Un sì al nucleare da un iscritto al PD

par Aldo Nencioli
venerdì 1 aprile 2011

Un'altra voce per il sì da un iscritto al Partito Democratico in dissenso con la linea ufficiale del Partito.

Il nostro è davvero uno strano Paese o forse un buffo Paese o, meglio ancora, un tragico Paese!

La sera del 17 marzo 2011, mentre nel Paese si celebrava il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, nella trasmissione televisiva “Anno zero” si sono esibiti, con la regia di Michele Santoro, due “esperti” di calibro su questioni legate alla produzione ed all’utilizzo dell’energia nucleare: il comico-politico Beppe Grillo ed il cantante Adriano Celentano (qualificato anche come “artista”; da piccolo mi fu insegnato che “artisti” erano soggetti come Leonardo da Vinci o Giotto o Dante, mentre oggi per fregiarsi del titolo basta scrivere e/o interpretare canzonette: in tal caso si può addirittura essere ammessi all’ “Isola dei famosi”!). Ci è stato spiegato con dovizia di particolari tecnico-scientifici e di immagini, nonché di insulti per chi osasse pensarla diversamente, come siamo sull’orlo della fine del mondo per colpa delle centrali nucleari in esercizio ed anche di quelle in progetto.
 
Non c’è dubbio che, sull’onda del disastro in atto in Giappone, stiamo vivendo uno psicodramma di dimensioni mondiali. Ma mentre lo psicodramma che sta vivendo il mondo è una cosa seria, la farsa che si recita in Italia appartiene alla storia del teatro tragicomico.
 
Nel mondo sono oggi presenti le emozioni e, assieme ad esse, le volontà di esaminare criticamente le condizioni attuali del sistema delle centrali nucleari tenendo conto di quanto sta avvenendo nel Paese del Sol levante. Motivate e comprensibili emozioni in tutte le popolazioni, compresa l’emozione più forte: la paura, il terrore di essere colpiti da spaventose malattie, più ancora che quello di essere travolti dalle forze distruggitrici di una natura che ci presenta il suo volto di malvagia “matrigna” invece di quello di madre amorevole. Ma alle emozioni si accompagna l’impegno della ragione a comprendere le cause degli eventi e a studiare i rimedi con i quali la scienza e la tecnologia possono consentire di operare sulla via di un progresso sostenibile: a questo impegno sembrano dedicarsi la comunità scientifica internazionale, le classi politiche dirigenti e i Governi cui spettano le decisioni ultime, responsabilmente assunte nella massima possibile armonia con un’opinione pubblica seriamente informata e consapevole, come si addice a regimi democratici, nei diversi modi in cui la democrazia viene declinata nelle realtà statuali presenti sul pianeta.
 
Da noi, in Italia, ben poco di tutto questo! Da un lato, come ovunque nel mondo, la gente è comprensibilmente commossa dalle notizie della sciagura, dalle immagini delle distruzioni prodotte da un terremoto e da uno tsunami di inaudita violenza e delle vittime di tale vento, e parimenti impaurita per l’incidente e le sue conseguenze non ancora valutabili, occorso ad una grande centrale nucleare i cui reattori sono andati fuori controllo. Dall’altro lato un mondo politico in completa “paranoia”. A sinistra gli oppositori del Governo, già ostili al nucleare, si sono ulteriormente scatenati contro ogni ipotesi di ritorno al nucleare in Italia, sfruttando la crisi giapponese a scopi propagandistici, oltretutto in prossimità di un referendum proprio sul nucleare: e chi, nella loro posizione non avrebbe fatto altrettanto? Solo politici troppo seri per essere presenti tra i nostri provinciali sedicenti “riformisti”. La maggioranza governativa, con qualche appendice, titolare della volontà di riprendere la produzione di energia nucleare da parte dell’Italia, dopo aver sostenuto inizialmente di voler continuare sulla strada intrapresa, pare oggi avviarsi sul cammino di quello che un commentatore ha sarcasticamente definito “scilipotismo termonucleare”: cioè per mero opportunismo comincia a proporre una “fase di riflessione”, quando, naturalmente “fuorionda”, più esplicitamente il Ministro dell’ambiente non invita un collega a riflettere: “E’ finita, non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare, non facciamo cazzate! Bisogna uscirne, ma in maniera soft. Ora non dobbiamo fare nulla, si decide tra un mese”. La comunità scientifica nazionale resta come al solito divisa sui due fronti degli antinuclearisti a oltranza e dei nuclearisti, questi ultimi con toni più flebili e incerti. Uno dei pochi a salvarsi, a mio parere, è Umberto Veronesi, che invoca una moratoria per partecipare ad una discussione dei piani energetici a livello internazionale, senza con ciò rinunciare alla propria scelta a favore dell’energia nucleare. 
 
Ma è giusto che io dica ora, anche se brevemente, la mia sull’argomento. Dichiaro subito che sono stato e continuo ad essere favorevole alla produzione di energia mediante le centrali nucleari. Sono favorevole in quanto mi ritengo progressista, riformista, ambientalista. Che cosa significa per me essere progressisti oggi? Essere progressisti significa collocarsi nel solco della storia culturale e civile dell’Occidente, quale si è venuta configurando almeno dall’età del Rinascimento prima e dell’Illuminismo poi. Occorre intendersi bene: il mio essere progressista non implica che io abbia “fede” nel progresso. Ritengo concluso da molto il tempo in cui si poteva teleologicamente credere che l’universo, la natura, l’uomo fossero interpretabili secondo una lettura di tipo finalistico e perciò si evolvessero, “progredissero” quindi, seguendo una linea di sviluppo orientata verso uno scopo positivo. L’avventura del reale nel tempo si svolge, a parere mio e non solo mio, obbedendo alle leggi del caso e della necessità, con una particolarità che riguarda la vicenda umana sulla nostra terra: gli umani si sono evoluti nel corso dei millenni dando vita ad una capacità di elaborazione “culturale” che è entrata a far parte della loro stessa natura: hanno così via via prodotto un loro modo di essere che comprende tutte quelle peculiarità che caratterizzano la nostra specie, le abilità, i saperi, i valori, tutto ciò, insomma, che rende, per così dire, umano l’uomo. E’ possibile oggi agli uomini avvalersi delle loro capacità razionali, adottare comportamenti coerenti con valori quali la libertà e la responsabilità, fare scienza, elaborare tecnologia, valutare ed orientare le proprie scelte tenendo conto di criteri di carattere morale, prendersi o non prendersi cura di sé, dei propri simili e dell’ambiente in cui è toccato loro in sorte di vivere. Secondo il mio modo di vedere le cose, dunque, essere “progressista” vuol dire semplicemente permettersi di sperare, per quanto flebilmente, che gli uomini possano utilizzare le proprie capacità a favore del miglioramento della loro vita: “sperare flebilmente”, senza certezze, dubitando sempre, ma anche confidando, tuttavia, che, come è già accaduto, possa ancora accadere che gli uomini riescano ad operare positivamente per il bene loro e del pianeta.
 
Essere progressista e riformista vuol dire, per me, ritenere che il modo preferibile per progredire in campo politico, economico, sociale è quello di attuare in tali ambiti delle riforme graduali, avvalendosi dei mezzi che il nostro sistema democratico consente e che il nostro livello di conoscenze in tutti i campi mette a disposizione.
 
Essere anche ambientalista significa operare per il progresso con il metodo delle riforme, nel rispetto dell’ambiente naturale e con riguardo alla sua salvaguardia per noi e per le generazioni future.
 
La scelta a favore del nucleare a me sembra necessaria per rispondere al crescente bisogno di energia elettrica in tutto il pianeta, in armonia con le mie convinzioni di progressista, riformista e ambientalista, in quanto in quanto ritengo più persuasive le ragioni in tal senso addotte dagli scienziati e dagli economisti, quelli, ovviamente, che sostengono la validità di tale scelta.
 
La situazione attuale è la seguente nel mondo: reattori in attività, circa 450; in costruzione o ristrutturazione, circa 50; pianificati, con inizio attività previsto in 8-10 anni, circa 150; progettati, con inizio attività previsto entro 15 anni, circa 300. Se questi sono i dati, è immaginabile che, in tanti Stati su tutta la terra, siano tutti impazziti - politici, cittadini, scienziati – , così da creare una situazione che, a detta degli antinuclearisti, potrebbe portare a disastri apocalittici per la salute e la vita dell’intera umanità? A me sembra francamente un’ipotesi del tutto irreale.
 
A fronte, poi, dei peraltro pochissimi incidenti sino ad oggi verificatisi nelle centrali in esercizio, dovuti a colpe e negligenze umane, concomitanti, come nel caso del Giappone, con eventi sismici eccezionali, la posizione più razionale mi sembra quella, prevalente quasi ovunque, di avviare un processo di studio ulteriore e di interventi conseguenti, mirato a garantire condizioni di massima sicurezza in tutte le fasi della vita degli impianti, dalla loro prima ideazione alla loro morte, fino allo smaltimento delle scorie. Sono convinto o mi sembra lecito sperare che la ricerca scientifica e tecnologica siano in grado di avanzare positivamente in tale direzione. Se dei dubbi si possono nutrire, essi riguardano maggiormente le capacità dei Governi di tenere sotto controllo la corruttela speculativa che opera in questo settore, come, purtroppo, in tutti i campi dell’attività umana: per questo è fondamentale promuovere in tutto il mondo la crescita degli strumenti democratici di controllo su tutti gli ambiti della vita umana, così che siano i cittadini stessi, adeguatamente informati e consapevoli, a rendersi responsabili in massimo grado del governo degli aspetti più delicati della loro esistenza.
 
So bene quanto poco nobili siano gli interessi di tanti tra coloro che sostengono il nucleare, ma so altrettanto bene quanto siano potenti anche le lobby dei favorevoli alle energie rinnovabili. Non può, dunque, essere questo un terreno di utile confronto tra filo- e anti-nucleari.
 
Mi sembra più interessante la valutazione sulla pericolosità per la salute umana dei diversi modi di produzione energetica: da quel che mi è dato conoscere i danni recati all’uomo dalle centrali a carburanti fossili (petrolio, metano, carbone) e persino da quelle idroelettriche sono stati fino ad oggi assai superiori a quelli provocati da incidenti alle centrali nucleari, specialmente per quanto riguarda i danni indiretti alla salute, come quelli, ad esempio, derivanti dall’inquinamento dell’aria, assai difficilmente quantificabili, ma certamente più rilevanti di quanto comunemente si immagina.
 
Anche per quanto riguarda il giudizio sulla maggiore convenienza economica dell’uno o dell’altro sistema, gli argomenti degli economisti favorevoli al nucleare mi risultano più convincenti di quelli avversi: ma mi rendo conto che, per avere una certezza certa, dovrei essere in grado di fare io stesso i conti con la mia calcolatrice, cosa che non saprei davvero fare, come, penso, la gran parte dei miei simili.
 
Lo stesso ragionamento credo che valga per la stima dei tempi necessari per la messa in funzione dei diversi sistemi di produzione di energia in rapporto con la richiesta di energia da parte del sistema economico mondiale ed anche più semplicemente italiano.
 
Quel che a me sembra certo è che la prospettiva preferibile sarebbe quella di ridurre al massimo i consumi energetici da un lato e, dall’altro, di investire al massimo sulla ricerca nel campo della produzione di energia rinnovabile come in quello dell’energia nucleare, poiché di entrambe vi sarà bisogno nei prossimi decenni. Il tutto al di fuori delle strumentalizzazioni fin troppo facili riguardo a questo tema.
 
Ciò che non si può fare è chiudere gli occhi di fronte alla realtà di una domanda crescente di energia da parte di importanti aree del mondo, quali l’est asiatico e l’America del sud, le cui economie si sviluppano comprensibilmente con ritmi accelerati e coinvolgono la parte maggioritaria del genere umano oggi sul pianeta. Il nostro Bel Paese rischia attualmente di veder crescere il proprio declino grazie all’aumento della propria dipendenza energetica e, quindi dei costi che ne derivano a tutto il nostro sistema produttivo e dei consumi pubblici e privati, godendo della sola soddisfazione di non avere centrali nucleari in mezzo a paesi ricchi di centrali i cui eventuali pericoli ricadrebbero comunque sulle nostre teste: la mia mente non è in grado di capire come altri possano non condividere tali ragionamenti. L’unico argomento in contrario, alla fine, non può che essere quello della convenienza elettorale che deriva dal far leva sulla paura della gente, sollecitata fin troppo facilmente in tal senso dai “media”, piuttosto che informata correttamente ed educata all’uso degli strumenti della ragione. A meno che non si proponga più onestamente una radicale rivoluzione culturale e del nostro sistema di vita, alla quale potrei anche personalmente consentire, ma che non credo sarebbe condivisa dalla gran parte dei nostri concittadini: una rivoluzione che implicasse una drastica riduzione del nostro attuale tenore vita, con il divieto dell’uso dei mezzi privati di trasporto, con la diminuzione della temperatura di almeno tre gradi nelle abitazioni durante l’inverno ed altre simili piacevolezze: in tal modo sarebbe possibile almeno dare una bella testimonianza di “anime belle” nei fatti oltre che nelle parole, rimanendo, comunque, esposti agli stessi rischi del malefico nucleare francese, svizzero, sloveno ecc..
 
Che cosa, per concludere, a me piacerebbe che avvenisse? Che la bandiera per il rientro dell’Italia nel nucleare fosse presa dal Partito Democratico, al quale rinnovo la mia adesione, nel quale già molti la pensano come me, ma non hanno il coraggio di parlare con chiarezza; soprattutto, il PD è la forza politica che, nonostante tutto, maggiormente potrebbe garantire la trasparenza di tutte le procedure e la difesa dagli interessi corruttivi che sicuramente si attivano in una simile circostanza. Ciò mi darebbe anche maggiori garanzie riguardo alla sicurezza degli impianti come all’impegno sul piano della ricerca e dell’innovazione. Ciò, infine, mi farebbe sentire parte di un movimento veramente progressista, riformista, modernamente e razionalmente ambientalista.

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