Tremonti è contento. Il Pil cresce poco

par Paolo Borrello
giovedì 17 febbraio 2011

L’economia italiana rallenta nell’ultima parte del 2010 e chiude l’anno con una crescita dell’1,1%, appena al di sotto delle stime del governo, che indicavano un +1,2%. Rispetto all’annus horribilis della crisi, il 2009, chiusosi con crollo del 5,1%, il 2010 ha segnato una ripresa, anche se il ritmo di crescita italiano appare estremamente debole rispetto ai più vigorosi esempi che arrivano dall’Europa.

“Siamo contenti, ma vogliamo e dobbiamo fare di più”, ha commentato da Bruxelles il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. “Ad aprile presenteremo il piano per la crescita, tenendo conto che il problema dell’Italia è quello del Sud. Più cresci e meglio è. E noi – ha sottolineato – contiamo di raggiungere obiettivi più ambiziosi”. Il +1,1% stride in particolare con il +3,6% della Germania, pur colpita nell’ultima parte dell’anno dalle conseguenze negative del gelo che ha paralizzato il Paese, ed è inferiore anche al +1,7% dell’Eurozona e della Ue-27 e al +1,5% della Francia, penalizzata in questo caso dagli scioperi contro la riforma previdenziale. Una crescita che poco si discosta dall’1%, così come aveva previsto ad ottobre scorso dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi, era del resto già stata bollata come “deludente” da Confindustria, che nell’ultimo rapporto sull’economia italiana aveva tagliato a malincuore le proprie stime, parlando di un Paese che “ancora una volta rimane indietro”.

Il rallentamento è stato evidente nell’ultimo trimestre dell’anno. Tra ottobre e dicembre 2010 il Pil è stato quasi stagnante: l’aumento è stato minimo e pari appena allo 0,1% contro il +0,3% del trimestre precedente. Nello stesso periodo la zona euro è cresciuta dello 0,3% e l’intera Ue dello 0,2%. Persino la Spagna ha fatto meglio dell’Italia, con un +0,2%. Risultati non esaltanti ma comunque superiori a quello italiano. Peggio di noi si sono comportati Grecia (-1,4%), Portogallo (-0,3%) e Regno Unito (-0,5%), anche in questo caso a causa soprattutto del maltempo. A sorpresa negli ultimi mesi dell’anno, è stata l’industria a segnare il passo. Secondo le rilevazioni dell’Istat, infatti, l’aumento congiunturale è il risultato di un aumento del valore aggiunto dell’agricoltura (dopo il crollo del 3,1% del 2009, rileva la Coldiretti) e dei servizi e di una diminuzione del valore aggiunto dell’industria. “Chiudere il quarto trimestre positivamente non era facile dopo il calo della produzione industriale”, ha spiegato il presidente dell’Istituto di statistica, Enrico Giovannini, sottolineando però anche che “la strada per riportarci sui livelli pre-crisi è lunga”. Si può aggiungere che i dati diffusi dall’Ocse sulla crescita registrata, nei 34 paesi aderenti, nel decennio 1999-2009, sono tutt’altro che confortanti per l’Italia. Il nostro paese infatti è stato contraddistinto da un aumento medio annuo pari solamente allo 0,5%, il dato peggiore dell’area Ocse, il cui tasso medio di crescita è stato decisamente superiore (1,7%), come quello della zona euro (+1,4%). In coda anche Giappone, penultimo con +0,7%, e Germania, mentre al primo posto c’è la Repubblica Slovacca con una crescita media superiore al 4,5%, di poco davanti alla Corea. Non si comprende il motivo in base al quale Tremonti è contento. Certo l’andamento del Pil nel 2010 è stato decisamente migliore di quello verificatosi nell’anno precedente, periodo in cui però c’era stato un vero e proprio crollo. In realtà se Tremonti riconoscesse che l’andamento del Pil è stato del tutto insoddisfacente, come in realtà avvenuto, ammetterebbe i profondi limiti della sua linea di politica economica, tutta rivolta a contenere il deficit pubblico e priva di interventi, sia congiunturali che strutturali, tendenti a favorire la crescita economica, un obiettivo che Tremonti, evidentemente, non considera importante, al di là della generica ammissione che si doveva fare di più.


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