Un nuovo medium non distrugge il precedente
par Simone Pardini
venerdì 3 dicembre 2010
Da anni illustri santoni occidentali pretendono di prevedere il futuro: la carta stampata è diventata ultimamente l'argomento preferito sul quale fare delle previsioni. "Morirà per far posto ai Blog", "I lettori si sono stancati di una stampa arroccata sui propri valori", "I blogger sono i nuovi giornalisti".... e molto altro.
Il fatto è che queste previsioni sono sempre state smentite dalla storia: al momento dell'avvento della radio sembrava che i quotidiani dovessero sparire, così come con la Tv, per non parlare di Internet; ma come c'è scritto nel titolo di questo intervento: un nuovo medium non distrugge il precedente. Le edizioni cartacee sono sempre sopravvissute ai cambiamenti e probabilmente sempre sopravviveranno. Ci sono stati dei momenti nel corso della storia, e uno di questi lo stiamo attraversando tutt'ora, in cui la carta stampata si è trovata nel bel mezzo di un turbine di crisi, da cui prontamente ne è sempre uscita rinnovata e aggiornata ai tempi moderni.
E cosi, oggi, i blog, come sappiamo hanno raggiunto una popolarità inaspettata: i nuovi giornalisti, come qualcuno ci ha definiti. Ma in verità non siamo né giornalisti né fotografi, siamo semplici cittadini che fanno opinione, che scrivono di attualità, che si aggiornano sulla cronaca. Ed il nuovo fenomeno WikiLeaks ne è stata la riprova: sarebbe stato impossibile per il sito uscire dalla pianura di democraticità offerta dal Web, il terreno della rete è troppo vasto perché qualche sito o qualche blogger possa ergersi e catturare l'attenzione del Mondo. Per questo servono i giornali.
Non è un caso se la stessa WikiLeaks ha fatto e fece, il 25 luglio, uso dei quotidiani per reclamizzare i propri contenuti: i dirigenti sapevano che era l'unico modo civile per arrivare a miliardi di persone, ed è stato proprio così. Il giorno dopo la pubblicazione dei report dell'estate passata tutti sapevamo di cosa si trattava, di cosa era WikiLeaks e qual era il suo ruolo, vi pare poco?.
Quindi, per citare l'articolo "Chi ha paura della Glasnost" di Barbara Spinelli, apparso il 1 dicembre su Repubblica:
Resta la sfida alla stampa: sfida al tempo stesso ominosa e straordinariamente promettente. È vero: nel medio-lungo periodo crescerà il numero di chi si informerà su Internet, più che sui giornali cartacei. Ma da quest'avventura la stampa esce come attore principe, insostituibile: messa di fronte ai 250 milioni di parole sparse come polvere sugli schermi WikiLeaks, è lei a fare la selezione, a stabilire gerarchie, a rendere intelligibile quello che altrimenti resta inintelligibile caos, ad assumersi responsabilità civili contattando le autorità politiche e nascondendo il nome di fonti esposte dai leaks a massimi rischi. Alla rivoluzione mediatica ci si prepara combinando quel che è flusso (Internet) e quel che argina il flusso dandogli ordine (i giornali scritti). L'unica cosa che non si può fare è ignorare la sfida, negare la rivoluzione, opporle sante alleanze conservatrici del vecchio.
Immagino che non fu diversa l'alleanza anti-Gutenberg quando nel XV secolo apparve la stampa, e anche allora vi fu chi, con le parole di quei tempi, parlò di un 11 settembre contro gli establishment: politici e culturali, delle chiese e degli imperi.