Umberto Bossi: un uomo ed un leader allo sbando

par Voltaire
mercoledì 17 agosto 2011

Che tristezza vedere l’uomo politico forse più rivoluzionario degli ultimi 20 anni, ridotto a macchietta ridicola ed irriverente. Il Bossi degli ultimi tempi non ha nulla a che vedere con lo scaltro politico di fine anni ’80 che trasformò un moviemento territoriale in un vero e proprio partito, macinatore di consensi ed ago della bilancia dei governi della seconda repubblica.

Colui che ha imposto all’agenda pubblica italiana temi come la questione settentrionale, il federalismo, ed un nuovo riformismo, è divenuto un politico da BarSport il cui linguaggio, spicca solamente per la rozezza dello stile e dei contenuti.

Non che Umberto da Cassano Magnago sia nuovo ad exploit linguistici ed ad intemperanze politicamente scorrette ma la deriva a cui assistiamo in questi giorni è davvero preoccupante. Mandare a quel paese durante un comizio un Ministro che siede nel suo stesso governo appellandolo “nano di Venezia”, insultare Rita Levi Montalcini paragonandola ad uno Scilipoti qualsiasi, rivolgere costantemente il dito medio ai giornalisti, sono tutti attegiamenti difficilmente conciliabili con la figura di politico, che è allo stesso tempo leader di partito e Ministro della Republica.

La storia della Lega è ricca di provocazioni sia verbali sia politiche: dal “La Lega ce l’ha duro”, all’invito al mettere il tricolore nel cesso, al parlamento del nord , alla pansana dell’esistenza della Padania, alla barzelletta della seccessione del nord, sono tutti elementi che fanno parte ormai del folklore della politica italiana. Adesso però si ha l’impressione che qualcuno abbia perso il senso della misura ed il lume della ragione.

Sospettiamo infatti che il registro dell’inguria e dell’offesa sia stato scelto per coprire la propria inconsistenza politica ed i propri limiti fisici e comunicativi.

E’ noto infatti che Bossi non è più il padrone incontrastato della Lega sempre più dilaniata da guerre intestine, che vedono schierate forze contraposte: da una parte i Maroniani, dall’altra il “cerchio magico” di Reguzzoni e Mauro ed in mezzo le truppe di Calderoli (mentre il Trota balla da solo), si giocano la successione al grande timoniere padano. 

Bossi sta perdendo le redini del suo partito, e non sa mettersi più in sintonia con il suo popolo, per questo scade nel volgare e cede all’insulto.

In occasione degli ultimi referendum aveva invitato I suoi elettori a non andare a votare, ma ci sono andati in 25 milioni, facendo vincere clamorosamente il fronte del sì, durante le ultime elezioni amministrative milanesi si era speso per la rielezione del sindaco Moratti ma Giuliano Pisapia ha avuto la meglio. L’ennesima farsa dello spostamento dei ministeri al Nord non ha entusiasmato la sua gente che chiede fatti e non mesti show mediatici.

Oltre il partito e il popolo, lo stanco leone padano sta anche perdendo la lungimiranza politica. Un tempo il Carroccio era fucina di idee e proposte politiche. Oggi il Bossi pensiero prevede solamente un garantismo estremo appiattito sulle posizioni di Berlusconi e dei suoi avvocati, un attacco costante all’Europa e all’euro, la salvaguardia degli allevatori che non vogliono pagare le multe per le quote latte, una chiusura miope ad ogni politica di integrazione, ed una strenua difesa delle pensioni di anzianità, segno di un regredimento ad un improbabile sindacalismo immobile e massimalista. 

E’ tempo che gli italiani abbiano una classe dirigente professionale e degna di questo nome. Il tempo dei leader carismatici alla Ahmed Yassin è terminato. E’ ora che il vecchio Berlusconi ed il malconcio Bossi si facciano da parte, l’Italia è stanca delle loro intemperanze verbali e fisiche.


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