Uno spettro si aggira per l’Europa: il populismo.

par clemente sparaco
giovedì 23 agosto 2018

La Presidenza Trump, la Brexit, la Russia di Putin, il gruppo dei Paesi di Visegrad, l’Austria e, infine, l’Italia del governo Lega-5Stelle, disegnano il quadro di un’onda inarrestabile che spazza via vecchi equilibri e sotterra convinzioni ritenute incontrariabili.

Che cosa sta succedendo? Perché i poteri tecnocratici con i loro apparati burocratici e finanziari sono messi in discussione? Come mai la potenza di fuoco dei media strettamente osservanti può meno dei tweet del Presidente USA o dei selfies di Salvini? 

Resoconto di una guerra persa

Il grande Impero è sotto assedio.

A Occidente siede il capo del populismo più kitsch, quello dal ciuffo biondo risvoltato. A Oriente, nella fortezza del Kremlino, più che mai inossidabile, si staglia il potere di Putin, la cui influenza arriva fino in Occidente ramificandosi in rete tramite l’azione imponderabile degli hacker, più infidi e pervasivi delle spie sovietiche ai tempi della cortina di ferro.

Dopo aver messo piede nella stanza dei bottoni dei Palazzi del potere, ora i populisti incalzano con la loro propaganda, con le loro fake news. Le basi finanziarie neocapitaliste, i fortilizi bancari, i mercati globalizzati, in cui fino a ieri si decideva insindacabilmente, sono attaccati. Ponti crollano e dighe culturali danno segni di cedimento. Tutto sembra rimesso in discussione, persino concessioni affidate senza gara e con poca trasparenza coperte dal segreto di Stato.

Il partito che cerca di contrastarli, quello degli epigoni dell’illuminismo, prima ancora che del marxismo e del nichilismo, sembra avere le armi spuntate. Ai vibranti vaffa dei populisti, ai loro proclami incitanti ed emotivanti, possono opporre solo ossequienti professioni di fede nei “mercati”, nei “parametri di Maastricht”, nei sacrifici dovuti alla UE o negli obblighi morali dell’accoglienza. Essi restano più che mai convinti (come scrisse Luca Ricolfi) di “rappresentare la parte migliore”, ritenendosi “titolari di una superiorità etica, culturale e politica”, ma i sondaggi sono impietosi verso di loro. Gli indici di gradimento sprofondano negli abissi dell’inconsistenza elettorale. Giù, sempre più giù, al di sotto della soglia del 20%, poco sopra il 15% o forse meno.

Si trovano a svendere idee e principi, ma i populisti vanno diritto alla pancia degli elettori e promettono lo stop all’immigrazione, l’abbassamento delle tasse, il reddito di cittadinanza, la difesa degli interessi nazionali contro l’Europa di Merkel e Macron. Sono ormai al governo, ma parlano come se fossero all’opposizione. Macinano consenso, raccolgono applausi, vanno fra la gente.

Loro, gli ormai inascoltati soloni dell’ideologia, post-comunisti e libertari, controllano ancora la televisione e i giornali, l’Università, la scuola, intere correnti della Magistratura. Custodi gelosi del politically correct, continuano a lanciare strali e anatemi, ma hanno finanche nelle espressioni il segno dello sconforto e del disappunto. Non ci capiscono più niente. Ma la storia non avrebbe dovuto sospingerli verso la vittoria finale, con il trionfo del neocapitalismo tecnocratico, con la fine delle nazioni e delle religioni? Che cosa succede? Chi sono questi pifferai che attirano i popoli nella voragine della storia, là dove il fascismo perenne, radice storica di tutti i mali, si annida e ormai rialza il capo? 

La pancia si insubordina alla ragione. Si mette a guidare il corso della storia. I costumi, l’ordine, la tradizione, i simboli religiosi, ritornano. Vengono sbandierati e sventolati. Avrebbero dovuto essere sotterrati da tempo e invece: rieccoli là!

I popoli impunemente rivogliono la sovranità. Si vantano di identità che si credevano perdute nelle vie secondarie della Storia. Mostrano la volontà caparbia di non farsi sradicare ed espropriare della memoria. Pretendono di decidere da sé e sbeffeggiano i boriosi ammaestratori da salotto che li richiamano a doveri, parametri e indici economici. 


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