V come Vendetta: i lupi solitari di Francia

par Fabio Della Pergola
martedì 23 dicembre 2014

Tre “lupi solitari” in Francia, nel giro di pochi giorni sono qualcosa di più serio di una coincidenza.

L’ultimo attentatore, un uomo alla guida di un furgoncino che ha falciato undici persone a Nantes, secondo alcuni testimoni avrebbe lanciato il classico grido di guerra del fondamentalismo islamico, “Allah u’ Akbar”, mentre guidava imitando gli attentatori di Gerusalemme.

“In nome dei bambini della Palestina”: è invece la giustificazione che l’uomo alla guida dell’auto lanciata sui passanti a Digione, ha fornito alla polizia dopo l’arresto, secondo le prime notizie di stampa. Anche se le autorità e i giornali francesi hanno parlato di uno “squilibrato” sarebbe stato udito lo stesso incitamento islamico, ormai un urlo di rabbia e vendetta, mentre altre undici persone venivano falciate dall’auto volontariamente lanciata sulla gente.

Sono atti di violenza, che potrebbero essere di terrorismo, avvenuti nel paese transalpino nel giro di pochi giorni dopo il primo, un colpo messo a segno da un giovane convertito all’Islam che ha lasciato sul terreno tre poliziotti feriti e il cadavere dello stesso attentatore, colpito a morte dagli agenti.

Può darsi che i proclami sanguinari del Califfato, che rimbalzano ovunque via internet, facciano breccia nelle menti più fragili, ma il pericolo che trovino accoglienza in ambiti meno “folli” e più politici, strutturandosi così in azioni più coordinate e spietate non sembra essere solo prodotto da una sorta di isteria collettiva; ne abbiamo già avuto prova nell’attacco letale alla scuola ebraica di Tolosa e al museo ebraico di Bruxelles, anche senza andare con la memoria indietro negli anni fino ai sanguinosi attentati alla stazione di Madrid, alla metro di Londra o addiruttura alle Torre Gemelle.

La giustificazione data dall’attentatore di Digione, la vendetta, è la stessa con cui un ragazzo di colore ha ucciso due poliziotti newyorkesi a caso, o quella con cui i talebani pakistani hanno giustificato qualche giorno fa la loro strage nella scuola militare di Peshawar o,ancora, quella degli attentatori ceceni nella scuola di Breslan dove 330 persone, fra cui 186 bambini, furono massacrati dieci anni fa.

E la memoria va a ripescare, indietro negli anni, tutte le faide che hanno insanguinato l’umanità, oltre ovviamente al conflitto tra israeliani e palestinesi: da quella che contrapponeva cattolici e protestanti nell’Irlanda del Nord a quella fra serbi, croati e bosniaci dopo lo smembramento della vecchia Jugoslavia comunista, fino ai tanti conflitti interetnici come quello fra greci e turchi - l’ultimo “muro” rimasto in Europa è quello di Cipro - o fra turchi e curdi e così via.

La vendetta più sanguinosa e spaventosa fu però immaginata da un gruppo di circa 60 ebrei scampati allo sterminio nazista, consapevoli, almeno a grandi linee, delle dimensioni di quello che il popolo ebraico aveva subìto. Così pianificarono una rivalsa di uguali dimensioni. O almeno dello stesso ordine di grandezza di centinaia di migliaia di vittime.

Il gruppo, denominato Nakam, appunto “vendetta”, fu fondato in Palestina da Abba Kovner (in piedi al centro nella foto) nel 1945 ed era composto, oltre che da lui ed altri militanti di un commando partigiano ebraico che aveva combattuto in Lituania sotto direttive sovietiche, anche da altri elementi provenienti dalla Brigata ebraica dell’esercito inglese.

Iniziarono così a raccogliere e immagazzinare un potente veleno ottenuto da due esperti di chimica, i fratelli Katzir (uno fu poi ucciso dai palestinesi in un attentato nel '72 mentre l’altro diventò il quarto Presidente di Israele). La sostanza letale, secondo il progetto, avrebbe dovuto essere immessa negli acquedotti di grandi città tedesche come Monaco, Berlino, Weimar, Norimberga o Amburgo, con l’intento di sterminarne la popolazione.

Sbarcato in Francia con un documento falso fornitogli dall'organizzazione sionista, Abba Kovner fu arrestato e imprigionato, mentre i suoi complici gettarono in mare gran parte del veleno. La voce corrente è che i “vendicatori” furono in realtà traditi proprio dai sionisti, preoccupati dalle possibili conseguenze politiche di un gesto così eclatante.

Scattò così il piano B, previsto dai complottisti, che prevedeva di spalmare di veleno il pane distribuito ai prigionieri tedeschi del campo di prigionia di Langwasser. L’operazione fu condotta dal vice di Kovner, Yitzhak Avidav, e causò la morte di alcune centinaia di soldati internati. Ma “questo è niente, rispetto a quello che volevamo fare” disse uno dei membri del commando.

La vendetta, come la volevano fare, avrebbe potuto provocare il disastro finale per i tedeschi, qualcosa di equiparabile alle atomiche di Hiroshima e Nagasaki, contro una popolazione già travolta dalla catastrofe che lei stessa, inneggiando a Hitler, aveva contribuito a determinare; ma un attentato così avrebbe potuto anche provocare danni irreparabili alla causa ebraica.

Perché quando la vendetta non colpisce i colpevoli del torto subìto, ma chiunque, anche gli innocenti, si chiama rappresaglia. Ed è un'altra cosa..


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