Una società è forte quando riconosce la ragione del debole
par francesco pulpito
venerdì 16 settembre 2016
Qualunque società, tribù, branco o stormo che sia, persino la simbiosi di tipo vegetale, si basa sulle regole. Uno scambio di più o meno “raffinati” accordi che concorrono ad un fine comune: la vita e la sopravvivenza.
Le regole implicano delle norme e le norme definiscono diritti e doveri degli individui all’interno di un gruppo e a tale scopo esistono le leggi che servono per regolamentarli. Leggi umane o leggi naturali però, sono modellate in base al tempo e alle necessità e, sotto certi aspetti, in base alla cultura.
L’omicidio, per esempio, non sempre è considerato un delitto, basti pensare all’America, dove in alcuni Stati è un’estensione della legge, o ad alcune culture tribali dove viene considerato funzionale alla sopravvivenza della comunità (il sacrificio umano per invogliarsi la benevolenza di una divinità). Persino il cristianesimo, ora fortemente contrario all’aborto, anche quando per scopi terapeutici, non ha esitato a mettere al rogo gli eretici e i nemici della chiesa. Ma c’è una cosa che non può essere regolamentata dalle leggi: la “ragione” non già intesa come “ratio”, ma come concetto astratto illuminista o, meglio ancora, come ci spiega la Treccani: “Il fondamento oggettivo e intelligibile di qualche cosa, ciò per cui una cosa è o per cui una cosa si fa; e quindi causa, motivo legittimo, che spiega o giustifica un fatto” Contro la ragione di esistere non c’è legge che valga, è insita in ogni essere vivente, non è negoziabile, ma spesso, per motivi quasi sempre politici o religiosi, viene equiparata ai diritti ed è su questo debole confine che nascono i peggiori malintesi.
Se guardiamo in campo internazionale vediamo che ogni Stato ha il diritto di difendere i suoi confini, ma al tempo stesso (art. 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ) “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”Allora come risolvere il problema che ora si pone coi migranti? Diritto o “ragione”? Probabilmente entrambi, visto che la questione coinvolge Stati e religioni diversi tra di loro, ma “cum grano salis”: Diritto Internazionale e Diritti Umani possono entrare in collisione tra di loro. Da una parte l’immensa quantità di persone che si stanno spostando sul Pianeta (non solo nell’area mediterranea) in fuga da guerre, fame ed epidemie, con il conseguente rischio di infiltrazioni terroristiche e diffusione di contagi, dall’altra un’impellente necessità di sopravvivere, costi quel che costi. Politica e diplomazie dovrebbero gestire questi eventi in maniera equilibrata, ma si sa, non è così: la politica è la gestione del potere e la diplomazia è la mediazione dello stesso quindi, pensare che sia il sentimento di pietas a guidare la questione immigrazione è pura utopia.
Ma questo, come abbiamo detto, non ferma la “ragione”, nemmeno del più debole e non le fermerà mai in quanto espressione naturale dell’esistere. Accettarla sarebbe un grande gesto di forza