Uomini e no, di Elio Vittorini
par Enrico Campofreda
venerdì 24 aprile 2015
Aldo dice: ventisei per uno, la Resistenza in cinque libri (5)
Una rilettura del romanzo resistenziale dove i ragazzi di Salò facevano la guardia ai patrioti fucilati
Cosa fu l’Italia dall’8 settembre 1943 al 25 aprile del 1945? Cosa diventarono le città e anche i borghi ridotti a lager fra coprifuoco, fame, vessazioni, delazioni e carcere, sevizie, mattanze di civili inermi? Quei venti mesi d’occupazione hanno un responsabile ideologico, politico, militare: il nazifascismo. E hanno nomi propri, a cominciare dai tanti criminali che non pagarono per le atrocità commesse. Commesse da molti. Da chi comandava e ordinava. Dalla manovalanza della morte, le Schutz Staffeln coadiuvati da quei ‘ragazzi di Salò’ che il revisionismo storico in questi anni cerca di giustificare. Nelle scorse legislature c’è chi ha proposto di assegnare una pensione ai reduci di quel triste servaggio.
Pensione per cosa? Per essere stati antropofagi, direbbe il giovane pur affamato che guardava “lo sbarbatello con la testa di morto sul berretto” consumare il pasto accanto ai corpi inermi degli assassinati di Largo Augusto (‘Uomini e no’ LXXI). Lo racconta Elio Vittorini in quel manifesto morale alla coscienza di essere uomini che è il suo celebre libro. Una storia che non lascia scampo ai ragazzi di Salò, non offre attenuanti perché non ne avevano. Perché, come i loro padroni nazisti, rifiutavano di essere uomini. Sceglievano di fare i cannibali per tremila lire al mese. Per mangiare carne e formaggio e frutta e burro e marmellata e pane bianco, tre volte al giorno mentre si moriva di fame. Tutti avevano fame eppure c’era chi si rifiutava d’essere un cannibale; il coetaneo dello sbarbatello piuttosto non si nutriva ma mai avrebbe vestito la divisa del disonore per mangiare sui cadaveri dei fratelli. Basta rivederle le facce di quelli che lo stesso graduato chiamava idioti in tante foto che i filo nostalgici rimettono in circolazione per giustificare la verde età dei saloini. Costoro erano incapaci d’intendere e di volere? E’ probabile per qualche giovanissimo caduto nella propaganda del reclutamento fanatico e forzato d’un Mussolini in quei mesi più che mai fantoccio nelle mani del Führer.
A guerra finita non tutti pagarono. Sadici torturatori come Giuseppe Bernasconi, Renzo De Santis vissero impuniti. Altri aguzzini i dalmati Duca Masè, Giorgio Mattesich, Niccolò Novack fecero perdere le proprie tracce e potrebbero essere ancora vivi. Come i fiorentini Romeo Nucci, Carlo De Santis, Nestore Santini, e Vasco Nebbiai di San Giovanni Valdarno che hanno trascorso i loro giorni nei luoghi natii. Di queste terribili vicende ne sono pieni gli attuali libri di storia. Ma la memoria in un futuro prossimo potrebbe sparire, perché avanza quel revisionismo che cela, muta, stravolge i fatti accaduti. Tanto da presentare alle nuove generazioni la scelta partigiana e quella fascista di Salò come casuali, immotivate, indifferenti come l’adesione del tifoso a una squadra calcistica. Il Ministro dell’Istruzione Moratti propone di ritoccare i programmi di Storia contemporanea così da far dimenticare Resistenza e Liberazione dal nazifascismo. Eppure nel testo di Vittorini c’è di più. C’è la spiegazione del senso etico che animava chi stava dalla parte della libertà e della democrazia, Il partigiano che metteva a repentaglio la sua esistenza lo faceva per l’altrui e la propria felicità. Perché nessuna cospirazione o rivoluzione può avere senso se gli uomini non possono essere felici (VII). Poi negli ultimi tragici passi si delinea la sorte del comandante gappista Enne 2, preso dallo sconforto e dal cupio dissolvi, svuotato com’è da una lotta feroce che gli ha fatto perdere tanti compagni. Scoperto decide di attendere nel suo appartamento l’arrivo dei fascisti. Pur nel dubbio, nella tristezza lui coniuga il destino segnato con l’unica strada praticabile: combattere (CXXVIII). Venderà cara la pelle come il patriota Di Nanni. In quelle condizioni si poteva solo combattere, e pur nella giusta rivendicazione d’una vita privata, di una gioia intima, non si poteva prescindere dalla riconquista collettiva della libertà, dello stato di diritto, della dignità umana.
Brani e ricostruzioni storiche tratte da:
Elio Vittorini, Uomini e no, Mondadori, Milano, 1972
Massimiliano Griner, La banda Koch, Bollati Boringhieri, Torino, 2000
Enrico Campofreda, marzo 2004
articolo pubblicato su http://enricocampofreda.blogspot.it