Una storia di straordinaria follia universitaria

par Damiano Mazzotti
mercoledì 7 maggio 2014

Susan George è una linguista inglese che ha raccontato in un libro la sua lotta contro i vecchi mulini a vento della burocrazia accademica italiana.

La nave dei Folli”, pubblicato dalla Pisa University Press, distilla una ricca esperienza universitaria che purtroppo è terminata troppo presto, anche se ha rappresentato una bella rotta nel grande mare della formazione più innovativa. Infatti Susan George è stata presidente del corso di laurea in “Comunicazione Pubblica, Sociale e d’Impresa” dell’Università di Pisa, dal 2002 al 2010.

Il corso interfacoltà comprendeva un gruppo di professori molto curiosi di ben quattro facoltà e di un dipartimento: Lettere e Filosofia, Economia, Scienze Politiche, Lingue e Letteratura Straniere e il dipartimento di Informatica. Purtroppo è arrivata la crisi economica e politica italiana e il meraviglioso laboratorio umano è stato umiliato e smantellato: “il Senato accademico ha seguito la logica di Tremonti con un taglio orizzontale politicamente facile: i corsi interfacoltà non facevano parte di lobby già strutturate e venivano visti come “disordinati”, rispetto agli organigrammi di potere”, anche se erano molto utili nel far ottenere un buon lavoro agli studenti che terminavano il loro percorso di studi.

I presidi hanno protetto i loro feudi e il Senato accademico ha lasciato fare, con un risultato snaturato: il corso di laurea interdisciplinare è diventato “un corso di laurea di una sola facoltà (Lettere e Filosofia) mentre la laurea specialistica [in Sistemi e Progetti di Comunicazione] è andata alla facoltà di Scienze Politiche con la conseguenza che fra i due non esiste più nessun rapporto”.

Il corso iniziale seguiva tre culture pedagogiche: quella accademica deduttiva di stampo italiano, quella teatrale basata sull’interattività e quella pragmatica di orientamento anglosassone che valorizza i casi reali, le simulazioni, i tirocini. In questo modo si sono formati dei professionisti molto abili a livello informatico, linguistico e umano: “i lavori di gruppo abituano le persone a riconoscere le abilità altrui” e insegnano “la necessità di prendersi delle responsabilità individuali”.

Comunque Susan George è stata molto diretta: “E' inutile proporre modelli democratici avanzati se le persone che devono gestirli sono rimaste con abitudini vecchie”. In effetti sarebbe come regalare uno smartphone a una graziosa nonnetta novantenne.

I baroni universitari, più vecchi dentro che fuori, non riescono a prendere in esame la nuova realtà sociale: “il sapere si espande in uno spazio omogeneo, decentrato, libero. L’aula di una volta è archiviata, anche se si vedono soltanto aule fatte così, anche se non se ne sanno costruire di diverse, anche se la società dello spettacolo cerca di imporle” (Michel Serres, “Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere”, 2012, p. 36). E naturalmente sono i poteri commerciali e finanziari che tengono al guinzaglio la società dello spettacolo conformista.

Infine concludo aggiungendo che il libro raccoglie anche le brevi testimonianze di molti docenti e di molti studenti, e la cosa più triste è vedere ancora una volta una bella nave strapiena di persone felici schiantarsi contro il solito scoglio sommerso della burocrazia gerontocratica italiana. L’estremismo cognitivo dell’ignoranza inquina i luoghi più impensabili.

 

Per approfondimenti universitari: http://comunicazione.humnet.unipi.it.

Per stabilire dei contatti personali con Susan George si può utilizzare il profilo LinkedIn.

Nota - Susan George vive in Italia e ci propone una costituente della formazione (delle scuole e delle università), formata da studenti, docenti, comunicatori, imprenditori, scrittori, manager e soprattutto da esperti stranieri.


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