Tre domande + 1 a Emma Bonino: Le donne afgane e la Sharia in Europa

par Virginia Visani
venerdì 1 maggio 2009

I miei articoli riferiti alle donne in Afganistan e alla Sharia http://www.agoravox.it/L-Afghanistan-la-sharia-e-le-donne.html e http://www.agoravox.it/In-risposta-al-Forum-su-L.html hanno suscitato molti controversi commenti. Ho sentito dunque la necessità di porre all’onorevole Emma Bonino, vice capo gruppo al Senato per il PD, alcune domande chiarificatrici dell’argomento. Eccole.

Senatrice Bonino, se non sbaglio lei si è recata in Afghanistan da Commissaria europea (nel 1997) ed è stata la prima a denunciare la miserrima condizione femminile in quel Paese. Abbiamo così imparato a pronunciare la parola “Burqa” come espressione di sottomissione al potere maschile e religioso. E’ cambiato qualcosa in meglio con il governo Karzai?

Il miglioramento della condizione femminile è tra le poche cose positive che si sono registrate in questi anni. Ma ci ricordiamo come erano ridotte le donne sotto il regime misogino dei Talebani? Basti pensare che si sono riaperte le porte di scuola per decine di migliaia di bambine e ragazze, che prima erano recluse a casa. Scuole riaperte spesso in condizioni difficili, come tante che ho visitato dal nord al sud del paese, a volte sotto semplici tende, fredde d’inverno e calde e polverose in primavera, ma pur sempre meglio del divieto d’istruzione. Nelle città molte donne hanno ricominciato a lavorare e a partecipare alla vita civile. Il governo Karzai si è dovuto muovere tenendo conto della nuova Costituzione afghana del 2004 che sancisce alle donne pari dignità e dovrebbe garantire i loro diritti umani e civili. Dico "dovrebbe" perché le consuetudini tribali, non solo sciite ma anche pashtun, sono dure a morire. Per questo non dobbiamo assolutamente desistere: il ritorno dell’Afghanistan alla democrazia e allo stato di diritto passa obbligatoriamente dal miglioramento della condizione femminile e dal ruolo centrale che le donne devono riprendersi.

Adesso con la legge Karzai che consente lo stupro maritale, le donne afgane rischiano di tornare (o sono già tornate) alla condizione precedente?

Mi pare che la pressione internazionale e il sostegno dato alle donne afghane che si sono opposte dall’interno abbiano per il momento scongiurato la promulgazione della legge. Ma anche in questo caso non dobbiamo abbassare la guardia. Nelle settimane scorse ho lanciato un appello internazionale contro questa legge che ha raccolto moltissime firme, anche di personalità femminili del mondo musulmano. E in questi giorni, a Bruxelles, abbiamo consegnato una petizione all’ambasciatore afghano. Credo che la nostra presenza in Afghanistan non possa ritenersi conclusa solo dopo un’eventuale vittoria militare sul campo - che tra l’altro è lungi dall’essere imminente, anzi il rafforzamento della presenza talebana in Pakistan indicherebbe il contrario - ma che il nostro impegno sarà coronato dal successo solo quando in Afghanistan le donne potranno finalmente vedere i loro diritti riconosciuti.



In Inghilterra, soprattutto in alcune regioni, vige legalmente la Sharia per quanto attiene al diritto civile. Lei vede in questo il rischio che la legge coranica si estenda anche in altri Paesi europei, per esempio che il matrimonio imposto, la sottomissione della sessualità femminile, la condanna dell’omosessualità ecc, vengano giudicati dal tribunale civile musulmano?

Sono sempre stata contraria ad un’integrazione "comunitaristica" degli immigrati che così continuano a vivere all’interno delle loro comunità chiuse e isolate dal contesto legale del paese di accoglimento. In uno stato moderno il comportamento dei cittadini non può essere dettato dall’Imam nel corso della preghiera del venerdì ma dalle leggi dello stato. E alla sua lista potrei aggiungere le mutilazioni genitali femminili contro le quali in Italia è stato necessario addirittura passare una legge per renderle illegali. L’unica strada è quella faticosa ma ineludibile dell’integrazione individuale, con il singolo immigrato che riconosce lo stato e le sue leggi e conosca i propri doveri oltre che i propri diritti.  

Che cosa può fare l’Unione Europea per contrastare tale tendenza?

Agire non in ordine sparso ma in maniera unita e coordinata, facendo tesoro dell’esperienza maturata in questi anni. Perché una cosa è certa: i flussi migratori non cesseranno anzi, con la crisi economica che ha investito il mondo impoverendo ancora di più i paesi di origine delle popolazioni migranti e travolgendo mercati dove avevano trovato occupazione in questi anni, il rischio è che aumentino.


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