Tre registi, tre corti per Fiducia
par Barton Fink
venerdì 17 aprile 2009
Salvatores collabora con Banca Intesa San Paolo, seguito dai colleghi Ermanno Olmi e Paolo Sorrentino, per la campagna “Per Fiducia”. Difficile inizialmente intuire quali siano i cardini del progetto, che si compone di tre cortometraggi fortemente diversi tra loro, ma con un sentimento di fondo comune. Si vuole trasmettere fiducia, farlo attraverso tre linguaggi molto diversi tra loro, che toccano tre generazioni di registi e, probabilmente, anche tre pubblici diversi. Aspetti positivi del progetto? Molti, indubbiamente. Anzitutto avere reso facilmente fruibile dei cortometraggi di grande qualità, diffondendoli su internet, cinema, pay tv e tv generalista (con dei teaser), senza però perdere il filo conduttore dell’opera. Si adatta il media al contenuto, non viceversa. Non siamo nemmeno nella pubblicità, ma nel patrocinio. Come dice Olmi, il rinascimento fiorentino fu “sponsorizzato” dalle grandi banche dell’epoca. Non si capisce perchè non si possa fare lo stesso proprio oggi, nel mezzo di una crisi che ha nelle grandi banche proprio i diretti corresponsabili della crisi stessa. Inizialmente potrebbe apparire come un corto circuito, un magma indefinito di etica a buon mercato e moralismo da quattro soldi, senza uno scopo ben definito se non la auto-sponsorizzazione di una banca etica, che spinge la popolazione alla fiducia senza però darla effettivamente, la fiducia.
Penso che le cose siano diverse. Anzitutto, va sottolineato, ci troviamo di fronte ad un prodotto di grandissima qualità. La qualità non è a buon mercato, la qualità costa e porta, sempre, dei benefici. Banca Intesa ci porta qualità, coinvolge grandi registi e assicura grandi budget. Porta benessere, benessere per la mente, e non è una cosa che si trova tutti i giorni. Il fatto stesso che questi registi, rispetto ad altri, siano stati coinvolti, denota la criticità stessa del progetto. Gli autori sono lì per dirci qualcosa, non solo esporre una prospettiva neutra, senza anima. Non si vuole fare moralismo (a parte qualche caduta nel corto di Olmi), si vuole fare cultura, si vuole dare emozioni.
Passiamo al commento dei tre corti. Anzitutto dove trovarli: il sito ufficiale è www.perfiducia.com. Andando per ordine cronologico, il primo corto diffuso online è stato “Il premio”, diretto da Ermanno Olmi. Decisamente il più debole dei tre, rappresenta la fiducia data ai giovani, qui interpretati da attori non professionisti (nel caso delle due ragazze, sono le destinatarie “reali” del premio in questione), che di ritorno da una premiazione scientifica incontrano un personaggio famoso (politico, I suppose), che dopo un inizio stentato si interessa del progetto dei ragazzi, in cerca di fondi per il prototipo, e decide di dargli una mano. Personaggi un po’ stereotipizzati, ma non sgradevoli, e la figura del politico che fa tanto “pubblicità progresso”. Non è riuscito ad appassionarmi, né per l’aspetto tecnico-registico, né per il messaggio che porta con sé. Pare che, in fondo, avere fiducia da parte delle istituzioni sia questione di fortuna, più che di abilità, di intelligenza, di intraprendenza. Bella la frase pronunciata da una delle ragazze: “se avessi i soldi, invece di investirli in altri soldi, li investirei in un’idea come questa”. Chapeau.
Il corto di Salvatores è più complesso, completo. “Stella” si svolge in due dimensioni temporali: il 1982, anno in cui la bambina che dà il titolo al corto perde una gamba, e la madre, in un drammatico incidente stradale. La madre, tossicodipendente, sfugge dal titolare di un minimarket dove ha appena rubato, e si schianta contro un camion. Si passa quindi al presente: vediamo Stella, che è diventata una grande chef, sottoporre ad un colloquio una giovane pasticciera, talentuosa quanto dal passato irrequieto. Qui la fiducia è nel dare una seconda possibilità, nel sottolineare il talento e nel vedere gli sbagli come una opportunità di crescita. Filo conduttore dell’opera è un giocattolo, il dolce forno, che è proprio la refurtiva che la madre stava cercando di rubare vent’anni prima, e che ora è diventata una sorta di “totem”, rappresenta gli sbagli che diventano occasioni, passioni, carriere. Stella, donna oramai realizzata, capisce quello che sta passando la giovane cuoca, e non esita a metterla sotto la sua ala protettiva.
Il corto di Sorrentino, “La partita lenta”, è un insieme di suoni, grida, fango ed espressioni. La vita come rugby, gioco di squadra, condivisione di gioie e dolori. In un bianco e nero nitido e brillantissimo, senza dire una parola che sia una, immersi in una suburbia indefinita ed alienante di palazzoni e ipermercati, senza punti di riferimento se non la famiglia e la squadra. Il gioco di squadra diventa fiducia in campo come nella vita reale, rende importante il singolo così come il gruppo. Il corto di Sorrentino è il più evocativo, originale, usa un montaggio serrato estremamente funzionale, mantenendo una struttura interna ben definita, equilibrata. I visi dei protagonisti, i movimenti dei corpi, trasmettono tutto quello che c’è da trasmettere, le parole sarebbero inutili.
Per concludere, un progetto davvero interessante, forse unico nel suo genere per qualità complessiva, certamente con alti e bassi nei primi due corti, e che rasenta la perfezione nell’opera di Sorrentino, vera esaltazione del gioco di squadra, dentro e fuori dal campo.