. E Berlusconi monetizza. Mette in saccoccia la Presidenza della Repubblica al prossimo passaggio dal via, liquida la Costituzione a colpi di leggine ordinarie, e gestisce la crisi economica come se fosse una giornata di speculazione ordinaria in borsa: con una lunga serie di bluff. Welcome to new Italy.


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