Tre pensieri sulla Fiat: lettere e licenziamenti

par Maria Rosa Panté
mercoledì 21 luglio 2010

Ho letto la lettera di Marchionne, scritta in occasione della scelta di costruire le Panda a Pomigliano (e non in Polonia) nonostante i risultati del referendum.

Ma perché il referendum aveva detto no alla Fiat, che aveva proposto la consultazione?

Macché, il referendum aveva detto sì. I lavoratori, loro malgrado, avevano dovuto cedere a una sorta di ricatto bello e buono: o firmi il contratto che decidiamo noi o la fabbrica chiude.

Solo che i lavoratori si erano dimostrati meno proni di quanto l’azienda volesse.

In effetti Marchionne scrive nella sua lettera: “Chiunque si sia mai trovato a gestire un’organizzazione sa bene che la forza di quell’organizzazione non arriva da nessuna altra parte se non dalle persone che ci lavorano”.

Una bella frase commovente, le persone che ci lavorano saranno state tutte in lacrime e felici. In effetti anche la forza della Fiat deriva dai suoi lavoratori.

Che debbano anche essere proni a qualsiasi forma di pressione e oppressione però Marchionne chissà perché non l’ha scritto.

Nella lettera, piena di belle frasi, ce n’è un’altra che mi ha colpita.

“Questo è il momento di ritrovare una coesione sociale che ci permetta di dare spazio a chi ha il coraggio e la voglia di fare qualcosa di buono. Sono convinto che anche voi, come me, vogliate per i nostri figli e per i nostri nipoti un futuro diverso e migliore".

A me, in primo luogo, quando un “padrone” parla di coesione sociale vengono sempre i brividi, perché si sa la coesione sociale invocata da chi comanda è quasi sempre per chi comanda, forse è inevitabile... chiunque fosse il padrone forse agirebbe così, chissà.

Dopo i brividi ho pensato a quel “nostri” di forte impatto emotivo: ma è evidente che i figli, i nipoti di Marchionne avranno già il loro bel futuro (e perché dovrebbero volerlo diverso?), a fronte di tanti ragazzi che non hanno nemmeno più il presente. Adesso non voglio sembrare una vetero comunista (anche se una più giusta ripartizione delle ricchezze come idea mi piace assai), ma mi pare una nota un poco demagogica, no? Soprattutto se penso a eventuali figli dei 5 operai Fiat licenziati in una settimana: a Mirafiori, Melfi e Termoli, di questi 4 sono sindacalisti (Fiom e Cobas non Cisl per intenderci).

Forse, come il Pippo della vecchia canzone di Rita Pavone, anche Marchionne non lo sa, certo i figli di questi operai hanno ben poco da sperare.

Resta da capire se il licenziamento sia avvenuto per motivi fondati o perché i 5 divergono da Marchionne sul concetto “fare qualcosa di buono”. Cosa vorrà mai dire “fare qualcosa di buono?”, produrre di più, certo, ridare forza all’industria italiana e quindi lavoro, sicuro...

Ma magari portare la pausa a fine turno a una persona che lavora otto ore in catena di montaggio, perché si produca di più è fare qualcosa di buono secondo Marchionne, ma non secondo l’operaio che sta a digiuno alla catena. Tutto è relativo si sa. Allora che Marchionne magari sia meno generico.

Da ultimo la frase più internazionale: “Le regole della competizione internazionale non le abbiamo scelte noi e nessuno di noi ha la possibilità di cambiarle, anche se non ci piacciono. L’unica cosa che possiamo scegliere è se stare dentro o fuori dal gioco”.

Ma in che mondo viviamo se dobbiamo tutti (compreso il potente Marchionne) vivere accettando regole che non ci piacciono? Possibile che non si possa cambiare qualcosa? Certo bisogna avere “il coraggio e la forza di fare qualcosa di buono”: stare fuori dal gioco per un po’ per riscrivere regole migliori. Ma in effetti questa forza e questo coraggio non può essere di uno solo, anzi credo che dovrà venire dal basso, da chi ha più interesse a cambiare le regole, perché questo gioco che opprime chi lavora, che produce automobili inutili e inquinanti, non piace davvero a nessuno (nemmeno a Marchionne!).

Mi rendo conto che per me è facile scrivere queste cose poiché non sono un operaio Fiat, ma anche tra di loro molti hanno avuto il coraggio di dire di no, da questi no bisogna ripartire.


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