Un paese ridicolo: "l’affaire Celentano"

par antonio cianci 251039
lunedì 27 febbraio 2012

A bocce ferme ed a mente fredda si ragiona meglio.

“Avvenire” e “Famiglia cristiana” non dovrebbero più essere pubblicate. Il Vaticano non sa nulla del Paradiso. Aldo Grasso, critico del Corriere della Sera, è un deficiente.

Queste ed altre le amenità, propinateci da Adriano Celentano, erede di una gran voce, apparsa in declino, e perciò incline a trasformarsi in telepredicatore, che nel tentativo di alimentare un mito un po’ ingiallito, non si accorge che lo sta distruggendo.

Se i direttori dei due giornali cattolici ed Aldo Grasso gli facessero querela, il nostro amato guru si dovrebbe giocare il compenso datogli dalla RAI e che dice di voler devolvere in beneficenza.

Gli offesi hanno ignorato le contumelie, snobbando il personaggio e la sua grossolana ignoranza in argomenti, che riguardano la fede, la trascendenza, il rapporto tra la Chiesa militante e la Chiesa istituzione bi millenaria, tra chiesa evangelica e chiesa dotta.

Si sa che cosa pensi e sia in grado di dire Celentano. Quel che non sappiamo è come e perché da una decina d’anni la Rai rincorra puntualmente Celentano sempre in occasione del festival di Sanremo, per consentirgli dei monologhi che screditano agli occhi del mondo il nostro paese quasi quanto le gesta berlusconiane.

Forse non siamo mai stanchi di apparire ridicoli agli occhi degli altri. Perciò le pensiamo tutte e scoviamo i peggiori esempi per farci del male.

Se voglio ascoltare non una predica, ma una vera lezione di problemi religiosi, anche i più complessi e scottanti, invito il cardinal Ravasi o un teologo laico come il prof. Mancuso, non Celentano.

E se voglio sensibilizzare gli spettatori su temi nobili come quello della pace e della solidarietà, invito a testimoniare i missionari cattolici, quelli veri, che dedicano tutta la loro vita agli ultimi, non il guru miliardario Celentano.

Non è scritto forse da qualche parte che “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei Cieli”?

Eppure molti irresponsabili burocrati e sedicenti critici hanno tentato di giustificare il loro farneticante “eroe”, sostenendo che Celentano aveva diritto di dire quel che voleva, si trattasse financo di offese e sciocchezze da un palco del servizio pubblico e ben pagato con i soldi del contribuente.

Tutto in nome della democrazia e della libertà di parola.

Siamo un paese veramente ridicolo!


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