Un sabato di ordinaria precarietà

par Mazzetta
sabato 9 aprile 2011

Una quindicina d'anni fa si cominciò ad introdurre in Italia la precarizzazione dei rapporti di lavoro. Negli anni tutti hanno dato una mano, da destra a sinistra, peggiorando ciascuno un po' lo stato delle garanzie e dei diritti dei lavoratori in questo paese. Che solo negli anni '70 aveva raggiunto un livello appena sufficiente a non sfigurare accanto a quello garantito dalle socialdemocrazie europee.

Il massacro è stato relativamente lento, ma inesorabile, tanto che oggi metà della forza lavoro è di fatto precarizzata. A peggiorare le cose, in questa marcia ispirata al "liberismo" fallimentari dei grandi ladri, si è aggiunta una variabile tipicamente italiana, per la quale alla precarizzazione dei rapporti di lavoro si è aggiunta una drastica riduzione delle retribuzione per i precari.

Che devono offrire "flessibilità" e nonostante questo gravoso impegno, sono pagati di meno. Questo è accaduto perché insieme al precariato si è istituzionalizzata la mediazione privata del lavoro, creando e retribuendo con i soldi dei lavoratori vere e proprie multinazionali del caporalato. Ma a questo si deve aggiungere che la generalizzata riduzione dei contributi per le figure precarie, che produce un risparmio per i datori di lavoro, ma che ha generato un nuovo assetto contributivo che impedisce ai lavoratori precari di maturare una pensione sufficiente a sopravvivere. Nemmeno lavorando senza interruzioni per il massimo degli anni, riusciranno mai ad avere una pensione che non assomigli a un'elemosina.

Per questo tanti di quelli che sono parte delle generazioni precarie oggi scendono in piazza in numerose città al grido di: "Il nostro tempo è adesso". Sono passati molti anni da quando la coscienza di un disegno del genere produsse le prime forme di aggregazione e di contrasto all'avanzare del precariato. Piccoli gruppi di persone, poi qualche migliaio in tutto il paese, per anni, nell'indifferenza generale. Sono così nate dal basso esperienze come San Precario e percorsi come la Mayday, che hanno portato poi all'elaborazione di nuove rivendicazioni, la più importante delle quali è l'istituzione del reddito di cittadinanza. L'unica soluzione in grado di riequilibrare una distribuzione della ricchezza scellerata, che rischia di creare un impoverimento generale della società, senza precedenti nella storia moderna del paese.



Oggi le manifestazioni dei precari, a Roma e in altre città, saranno prevedibilmente partecipatissime e altrettanto prevedibilmente saranno ignorate da politici e media. Non deve stupire, i media campano sullo sfruttamento selvaggio dei precari e i politici hanno quasi tutti contribuito al disastro con azioni od omissioni. Troppi, quasi tutti hanno taciuto anche quando era ben chiaro che si mandavano al massacro milioni d'italiani. Anche peggio i sindacati, che hanno ignorato l'esistenza dei precari difficilmente tesserabili per schierarsi a difesa di quelli che rimanevano tra pensionati e dipendenti, contribuendo pure loro allo stimolare una guerra tra poveri, lavoratori, a tutto vantaggio del loro sfruttamento.

Due sono i dati importanti e rivelatori da tenere presenti: quello relativo alla forbice dei redditi e quello che stima la mobilità sociale. L'ampliamento della forbice e il crollo della mobilità sociale testimoniano l'esistenza di un errore di sistema che premia indebitamente alcune elite e impoverisce inesorabilmente il resto dei cittadini.

In costanza di un tale assetto, è pericolosamente utopistico sperare in un'iniziativa riformatrice o riformista delle élite, crederli capaci o disponibili a rinunciare a privilegi del genere, che in passato hanno dimostrato di volere con un'intensità prossima alla violenza. Sarebbe un'eccezione storica, ancora di più se si verificasse in un paese come il nostro, nel quale l'irresponsabilità e l'impunità delle classi dirigenti è ormai leggendaria, anche al netto degli show di Berlusconi.

Il cammino dei precari non sarà compiuto fino a che questi equilibri non saranno sovvertiti e questi assetti rivoluzionati, fino ad allora i precari non avranno potere contrattuale e saranno destinati ad essere blanditi e derisi, anche se ormai si può parlare dell'esistenza di una vera e propria classe precaria di dimensioni imponenti. Per giungere a questo risultato, dopo le mobilitazioni bisognerà trovare le forze per sostenere un conflitto necessariamente aspro con l'elite schierata a difesa dello sfruttamento dei lavoratori. Le azioni "dal basso" devono arrivare a colpire in alto, pena la loro riduzione a modeste manifestazioni consolatorie.


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