Tre segnali positivi per il futuro dell’Ucraina

par Daniele Zibetti
mercoledì 12 novembre 2014

Alcuni recenti aggiornamenti sul fronte orientale sembrano far sperare che in futuro le tensioni tra Russia e Ucraina possano, se non risolversi, almeno allentarsi. I tre elementi chiave da considerare sono:

Andiamo con ordine.

1) Il 7 novembre Alexander Novak, il ministro dell'energia russo e Yuri Prodan, la sua controparte Ucraina, hanno siglato un accordo, frutto di mesi di negoziati condotti grazie alla mediazione dell'Unione Europea (qui il video della firma). L'Ucraina ha accettato di pagare 3.1 miliardi di dollari di debiti pregressi alla Russia in due tranche entro la fine dell'anno, coperte grazie a un fondo del Fmi. L'accordo assicura inoltre la fornitura di circa 4 miliardi di metri cubi di gas fino a marzo 2015, che l'Ucraina pagherà con 1.5 miliardi di dollari ricavati dai finanziamenti già previsti dai programmi di assistenza finanziaria Fmi-UE. Il Presidente della Commissione Europea Barroso, presente ieri al momento della firma, ha così commentato su Twitter:

No better way to end my mandate as President of @EU_Commission. #Gasdeal #Ukraine #Russia #EU — José Manuel Barroso (@BarrosoEU) 30 Ottobre 2014

2) Le elezioni parlamentari ucraine si sono svolte il 26 ottobre e dai risultati preliminari emerge un significativo successo del fronte pro-Europa. Il partito del Presidente dell'Ucraina Petro OleksijovyÄ Porošenko è stato battuto, seppur marginalmente, dal Fronte Popolare (Narodniy Front) di Arseniy Petrovych Yatsenyuk, l'attuale Primo Ministro (22.17% contro 21,82%). Secondo quanto riporta l'Economist, Porošenko sperava di ottenere la maggioranza per poter nominare Primo Ministro un suo fedelissimo. Sebbene Yatsenyuk e Porošenko siano entrambi europeisti, il primo non aveva risparmiato le critiche alla decisione di firmare il cessate il fuoco con la Russia lo scorso 5 settembre. Questi risultati, comunque sia, non cancellano le profonde divisioni del Paese. È incoraggiante tuttavia rilevare che le ali estremiste, i nazionalisti di Svoboda e il partito comunista (KPU), non hanno superato la soglia di sbarramento, crollando rispettivamente dal 10,45 al 4,71% e dal 13,2% al 3,86%. Un dato interessante arriva però dai populisti del partito radicale di Oleh Lyashko, che dal singolo seggio guadagnato nel 2012, ne ha ora ottenuti ben 22. Il partito persegue un'idea di europeismo certamente meno moderata di quella di Porošenko e Yatsenyuk, come dimostra questo video circolato su YouTube dove si vede Lyashko interrogare il Ministro della Difesa dell'indipendentista Repubblica popolare di Doneck Igor Kakidzyanov, ammanettato e in mutande.

3) Le sanzioni occidentali alla Russia iniziano a dare i loro risultati. I dati economici che lo dimostrano possono avere significative conseguenze per il futuro. Innanzitutto c'è l'inflazione, che ha raggiunto il picco più alto degli ultimi tre anni: 8%. Da luglio, inoltre, i prezzi del petrolio sono sensibilmente calati per una serie di fattori: la minaccia dell'Isis in Medio Oriente, la crescita del dollaro che rende più costoso l'acquisto della commodity e un aumento dell'offerta garantito dall'incremento della produzione di greggio da parte degli USA. Prezzi più bassi significano meno guadagni per il rentier state Russia. 

Rosneft, la principale compagnia petrolifera russa, ha dichiarato un utile netto di 110 milioni di dollari nell'ultimo trimestre, un declino superiore all'86% rispetto agli 808 milioni dello stesso periodo del 2013. A questo vanno aggiunte la svalutazione del debito russo di Moody's e la massiccia fuga di capitali dal Paese (circa 220 miliardi di dollari dall'inizio della crisi ucraina). Per rispondere a queste dinamiche negative, la Russia ha puntato prudentemente su un rublo debole, che non è però sufficiente a far fronte ai crescenti problemi. Questi tre fattori suggeriscono che la tensione ha raggiunto un livello troppo elevato perché si possa preservare ancora a lungo lo status quo. La natura rentier della Russia (e di conseguenza il sistema di potere di Putin) si basa sulle entrare economiche derivate dalla vendita delle commodity. Se questa struttura inizia a subire colpi significativi forse per la Russia arriverà il momento di scendere a compromessi. L'Ucraina, che è nell'occhio del ciclone, sta soffrendo questa guerra, che è sia geopolitica che economico-energetica. Il Paese resta profondamente diviso tra filo-russi ed europeisti e qui non si intende certo fare previsioni su cosa accadrà in futuro, ma la speranza è che l'Ucraina possa prendere una strada che la porti verso l'Unione Europea e alla pace interna.

 

Foto: MacIvan/Flickr


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