Un giovane disoccupato su quattro pronto ad emigrare

par Paolo Borrello
lunedì 20 febbraio 2012

In una recente ricerca di “Datagiovani” si fa il punto sulla situazione dei giovani disoccupati italiani. Numerosi sono gli aspetti interessanti della ricerca. Innazitutto non sembra, diversamente da quanto pensano alcuni ministri del governo Monti, che tutti i giovani disoccupati cercano un lavoro nelle vicinanze di casa. Infatti secondo la ricerca “i giovani cercano in larga misura il lavoro dipendente (75%) piuttosto che quello in proprio, soprattutto al Nord (84%), ma in generale per uno su quattro è indifferente. Solo il 14% cerca lavoro sotto casa, mentre ben il 23% è pronto a muoversi: il 15% in tutto il Paese e l’8% (quasi 85.000 giovani) sarebbero pronti ad emigrare per lavorare. Il guadagno medio desiderato punta più sui 900 che sui mille euro netti al mese, precisamente 927. Ma quattro su dieci si accontenterebbero anche di meno di 800 euro”.

Ancora una volta si rileva che nella ricerca di un lavoro prevale il “fai da te”. I ricercatori di Datagiovani sostengono che “dei circa 1 milione e 200.000 disoccupati under 35 italiani nel primo semestre 2011, 820.000 (il 79%) per trovare lavoro si rivolge prevalentemente a parenti, amici o sindacati, ed il 75% presenta domande di lavoro o curriculum a privati; un ulteriore 58% esamina offerte sui giornali ed il 54% va su Internet. Solamente 3 giovani su 10 si sono rivolti recentemente ai Centri per l’Impiego”. Lo scarso utilizzo di questi Centri, sebbene non stupisca, preoccupa. Infatti i Centri per l’impiego potrebbero essere validi strumenti per facilitare l’incontro tra l’offerta e la domanda di lavoro. Ciò non avviene, anche se il fine dei Centri sarebbe proprio questo.

Anche su questo aspetto si sofferma la ricerca, “i Centri per l’Impiego non funzionano. Focalizzando l’attenzione su quelle che dovrebbero essere le strutture istituzionali privilegiate per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro nei territori emerge invece una delle criticità del nostro Paese: se nel corso della loro ‘vita di ricerca’ del lavoro, il 72% dei giovani italiani ha avuto almeno un contatto coi Cpi, ben il 30% è rappresentato da soggetti che da 3 anni non hanno più niente a che fare con essi (40% al Sud) e solo il 18% nell’ultimo mese. Il motivo della ‘disaffezione’ si spiega immediatamente verificando che sono quasi irrilevanti le quote di giovani che hanno beneficato nell’ultimo anno di azioni attive, quali un’offerta di lavoro, di partecipazione ad un corso di formazione professionale o per ottenere orientamento nel trovare un impiego”.

Vi sono, come si verifica per altre carattteristiche del mercato del lavoro, significative differenze territoriali: “Al Nord è più diffuso della media nazionale il canale delle agenzie interinali (36%), che superano i Cpi. Al Sud invece queste modalità sono sfruttate molto meno, con i Cpi che catalizzano solo un giovane su quattro. Se le relazioni di conoscenza sono le più gettonate in tutto lo stivale, al Sud sale la quota di domanda e partecipazione ai concorsi pubblici (9%). Molto più bassa in generale appare la ricerca di lavoro fai da te nel Mezzogiorno, probabilmente per la maggiore rarefazione delle opportunità lavorative”. In conclusione, la ricerca di Datagiovani fornisce, a mio avviso, un quadro realistico della situazione che contraddistingue i giovani disoccupati italiani. Comunque più realistico rispetto a quanto è emerso da alcune dichiarazioni di ministri del governo Monti. E’ significativa soprattutto la disponibilità ad emigrare di una parte consistente dei giovani. Altrettanto realistico è il giudizio sui centri per l’impiego, il cui ruolo è del tutto insoddisfacente. Sarebbe necessario invece che tali centri sviluppassero effettivamente azioni efficaci per migliorare l’incontro tra offerta e domanda di lavoro. E se ciò non dovesse avvenire, sarebbe meglio chiuderli quei Centri e destinare le risorse che verrebbero risparmiate per finanziare interventi più produttivi, volti ad accrescere realmente l’occupazione giovanile.


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