Tutte le vallette del Cavaliere

par Gabriele Cappelletti
venerdì 1 maggio 2009

La decisione del PDL di inserire delle ex soubrettes nelle liste elettorali per il Parlamento Europeo ha scatenato un vespaio di polemiche, compreso uno sfogo della moglie di Berlusconi. Se queste critiche siano esclusivamente strumentali o, al contrario, siano proferite in buona fede, questo non lo so. Ma vorrei inserirmi nel dibattito tentando una visione spassionata dei fatti.

Mi si dia pure del berlusconiano, ma fatico a capire le polemiche che da più parti si sono levate contro la decisione di Berlusconi di candidare delle soubrettes al Parlamento Europeo. Le condividerei se vivessimo in un paese abituato a veder comparire nelle liste elettorali persone competenti, oneste, qualificate, ma nella nostra Italia, dove i candidati vengono da sempre scelti e blindati dai partiti in funzione della visibilità mediatica e dei giochi di potere, questi attacchi mi paiono largamente strumentali.
 
In questi ultimi quindici anni abbiamo sviluppato l’insana abitudine di considerare Berlusconi la causa di tutti i mali dell’Italia, dal sempre maggior disinteresse della popolazione per la politica, alla pietosa condizione della cultura nel nostro paese, fino all’instaurazione di questo attuale regime a democrazia e libertà di stampa ridotte. È, questa di lavarsi le mani e la coscienza additando altri come i responsabili dei problemi di tutti, usanza tipicamente italiana, e fors’anche semplicemente umana.
 
Personalmente credo che, a cercar di valutare la situazione in maniera più distaccata, sia evidente che Berlusconi non è la causa, ma piuttosto la conseguenza, l’incarnazione inevitabile e fatale del sistema-italia maturato dal Risorgimento fino ad oggi. Berlusconi è la grottesca caricatura di tutto ciò che è caricaturale e grottesco nella realtà istituzionale, economica e sociale di questo giovane paese. E anche di quanto v’è di più sordido nell’intimo temperamento degl’italiani stessi.
 
Non c’è da stupirsi che candidi delle soubrette al Parlamento Europeo: se (come in effetti è) ogni sua mossa politica si basa su sondaggi e attente pianificazioni del consenso, quel che dovrebbe stupirci è che da queste valutazioni si sia concluso che presentare quelle soubrette gli darà un vantaggio presso l’elettorato. Ma come non si può colpevolizzare un casinò per il suo voler fare profitti, così non si può stigmatizzare Berlusconi per il suo assecondare i desideri degl’italiani (per un mio discorso più ampio sull’opportunismo berlusconiano si veda qui). E in quest’arte nessuno può negargli un netto primato.
 
L’Italia è quel paese che ogni Natale, al botteghino, premia le volgarità assortite di Boldi e De Sica, il cui unico merito è esibire tette e culi in quantità. L’Italia è quel paese in cui un “telegiornale” come Studio Aperto, con le sue canoniche immagini di belle donne in passerella, al mare, nei salotti mondani, sui calendari, può raggiungere il 20% di share.
 
Ma, messe da parte queste considerazioni, trovo le critiche alle “soubrette berlusconiane” profondamente antidemocratiche, specialmente quando provengono dai settori più progressisti della società: come si può conciliare l’auspicio che i cittadini si impegnino direttamente in politica e la (giusta) condanna all’oligarchia dei partiti, con una chiusura totale nei confronti di cittadine che hanno tutto il diritto di candidarsi ed essere elette? È la stessa logica malforme secondo la quale un ex magistrato non dovrebbe poter entrare in politica. In base a quale principio si assume questa posizione? Forse per gli ex magistrati e le ex soubrette i diritti politici dovrebbero essere sospesi? Sembra quasi che, secondo alcuni, il semplice fatto di aver lavorato come show-girl significhi automaticamente mancanza di intelligenza e buon senso o, peggio, la decadenza di ogni altro merito intellettuale: gli attacchi contro la ministra Mara Carfagna, laureata in Giurisprudenza, ma con una carriera da soubrette alle spalle, sembrerebbe avvalorare questa tesi. 
 
In questo senso, è notizia dell’altroieri che tra tutte le partecipanti ai “corsi per soubrettes” sono state selezionate tre “veline” (appellativo utilizzato qui a torto, perché solo una delle tre viene dal mondo dello spettacolo) laureate o strettamente qualificate: Lara Comi ha conseguito un master alla Bocconi di Milano, Barbara Matera è laureata alla Sapienza di Roma e Licia Ronzulli è capo sala operatoria all’istituto ortopedico Galeazzi di Milano. Delle ulteriori polemiche risulterebbero quindi ancor più fatiscenti e, in effetti, mi pare si siano parecchio smorzate: l’unica accusa che si potrebbe muovere a queste ragazze è di non corrispondere allo stereotipo mascolinizzato che il mondo si fa delle donne in politica. Ma il nocciolo del mio discorso non cambia: se anche queste candidate si fossero rivelate essere tutte vallette televisive e rigorosamente non laureate, le sentenze di condanna sarebbero state opportune?
 
Chi vuole escludere dalla vita politica tutti coloro che, per mancanza di intelligenza o (come è più spesso il caso) di denaro, non hanno potuto frequentare un’università, che almeno lo dichiari apertamente. E se si volesse fare lo stesso con chi si è mostrato in abiti succinti in TV, non escludo che qualcuno potrebbe trovarsi d’accordo. Ma ci si renda conto che, in tal caso, la nostra non sarebbe più una democrazia.
 
Infine, non mi risulta che si sia levato un dissenso così violento quando, durante le elezioni politiche del 2008, Oliviero Diliberto ha deciso di candidare un operaio scampato al rogo della Thyssen-Krupp (non mi pare che l’essere sopravvissuto a una tragedia sia un merito personale superiore a quello di aver fatto un balletto in diretta TV), o quando Veltroni ha scelto come capolista in Lazio quel gioiello d’ingenuità di Marianna Madia (quella, per intenderci, che per invitare gli elettori a votarla magnificava la sua “straordinaria inesperienza”).
 
Berlusconi ha fatto quel che in Italia tutti fanno ormai da anni: sacrificare la competenza dei candidati sull’altare della visibilità. Solo che, come al solito, lui l’ha fatto meglio degli altri: infatti la bagarre mediatica scatenata dalle “show-girl di Silvio” offusca magistralmente la presenza di pregiudicati e disonesti in quelle stesse liste elettorali.
 
E se a far perdere la testa agli italiani non fossero le belle donne, ma i suonatori d’organetto, Berlusconi avrebbe sicuramente trovato il modo di candidarne un’intera banda.
 
Per concludere, è vero che Berlusconi rappresenta l’anima peggiore dell’Italia: machismo, furberia e illiberalità . Ma è pure innegabile che, finché a questi sentimenti si continuerà a opporre un monolitico nulla formato da interessi di bottega ed equilibrismi tra gruppuscoli delle élites, quella incarnata da Berlusconi resterà l’Italia più vera e genuina presente sulla scena politica.
 
Perché l’unica cosa che può contrapporsi efficacemente a questa accozzaglia di populismi è l’Italia migliore: onestà, creatività, trasparenza.
 

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