Travaglio e Il Giornale. C’è un giudice a Roma

par Federico Pignalberi
lunedì 28 febbraio 2011

Il Giornale accusa un giudice di avere favorito Marco Travaglio in una causa per diffamazione intentata da Previti. I lettori di Sallusti si scatenano, ma non sanno che lo stesso giudice ha condannato Leo Sisti e Peter Gomez a risarcire Dell’Utri.

L’articolo è uscito su Il Giornale di mercoledì scorso. Titolo: “Il giudice lumaca salva Marco Travaglio”. La storia è presto detta: nel 2003 Travaglio, oggi vicedirettore de Il Fatto Quotidiano, scrisse per L’Espresso un articolo che raccontava un incontro nello studio di Carlo Taormina per depistare le indagini della procura di Palermo su Marcello Dell’Utri cui avrebbe partecipato anche Cesare Previti. Nonostante fosse stato appena citato nell’articolo, Previti se la prese e querelò Travaglio per diffamazione. “Reato impossibile”, si difese lui dopo la condanna in primo grado a otto mesi di carcere. E presentò ricorso contro quella sentenza. La Corte d’Appello di Roma ha emesso la sentenza l’8 gennaio 2010, confermando la condanna ma convertendo la pena in una multa di 1000 euro. Il Presidente relatore di quel collegio, Afro Maisto, si prese 60 giorni per scrivere le motivazioni, ma le ha depositate dopo addirittura un anno, lo scorso 4 gennaio, lasciando che il reato si prescrivesse prima ancora che il processo potesse arrivare in Cassazione. Dunque, secondo Il Giornale, apposta per favorire Travaglio ed evitargli quei pochi spiccioli di multa.

Letta la notizia, i lettori de ilgiornale.it (che hanno potuto finalmente scoprire la differenza tra un innocente e un prescritto) si sono infiammati, facendo sfoggio nei commenti di tutta la loro cultura giuridica: “Come mai al bravo Travaglio non hanno fatto il rito immediato? Due pesi e due misure?” si chiede topold. Beppe46 denuncia allarmato: “Mi chiedo sempre cosa può fare un cittadino per tutelarsi da questo tipo di magistratura, quella che puzza di marcio. Ora capisco perché una causa che ho contro la mia regione, di sinistra, dopo 16 anni non vede ancora la conclusione: forse perché qualcuno ha saputo che voto per il centrodestra?” C’è chi confonde la diffamazione con la calunnia e chi, illuminatosi all’improvviso sullo stato della giustizia in Italia, si accorge d’un tratto “che la legge non è uguale per tutti”; chi ne approfitta (“Adesso lo possiamo diffamare anche noi”), chi se la prende con "questi pm politicizzati" che "hanno fatto troppo danno al Paese" (anche se le sentenze non le scrivono i pm, ma i giudici, ogni occasione è buona per attaccare la magistratura), e chi, come Paola13, commenta sdegnato: “Non sono in grado di far procedere un caso di due pagine in un anno ma sono in grado nello stesso periodo di fabbricare un caso di settecento pagine contro Berlusconi. Giudici spudorati e senza dignità. E non pubblicate più, per favore, la faccia di Travaglio perché mi da il voltastomaco” (tralasciamo gli eccessi di certi "travagliani" secondo cui "diffamare un mafioso è una cosa giusta").


Quello che né Il Giornale né i suoi lettori sanno è che Afro Maisto, la presunta "toga politicizzata" che per pigrizia professionale ha lasciato che si prescrivesse il processo a Travaglio, è lo stesso magistrato che ha scritto la sentenza d'appello (raccontata da AgoraVox il giorno dopo l'articolo de Il Giornale) che condanna Peter Gomez e Leo Sisti a risarcire 50mila euro a Dell'Utri per due articoli che la Corte da lui presieduta ha ritenuto diffamatori nonostante abbia riconosciuto che tutte le notizie raccontate fossero vere. E che si sia spoliticizzato (o ripoliticizzato al contrario) in meno di un mese è poco verosimile. Non solo, ma anche in questo caso Maisto ha depositato le motivazioni con mesi di ritardo. Insomma, è molto più probabile che si tratti di un ritardatario cronico anziché di una toga rossa. Ora che l'abbiamo scritto, però, c'è da stare tranquilli: siamo sicuri che Il Giornale rettificherà al più presto. La deontologia a Via Negri è una cosa seria. Altro che quei ciarlatani de L'Espresso.


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