Tre domande (e più) a Cristiano Governa
par BarbaraGozzi
venerdì 26 giugno 2009
Un tardo pomeriggio, in una Bologna stanca, nervosa. Afa rarefatta, sole intenso ma incerto. Incontro Cristiano Governa e ancora non so bene cosa dire, come le idee frullano ma non si fermano. Qualcosa da bere, occhi vivaci che guardano ovunque, cercano.
Giornalista, collabora con l’inserto ‘Centro Nord’ del Sole24Ore, ma ha scritto per diversi quotidiani e periodici tra cui le edizioni cittadine de La Stampa (Il Domani di Bologna), La Repubblica e Il Corriere di Sera.
Scrittore, ha pubblicato diversi racconti, l’ultimo in ordine temporale nella raccolta curata da Giulia Belloni ‘Giovani Cosmetici’, Sartorio, 2008 (‘Come Mork e Mindy’) e romanzi, tra i quali ‘Il catechista’, Aliberti editore, 2007 ( su Carmilla).
Infine numerose collaborazioni con la Cineteca di Bologna, il Centro Internazionale della Canzone d’Autore, ha curato rassegne, corsi di scrittura (maggiori dettagli su wikipedia).
Prendi la cronaca nera di un quotidiano, una famiglia su cinque fra quelle che si credono “improvvisamente colpite dal male” ci vivevano già nel male e ci stavano da Re; ne parlano come di un sogno infranto, ne hanno nostalgia quasi.
[…] Non abbiamo nemmeno più dittatori seri, reazionari o boia etnici ai piedi dei quali strisciare, ma agenzie di moda, fattucchiere televisive, consulenti d’immagine, calciatori, veline… Non adoriamo Hitler o Stalin, ma dei Gianni e Pinotto armati fino ai denti, intrattenitori mediatici, piccoli animatori turistici prestati al teatrino del potere, paragoni di pagine d’autore.
(pag.178 – Il catechista)
Il mio primo sc(i)ncontro con Cristiano Governa risale alla lettura proprio de ‘Il catechista’ e prima ancora di ‘Come Mork e Mindy’. E proprio dal romanzo pubblicato da Aliberti si intuisce un preciso approccio, spiegato dall’autore stesso in un’intervista:
Ebbene sì, sono anni che di fronte a qualunque libro presentato, film girato o disco registrato, sento gli autori affermare che il loro intento era quello di portare “…un contributo di ottimismo e di speranza. Ché ce n’è tanto bisogno”.
Ma siamo sicuri? No, perché io, devo dirvi la verità, di certi ottimismi per endoscopia ne avrei un po’ abbastanza. E se ci fosse bisogno di scoramento? […] E se dunque, per concludere, accettare la sconfitta, la catastrofe della contemporaneità fosse un modo più efficace per fare luce e guardare avanti? Per ripartire?
Ma poi, dov’è che vorreste andare?
(Fonte: Carmilla)
Le narrazioni però, ho scoperto col tempo, sono una delle tante espressioni di un uomo acuto, sensibile, che non sconta nulla anzi, e vive tra notizie e storie intensamente, con onestà e spirito critico (quel tipo di criticità che è figlia della consapevolezza, del ragionare e decidere).
Recentemente è stato approvato un Emendamento noto per aver introdotto una specifica regolamentazione nell’uso delle intercettazioni ma che – di fatto – impone cambiamenti anche in altre modalità divulgative dunque regola la ‘produzione’ stessa delle informazioni, la gestione delle notizie (uno dei tanti articoli che tenta di riassumerne le conseguenze, testata scelta a caso, il Messaggero). E ci sono state anche reazioni, a questo Emendamento, reazioni che on line si sono mosse tra lo scandalo e lo sconforto (reali o apparenti), Repubblica ha lanciato un appello, definendola ‘La legge del bavaglio’.
Così mi sono chiesta cosa sta succedendo, se sta succedendo qualcosa nel mondo delle news, nel giornalismo italiano. Ma anche cos’è poi oggi la produzione delle notizie, se quel certo senso di navigazione superficiale dell’informazione che da tempo sento, ha una forma precisa. Cos’è che manca, o che ha virato col tempo, nei decenni portandoci a un’infinita striscia che ruota, schizzandoci addosso frasi che sono la sintesi di notizie, informazioni che corrono e si rincorrono. Ma dentro, in profondità, cosa c’è? Qualcosa ci sta sfuggendo, fatica a emergere, a scatenare reazioni, confronti, opinioni.
Ne ho parlato dunque con Cristiano Governa iniziando proprio dal recente Emendamento.
Cosa ne pensi del nuovo Emendamento? Cambierà il modo di ‘dare’ le notizie, l’approccio all’informazione dunque il fare giornalismo? Siamo davvero meno liberi, costretti a tacere talune informazioni?
“Il limite all’informazione, in un paese ormai mutilato nel senso critico, è un falso problema. La gente sa già ciò che c’è da sapere, e tendenzialmente se ne sbatte. Provocatoriamente potrei dire che ormai sembrano essere i reality e i contenitori televisivi a formare la loro identità, se ne rassegnino, i giornali, è andata così. Le informazioni avevano senso quando erano in grado di formare, appunto, un’idea circa la realtà nella testa del loro fruitore, ma adesso l’idea della società, della cultura, della politica, se la fanno altrove. O crediamo ancora che se correttamente informati cambierebbero idea? Non ne hanno più di idee, hanno perlopiù istinti, mitomanie televisive, foie edonistiche. Sono schiavi che lucidano la catena, sperando che sia d’oro. Io credo che ciò che dobbiamo sapere, della politica, dell’economia, della cultura, lo sappiamo già. Il fatto è che informare dei fatti non ha più alcun impatto sull’idea che ne traiamo (da quei fatti) circa i protagonisti. I bavagli non dovrebbero esserci, e comunque ne abbiamo più in testa, depositati nel cranio, che sulla bocca.”
Ma, al di là dei regolamenti recenti, esiste ancora – oggi – il giornalismo? Come vengono gestite le informazioni che poi diventano notizie, articoli, passaggi ai telegiornali?
“Il giornalismo esiste, e come per tutte le cose ne ha forme alte, intermedie e bassissime. Tieni conto però che in ogni comunicazione esistono due soggetti, colui che emette la comunicazione, e colui che la riceve. La responsabilità è di due soggetti, si balla sempre in due. Non mi preoccupa se alcuni di coloro che fanno informazione producono immondizia, viceversa è la stupefacente capacità di inghiottirne del pubblico, che è sbalorditiva e orripilante. Se io mi trovo davanti ad un modo di fare telegiornali, non penso ad uno in particolare ma ad uno “stile”, che invece di mostrarmi com’è ridotta questa nazione, parla di spiagge, gelati e amorazzi estivi, di cliniche di bellezza per cani, di chat erotiche, e delle mestruazioni dell’ultima raccomandata senza talento, sarebbe il caso che spegnessi il televisore, o perlomeno cambiassi canale. Il problema è che l’informazione (o quella che ci spacciano per tale) ormai, è al 50% gossip. Ma questo serve molto di più che taroccare l’informazione politica. Hanno compreso che è molto più semplice devastare il cervello di un ascoltatore su due a colpi di idiozie, che convincerlo di questa o quest’altra idea politica o etica.
Se tu non hai niente da dire è sufficiente che ti costruisca un ascoltatore su misura: uno che non ha niente da chiedere. Insomma non è più necessario mentire, perché la metà di coloro a cui mentiremmo non sono più in grado di riconoscere vero dal falso, anzi, se ne sbattono. Hanno figa, calcio e gingle per telefonini. Chi sta meglio di loro?”
Quello che leggiamo o sentiamo, dunque, cos’è? Le c.d. ‘news’ quale realtà (se credi ce ne sia più d’una) divulgano?
“Come ti dicevo in quello che leggiamo c’è un po’ di tutto, dalle cose più importanti alle più inutili e l’idea di realtà che divulgano dipende, ma questo come dire è fisiologico, dall’impostazione del mezzo comunicante e dalla sua rispondenza o meno a idee (legittime) che oggi chiamiamo linee editoriali. Ciò che ci arriva dipende da come è emesso (schermo, carta, internet) e da come la pensa chi emette. Un giornalista è libero di avere un idea, non scordiamocelo, l’importante è che le linee editoriali non si accavallino con quelle della correttezza d’informazione.
Ma anche in questo caso, come per ogni vicenda umana, entra in gioco il valore etico del singolo.”
Chi sono i giornalisti moderni?
“Con tutte le dovute eccezioni, direi due categorie; quella di coloro che sono entrati anni fa, nel meccanismo, e oggi sono professionisti (perlopiù bravi) e uno stormo di giovani eternamente precari che vengono immessi nella bolgia, pagati a pezzo, fatti correre e formati in certi casi in maniera adeguata, in altri in modo disastroso. In altri ancora non formati affatto. Difficile trovare un giornalista di cinquant’anni totalmente idiota o impreparato (non impossibile, ma difficile) mentre fra le nuove leve, è (qualche volta) possibile imbattersi in figure imbarazzanti che essendo mitomani o ricchi di famiglia possono permettersi di fare un mestiere che li paga tanto quanto valgono, cioè quasi zero. Purtroppo, con una voluta forzatura, potremmo dire che la funzione copia incolla di word, ha spianato nuove strade del giornalismo, e alcuni pezzi che escono sono identici ai comunicati stampa, mischiati giusto un pochino. Ripeto, non sempre, non ovunque, e non per la maggioranza dei casi. Ci tengo precisarlo perché io difendo questo mestiere, ecco perché provo a vederne anche i limiti. I pregi parlano da soli.”
E i ‘fruitori’ delle notizie, la gente che segue, legge e dice di ‘informarsi’ chi è?
“Una buona metà è ancora in salute credo, mentre l’altra è composta da figure passive che cercano di sentirsi dire ciò che già pensano, e non si preoccupano di cercare la verità, attendono che chi la pensa come loro gliela lasci sul comodino.
Poi dobbiamo intenderci su cosa intendi con “notizie”, perché c’è gente che legge, vede e ascolta, tutta la vita “cose” che tutto sono tranne che notizie. Fra gossip, voyeurismo e gusto del macabro, è possibile “stare davanti” ad un fatto, senza però riceverne alcuna notizia ma solamente miasmi, o pettegolezzi. “
Cos’è oggi la cultura, il fare cultura?
“La cultura è una chiacchiera e già parlarne è triste, provare a farla mi sembra l’unica possibilità seria. Cultura non è una cosa, ma un atteggiamento, e pertanto non esiste come stanza nella quale recarci ogni tanto ad inalare aria pulita, ma è, per alcuni di noi, un modo di stare al tempo, e di rispettare la nostra libertà e unicità. Secondo me la cultura è, o dovrebbe essere, una forma inesausta di curiosità, una necessità di domande, più che una raccolta di risposte. Un rimpicciolirsi continuamente di fronte alla complessità del reale, provando però a scalfirne, ogni giorno, la “roccia”. La cultura non è un angolo nel quale parlare di libri, cinema o musica, è il modo attraverso il quale abbiamo imparato a vivere attraverso il meglio di essi (dei romanzi, dei film e delle canzonette). Cultura è ciò che la bravura degli altri, e la loro visione, ha illuminato in noi.
Ma non solo, cultura è ciò che di prezioso impariamo dalla dignità degli altri.
Un persona educata con qualcuno, un gesto di rispetto verso uno sconosciuto, è cultura secondo me.“
Informazione e web. Pensi sia cambiato qualcosa, non solo nella divulgazione, ma anche nel modo, le forme, con cui vengono gestire le notizie on line?
“La rete è una grande risorsa, io ne ero diffidente all’inizio. Ma poi ho visto che come tutti i calderoni, contiene un po’ di tutto, e che esiste la possibilità di orientarsi verso prodotti liberi, intelligenti e preparati. Poi, è ovvio, c’è anche la consueta manica di mitomani e cialtroni, ma quelli sono ovunque. Da internet al pianerottolo.”
Siamo dentro un loop, un serpente che si rincorre la coda? Questo galleggiare senza guardarsi attorno, questo imporre precise etichette a tutti e tutto per agevolare la non comprensione, questo restare l’ombra dei contenuti di altri: è una gabbia senza uscite?
“Non saprei, credo che dalle gabbie se ci si è entrati, se ne possa uscire.
Tocca individuare chi ne ha le chiavi, e fregarlo. Perché lui se ti ha messo lì è difficile che ti liberi.
Se invece per caso, nella gabbia ci siamo infilati da soli, beh saremmo inutili anche da ‘liberi’ se quando lo eravamo abbiamo scelto di imprigionarci senza nemmeno saperlo.”
Chi sono, se esistono, quelli che non accettano omologazioni, che tentano di andare oltre il commerciale approfondendo l’informazione?
“Non è una categoria che si identifica per ciò che fa, ma per come lo fa, sono scrittori, giornalisti, registi, musicisti, artisti, ma anche commercialisti, muratori, ingegneri, casalinghe, chirurghi, operai, giovani o vecchi. Sono quelli che, come diceva Carver ‘ce la mettono tutta’. Chi conosce questo strepitoso autore sa bene che dietro questa apparentemente impalpabile definizione, c’è in realtà un instancabile e coraggioso esercito di uomini e donne straordinari.
Perché sono unici nell’ordinario, e quel “tutta” di cui Carver parla, è la vita.
Ecco cos’è che loro mettono davvero in gioco e per intero, la loro vita.”
Hai detto “l’unico modo per dire qualcosa è scrivere gialli”. Me lo vuoi spiegare? Ma anche: perché Cristiano Governa scrive romanzi e racconti?
“Perché anch’io ‘ce la metto tutta’ (poca o tanta che ne abbia) e la mia forma di mettere in gioco la mia vita è raccontare ciò che vedo. La scrittura infatti è al contempo è una forma di racconto degli altri esseri umani e la messa in gioco della nostra vita. Loro mi prestano le storie, io le “pago” ogni giorno, dicendo ciò che penso e districandomi fra le difficoltà (anche economiche) di questo mestiere (che ha pregi ma anche molti difetti). Provo, nel mio piccolo, a descrivere ciò che siamo e se al momento uso lo strumento del noir, è perché oggi a mio avviso, la chiave più efficace di comprensione della contemporaneità passa attraverso la narrazione del lato più oscuro del genere umano. L’orrore del presente non è dato dal volto malefico del criminale efferato, ma da quanto noi “brava gente” possiamo essere assassini senza aver mai, in realtà, sparato a nessuno. A prescindere dal “genere” utilizzato, Simenon, Jim Thompson, Orwell, Carver, la O’Connor e tanti altri, a modo loro, hanno scavato in questo universo oscuro. Per fare luce.”
Dopo tutto, perché fai ancora il giornalista?
“Perché non è l’unica cosa che faccio.
Io mi occupo di comunicazione, insegno, scrivo e poi collaboro anche coi giornali o le riviste.
Io sono stato e faccio il giornalista, ma cambio, mi muovo spesso e soprattutto non ne ho fatto il mio unico modo di fare questo mestiere perché ho avuto paura di chiudermi in una redazione. Mi piace farlo anche ‘fuori’ dal giornale, insegnando e tenendo corsi, scrivendo romanzi, curando laboratori. Ecco perché solo un terzo del mio tempo è scrivere per quotidiani o riviste, mentre il rimanente è ‘altro’; parlare con le persone, alle persone (direttamente con l’insegnamento o attraverso la scrittura) . Informazione non è solo riportare le notizie, ma anche la vita che si annida nelle storie, siano esse romanzi, film o canzonette. Carver o Altman o Brel, sono fra i più grandi “cronisti” dell’umano, perché raccontano la notizia del vivere e soprattutto le vite che non fanno notizia."
Ci salutiamo mentre in molti sono seduti a tavola, o si apprestano a entrare nei locali. C’è ancora luce, molta luce ma la periferia bolognese è pronta a ritirarsi, l’aria odora di fresco. La mia testa inizia ad alleggerirsi. Ci sono incontri che chiedono tempo per maturare, e certe volte – preziose - lasciano qualcosa destinato a sedimentare. Ci sono persone che sono quello fanno, che dicono quello che fanno, che cercano anche senza trovare. Ma non smettono.
Grazie a Cristiano Governa.
La verità è manipolabile. La finzione può mettere in scena una rappresentazione che pur sommando tutte cose false rappresenta qualcosa di vero e di reale che stiamo vivendo, che ci sta accadendo, proprio adesso; una somma algebrica di tanti segni ‘meno’ che alla fine danno un ‘più’.
(pag.210 – Il Catechista)