Turchia fra il voto di Istanbul e gli S-400
par Enrico Campofreda
martedì 18 giugno 2019
Sarà perché coinvolto in faccende serissime: l’accordo recentemente ratificato sui missili S-400 (in parte già pagati a Mosca, mentre le restanti quote verranno liquidate attraverso crediti che la Russia potrà vantare sulla Turchia), ma da qualche giorno ErdoÄan ha smesso di parlare della ripetizione del voto per la municipalità di Istanbul.
E probabilmente non lo farà sino al 23 giugno. Più che per “causa di forza maggiore” l’assenza sembra suggerita al partito di governo da sondaggisti amici. Il sorpasso pur di poche migliaia di consensi che nello scorso marzo aveva fatto prevalere il candidato repubblicano Ä°mamoÄlu è stato considerato il coagulo nell’urna d’una protesta silente che punta a produrre lo smacco nella città-simbolo, cui il presidente tiene moltissimo. In tal senso le questioni di protezione militare e alleanza geostrategica che, negli ultimi giorni, hanno calamitato attenzione e impegni di ErdoÄan non declassano la consultazione di Istanbul a problema di rango inferiore. In questo voto nella megalopoli sul Bosforo, che sfiorando i 16 milioni di abitanti è un quinto del Paese, c’è un’alta concentrazione di passato, presente e futuro sia del politico che si sente padre dei turchi, sia di chi vorrebbe un’era nuova che non arriva.
Ascoltare quel che dichiara il ministro degli Esteri ÇavuÅoÄlu a sostegno della scelta del sistema missilistico fornito da Mosca: “I confini turchi non sono come quelli con Messico e Canada”, riporta a un piano realistico, non tranquillo. Oltre alla lamentela di aver chiesto, in virtù del Patto Atlantico, per mesi a Washington il conforto di armamenti adeguati, il ministro turco mette sul piatto quel che accade da tempo in un’area infiammata e rovente e giustifica così, davanti alla vaghezza del Pentagono, l’acquisto che tanto manda sulle furie Trump. Senza mettere in discussione la fedeltà turca alla Nato. Però la vicenda non riguarda solo l’hardware missilistico e dietro il software ci sono apparati e appartenenze che superano i potenti interessi dell’industria bellica. I cittadini richiamati alle urne, nulla decidono di tutto questo, sono spettatori come ieri davanti ai teleschermi dove Yıldırım e Ä°mamoÄlu si sono misurati. Una novità: i politici dell’Akp dal 2002 non s’erano mai aperti al contraddittorio, praticando sempre e solo comizi e interviste. Sgradite quelle coi veri giornalisti (ma questo accade quasi ovunque). Nel faccia a faccia pacato ma senza peli sulla lingua i due hanno parlato di questioni locali e nazionali.
Enrico Campofreda