Kenya: Uhuru Kenyatta e i crimini contro l’umanità

par Emanuele Rossi
venerdì 15 marzo 2013

La notizia della vittoria di Kenyatta di pochi giorni fa, ha lasciato i rappresentanti internazionali interdetti.

Uhuru in kiswahili significa "libertà", è figlio di Jomo Kenyatta, primo presidente delle storia del Kenya e considerato "padre della nazione" e leader dal 2012 del partito The National Alliance. Studi politico-economici nel Massachusetts, all'Amherst Collage, sposato con tre figli.

La sua famiglia d'origine è, nelle classifiche Forbes, tra le più ricche del pianeta, con patrimonio sparso tra i settori assicurativi e bancari, edile e media. Ma in un cable di Wikileaks del 2009, l'ex ambasciatore USA in Kenya, Rannerberg, affermerebbe che le eredità di Uhru sarebbero gran parte frutto del sistema di corruzione esercitato dal padre Jomo.

Ma non è soltanto la prima delle controversie: sulla testa di Uhuru pesano accuse ben più gravi.

Uhuru Kenyatta è accusato di crimini contro l'umanità e a luglio inizierà il suo processo all'Aja. La vicenda che lo vede accusato, insieme al "runner mate" William Ruto e al giornalista Arap Sang, è legata agli scontri in Piazza post-elettorali del 2007/2008, in cui persero la vita circa 1300 persone e 600 mila furono sfollati. L'accusa è non solo di aver istigato, ma addirittura di essere il mandante degli episodi di violenza.

Kenyatta è il secondo Presidente in carica, dopo il sudanese Al-Bashir (ricercato per i crimini in Darfur), ad essere sottoposto ad accuse di tale gravità. Il kenyota ha già dato la propria disponibilità a farsi processare (differentemente da Al-Bashir). Ma, alla luce della elezione, quanto potrà presenziare dall'una (l'Aja) e l'altra parte (Nairobi)?

Nel periodo pre-elettorale, le pressioni internazionali sono state chiare e decise: l'assitente Segretario di Stato statunitense, Carson, (incaricato per gli affari africani) era stato diretto, invitando gli elettori a considerare che la vittoria di Kenyatta avrebbe portato conseguenze negative per il Kenya.

Spauracchio e minacce che non hanno sortito alcun effetto: anzi, l'imputazione al Tribunale Internazionale, ha cementato l'alleanza tra Kenyatta e Ruto (vista come molto strumentale al processo) e quindi tra i Kikuyu e Kalejin, tribù in lotta nel 2007. Il clima con cui si sono celebrate le elezioni, è sembrato relativamente pacifico, segno rivendicato come un bel passo verso il raggiungimento di una maturità politica nazionale. Di contro a questo, sono state messe le ingerenze USA (e del Regno Unito, poi), fatte passare come una sorta di neo-colonialismo.

A bloccare e tarpare l'azione della comunità internazionale, non sarebbe però soltanto il ritrovato "clima di stabilità": le potenze orientali, India e Cina in testa, avrebbero investito molti fondi nelle economia kenyota, e rivendicano la necessità di una - seppur discutibile - stabilità politica. A questo si unisce l'importante ruolo che il Kenya svolge da sempre, come appoggio sul campo per la lotta ala terrorismo degli estremisti islamici, fortemente radicato in centro-africa.


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