Videocracy: ma servirà a qualcosa?

par kempest
lunedì 7 settembre 2009

Un autentico trionfo, secondo i mezzi di informazione, è stata la proiezione l’altroieri al lido di Venezia del docu-film "Videocracy" diretto dal regista italo-svedese Erik Gandini. Il documentario, come tutti ormai ben sappiamo, tratta dell’evoluzione della televisione italiana negli ultimi trent’anni, e in particolare di colui che ha dominato la scena nelle televisioni commerciali: Silvio Berlusconi.

Racconta in realtà quello che tutti sanno e che molti fanno finta di non sapere ovvero: il pazzesco declino di questo mezzo di informazione, dove non conta più l’essere, bensì l’apparire; un viaggio nel mondo delle veline, dei tronisti, dei grandi fratelli, delle isole dei famosi e di tutti gli strani personaggi che ruotano attorno a questo mondo. Ovviamente non ho visto questo documentario, lo vedrò appena sarà accessibile al grande pubblico, ma il tema in questione mi sta particolarmente a cuore e quindi penso meriti una piccola riflessione. Io non vedo più la televisione ormai da tempo, eccezion fatta per alcuni programmi sportivi: calcio, F1, mondiali di atletica, etc...; non la guardo più per il semplice fatto che non trovo ormai più nulla di interessante, nulla che valga la pena di essere visto.

Il trash e il gossip dominano sovrani, per cui a chi come il sottoscritto non interessano i pettegolezzi e i programmi dove l’unico scopo è fare bella mostra di ragazze seminude, non resta che rifugiarsi in rete. Devo confessare una cosa: sono piuttosto demoralizzato. Lo sono perché vedo che la situazione è sempre peggiore, non ci sono segni di meglioramento, ma anzi si sprofonda sempre più in basso. La televisione italiana (rai o mediaset non cambia poi un granchè) non sente nessuna esigenza di cambiare, di riacquistare una certa credibilità, di elevare, per quanto possibile, il livello culturale del paese, ma si limita a confezionare i soliti programmetti di intrattenimento che alla fine si assomigliano tutti.



Incredibilmente, almeno dal mio punto di vista,questi programmi fanno ancora ascolti rilevanti, e capita spesso girando per strada di sentire persone che parlano del tronista, della velina o attricetta del momento. Paradossale (o forse no) che in un paese un ragazzo/a che studia per 20 anni, che si laurea, che raggiunge un’elevata professionalità nel ramo a cui ha deciso di dedicare la vita, finisca per lavorare in un call center per 800 euro al mese, mentre chi ha un bell’aspetto fisico e la sfacciataggine di mostrarsi in pubblico, di palesare sostanzialmente la sua mediocrità, venga premiato con fama e denaro. Purtoppo gran parte della colpa non sta nei media, quanto in noi stessi che continuiamo a seguire e ad appassionarci a tutto ciò e così facendo rendiamo popolari personaggi che non avrebbero titolo per esserlo.

Un documentario può risvegliarci da tutto ciò? No di certo, anche se è giusto che questa situazione venga descritta. Chi è causa del suo mal pianga se stesso, e forse questo genere di televisione ce lo meritiamo, visto che sostanzialmente non facciamo un granchè per modificarla.

PS: lasciarla ogni tanto spenta sarebbe un ottimo inizio


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