Unioni civili, oltre l’orgoglio e il pregiudizio

par UAAR - A ragion veduta
venerdì 27 febbraio 2015

Il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili ha concluso la fase di dibattito generale in Commissione Giustizia al Senato durante la fine dello scorso anno e sta adesso attraversando una fase, voluta dall’ufficio di presidenza, che prevede una serie di audizioni informali in cui si avvicendano esperti, giuristi e rappresentanti delle associazioni. La sessione più recente si è svolta giovedì 19 febbraio e ad essa erano state invitate numerose associazioni cattoliche tra cui la costola italiana di Manif Pour Tous, le associazioni di genitori cattolici come Moige e Agesc, numerosi comitati per la difesa a oltranza della famiglia tradizionale come Sì alla Famiglia, Articolo 26 e Di mamma ce n’è una sola. Questa sessione ha anche registrato il punto più basso nel livello del dibattito.

Non che il pubblico italiano non fosse abituato a leggere e sentire argomentazioni che superano abbondantemente il limite del ridicolo, il senso della decenza sembra a volte essere merce rara da queste parti, ma in genere si tratta di risposte date su due piedi, magari sotto l’incalzare dell’intervistatore. Pochi si aspetterebbero che possano essere tirate fuori in una sede istituzionale dove si va per invito e si ha quindi tutto il tempo per prepararsi in modo adeguato, finendo per far indignare due senatori al punto da alzarsi e andarsene. Questo è esattamente ciò che è successo giovedì scorso, a girare i tacchi sono stati i senatori Sergio Lo Giudice e la stessa relatrice della proposta Monica Cirinnà, entrambi del Pd, mentre il senatore di Forza Italia Lucio Malan, di confessione valdese, diffondeva attraverso Twitter i momenti salienti tra cui appunto la dichiarazione di Dina Nerozzi, psichiatra rappresentante del Comitato Articolo 26, che ha indotto Lo Giudice e Cirinnà ad abbandonare l’aula: «Va chiarito che cosa vuol dire “vincolo affettivo”. Io ho affetto per il mio cane ma che significa?».

Se si pensa che quella sia stata l’unica frase infelice della giornata, ammesso che l’aggettivo “infelice” possa essere idoneo a definirla, si sottovalutano le potenzialità di chi fa passare qualunque suo pensiero attraverso un filtro ideologico. Federica Bonomi del Comitato di mamma ce n’è una sola ha paventato il rischio che attraverso questa legge possano essere consentite unioni multiple e addirittura unioni tra specie diverse, probabilmente ispirandosi al cane per cui Nerozzi diceva di nutrire tanto affetto, mentre lo psicologo Mario Binasco, rappresentante della sezione italiana della Ecole Européenne de Psychanalyse, ha sostanzialmente bollato l’idea di istituire forme di unione diverse dal matrimonio come terrorismo fondamentalista: «Qualcuno pretende di negare la realtà e piegarla a una regola astratta, con la stessa logica dei campi di concentramento, ma questo non è possibile. Il riconoscimento della forma matrimoniale con altro nome, previsto dal ddl Cirinnà, tende a distruggere il riconoscimento e l’appoggio sociale ai legami umani, quelli che prendono in conto le differenze e il futuro, come sono i legami familiari originari. Prevalgono istinti di morte. l’Isis non è poi molto diverso». E pensare che queste perle di saggezza vengono distribuite in un momento che per molti è caratterizzato da un papato aperto e liberale.

Di tenore più serio, ma pur sempre contestabili, le obiezioni che nelle precedenti audizioni erano state mosse da altri esponenti di area tradizionalista. A metà del mese di gennaio sono state ascoltate le associazioni Scienza & Vita e Giuristi per la Vita, rappresentate rispettivamente da Massimo Gandolfini e Gianfranco Amato. Quest’ultimo, attualmente impegnato in un tour tra le parrocchie italiane contro l’ideologia gender, ha iniziato sostenendo che il verbo “riconoscere” utilizzato nella formulazione dell’articolo 29 della Costituzione sottintenderebbe la presa d’atto di una situazione preesistente e dunque naturale e inalterabile. A quanto ci consta parlava seriamente quindi secondo Amato riconoscere, ad esempio, un indennizzo significa prendere atto che quell’indennizzo è naturale e inalterabile. La cosa buffa è che Amato è riuscito a contraddirsi subito dopo affermando, con dotta citazione del quotidiano di AdinolfiLa Croce, che “la famiglia entra a far parte dei documenti giuridici nazionali ed internazionali soltanto dopo (…) la seconda guerra mondiale”. Alla faccia della situazione consolidata.

Gandolfini ha invece spiegato che secondo diversi studi psicologici i bambini che crescono in famiglie con genitori omosessuali vivono situazioni di disagio. Il giorno dopo il docente di psicologia Fabio Lucidi ha invece detto esattamente il contrario di quanto detto da Gandolfini, cioè che gli psicologi escludono unanimemente che i bambini delle famiglie arcobaleno possano ricevere alcun danno dalla loro particolare situazione. È chiaro che le due dichiarazioni non possono essere entrambe vere e infatti il senatore Malan ne ha chiesto conto a Lucidi il quale ha riformulato la sua dicendo che non c’è effettiva unanimità ma piuttosto una marcata prevalenza degli studi a cui si riferiva lui. Del resto sarebbe strano che tutti gli psicologi concordassero su questo punto, in ambiti scientifici l’unanimità è cosa piuttosto rara.

Malan ha anche raccontato la sua replica a un magistrato che aveva affermato che “la legge non può discriminare sul sesso ma la società non è pronta”, e per questo motivo ha firmato l’ordinanza di affidamento di un minore a una coppia di donne. Difficile per chiunque capire a cosa in particolare si riferisse il magistrato data la sinteticità della citazione, fatto sta che Malan gli ha chiesto se secondo lui in democrazia spetti alla società decidere le leggi o alla magistratura decidere come dev’essere la società, ottenendo come risposta che bisogna garantire diritti a tutti. Insoddisfatto dalla risposta Malan ha puntualizzato che non si può stabilire che tutti hanno tutti i diritti, perché ad esempio lui non ha diritto alla pensione di vecchiaia, ma a questo punto è l’esempio di Malan a non convincere per nulla.

Ha detto bene il magistrato: bisogna garantire a tutti gli stessi diritti, ma non nel senso che chiunque ha già maturato qui e ora il riconoscimento di qualunque possibile diritto. Una persona ha diritto al lavoro, ma non prima dei sedici anni. Fino ad allora il suo diritto è potenziale, com’è potenziale il diritto di Malan di ricevere una pensione di vecchiaia. È invece formulata in modo errato la domanda di Malan sulla democrazia perché una vera democrazia è caratterizzata dal corretto equilibrio tra i suoi poteri, non dall’assunto che la società può fare qualunque cosa a maggioranza, e dunque anche privare di diritti fondamentali persone che ne fanno parte. Decidere le leggi è certamente prerogativa della società che la esercita attraverso i suoi rappresentanti, ma tali leggi devono sempre essere conformi ai principi stabiliti dalla Costituzione. Oltre che al buon senso, ma quello non è purtroppo ancora stato codificato. E infatti è proprio in base all’interpretazione del dettato costituzionale, e dei diritti da esso sanciti, che la Consulta ha ribadito a più riprese che occorre regolamentare le unioni diverse da quella matrimoniale. Chissà se alla fine questo semplice concetto verrà finalmente compreso da tutti.

Massimo Maiurana


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