Un referendum per gli elettori del Pd: accordo con Pdl o M5S?

par Camillo Pignata
martedì 23 aprile 2013

Due fatti storici si sono verificati in questi giorni. Per la prima volta un presidente della Repubblica viene rieletto, per la prima volta il popolo, partecipa con manifestazioni, sms, occupazione delle sezioni dei parti, alle elezioni del capo dello Stato. Un campo, riserva esclusiva dei partiti, viene invaso dal popolo. Manifestazioni di supporto alla candidatura di Rodotà, di dissenso a quella di Marini, di Prodi e poi di Napolitano, hanno accompagnato questa elezione del capo dello Stato. Mentre un presidio permanente a favore del professore, si svolgeva fuori Montecitorio.

E in tutto questo, non c’è voglia di presidenzialismo, perché la partecipazione è stata sollecitata più che da un’avversione o da una condivisione di una candidatura, da un'avversione o condivisione della linea politica di cui erano portatori i candidati.

Oggi, a differenza di ieri, il capo dello Stato incide fortemente sulla formazione del governo. Per questo, scegliere un presidente, significa scegliere una linea politica. È in campo la vittoria o la sconfitta del governo PD/PDL, o dell’accordo PD/MOV5S. Il popolo della destra ha contestato Prodi e con essa la linea del cambiamento, il popolo della sinistra ha sostenuto l’accordo con il movimento di Grillo.

La base del PD era per Rodotà e contraria ad un'intesa PD/PDL, quella del partito di Berlusconi ha accettato la linea del cavaliere. La dirigenza del PD ha scelto Napolitano che ha sempre favorito un’intesa PD/PDL, e non ha appoggiato Rodotà, favorevole ad un accordo con il MOV5S.

Per questo, le ragioni di queste manifestazioni non sono ascrivibili a questioni di persone, ma alle linee politiche dalle stesse rappresentate, e alla contestazione della dirigenza da parte della base PD.

E questo contrasto tra partito ed elettorato rischia di coinvolgere altre istituzioni, come il Parlamento, e la presidenza della Repubblica.

I parlamentari PDL voteranno un governo sostenuto dal loro partito, quelli del PD voteranno un governo appoggiato dalla dirigenza del partito, ma non voluto dai loro elettori. I parlamentari del movimento, non voteranno questo governo.

Può un capo dello Stato legittimare un governo siffatto? In questo modo non c’è il pericolo che il Presidente esca da bozzolo dell’imparzialità e della rappresentanza di tutta la nazione, per favorire un parte politica (PDL) e la dirigenza PD, contro la base del partito democratico e il M5S?

E questo è un primo problema. Un secondo problema investe il rispetto del mandato elettorale, e la sua violazione. Il tradimento del mandato elettorale è senza dubbio un'anomalia della democrazia, che interpella l’attualità, e i limiti della libertà di mandato, di cui all’ art 67 della Cost.

È possibile una soluzione di questi problemi?

Al di là delle ipotesi con implicazioni costituzionali, oggi improponibili perché non c’è tempo, è indubbio che quando si determina un contrasto tra base, gli elettori di un partito e i vertici di questo partito, questo deve essere risolto. E se esiste una sopraffazione della dirigenza del partito verso la base, questa deve essere rimossa.

E allora quando la violazione del mandato elettorale, investa non singoli deputati o senatori, ma la dirigenza di un partito e si determini una modifica sostanziale dei programmi elettorali, gli iscritti e gli elettori devono avere la possibilità di pronunciarsi. Una linea politica non accettata dalla base, non è la linea del partito, ma solo dei dirigenti che la sostengono. Di qui la necessità, in questi casi, che la base e gli elettori decidano se confermare o rigettare la scelta dei vertici del partito.

Si potrebbe, per tale scopo, utilizzare lo strumento giuridico del referendum e il modello organizzativo delle primarie.

Il risultato della consultazione, non potrà non avere conseguenze sulla linea politica adottata dai vertici del partito. Se la base e gli elettori respingono la linea politica dei dirigenti del partito, questi si devono adeguare alla volontà della base.

E allora qualora si passa dalla politica del contrasto al PDL alla politica dell’intesa con questo partito, gli elettori del PD devono esser interpellati per confermare o rigettare il cambiamento di rotta voluto dalla dirigenza del partito. In questo modo, tutte le istituzioni, dal parlamento al presidente della Repubblica, non si raffronteranno con la volontà di alcune persone (i dirigenti), ma, nel rispetto della Costituzione, con la volontà del partito.


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