Tirate forte e sulle righe: la questione meridionale oggi

par Bernardo Aiello
lunedì 9 agosto 2010

Per chi conosce anche in maniera assolutamente marginale il tennis, il consiglio di tirare forte e sulle righe è la quinta essenza dell’ovvietà e della banalità al punto che l’espressione è diventata nel tempo un modo traslato per rilevare ovvietà e banalità in ogni campo. Ad esempio, nelle analisi sulla Questione Meridionale, continua un’onda lunga di scritti e di analisi, redatti da soggetti che presumibilmente non hanno mai attraversato in vita loro la linea gotica, per le quali l’utilizzo dell’espressione è del tutto appropriata.

 
Nell’attuale fase di uscita dalla crisi finanziaria globale, una crisi esogena al nostro Paese che si è venuta a sovrapporre alle nostre problematiche economiche in buona parte, per quanto riguarda il Meridione, endemiche, ci si meraviglia di una ben diversa reazione fra Nord e Sud. Il Nord ha ripreso a marciare a ritmi eccellenti, facendo registrare nell’export prestazioni di tutta rilevanza, mentre il Meridione arranca senza quasi reagire, con un comportamento definito schizofrenico, mentre invece è perfettamente coerente con lo stato di cose pre-crisi. Ed ancora la mancanza di un significativo contributo rilevabile dai dati dell’export nazionale, la prevalenza di attività economiche controllate dal Nord o dall’estero, la mancata riorganizzazione dell’apparato produttivo, o almeno di quella parvenza di apparato produttivo, le Istituzioni Pubbliche brave solo a dissipare allegramente il denaro del contribuente in maniera industriale, il clientelismo politico e la malavita organizzata. Insomma, tirate forte e sulle righe.

Ai soggetti estensori di queste sudate carte il vostro reporter vorrebbe suggerire di preferire l’analisi del contesto sociale, culturale, economico, istituzionale, in una parola umano del Meridione e vorrebbe dare, in questa direzione, un proprio contributo parlando della prossima Settimana Sociale promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana dal 14 al 17 ottobre p.v. a Reggio Calabria. Nel suo documento preparatorio, già diffuso in una intervista alla Radio Vaticana da Edoardo Patriarca, segretario del Comitato organizzatore delle Settimane, il punto focale individuato (per l’intero Paese, si badi bene, e non solo per il Sud) è costituito dalle gravi carenze dell’attuale classe dirigente.

Innanzitutto la scelta della location da parte della C.E.I. appare veramente felice ed efficace: parlando di carenze della classe dirigente del nostro Paese, si passa da Roma, a Palermo, alla provincia meridionale in un crescendo wagneriano del problema.

Lo stesso accade anche per la cosiddetta libertà di stampa. Parlando in generale, ma riferendosi prevalentemente alla situazione diciamo così nazionale, Antonio Pennacchi, recente vincitore del premio “Strega”, ha detto «Credo che esista ancora una libertà di stampa. La verità è che non esiste una stampa libera». Anche questo problema, passando da Roma, a Palermo, alla provincia meridionale, esso cresce in misura esponenziale, sino ad avere dai media in talune realtà non più informazione, bensì solamente propaganda.

Sulla stessa lunghezza d’onda viaggiano le discrasie ed i malfunzionamenti della politica e delle Istituzioni: dalla Roma di Alemanno, alla Palermo di Lombardo, alla provincia meridionale, essi crescono sino al grottesco. Sarebbe interessante, e per certi versi curioso, riuscire a sapere cosa pensa un alto funzionario di Stato (ad esempio un Prefetto o un Questore) nel passare trasferito, ad esempio, da Novara a Caltanissetta.

Ecco perché la C.E.I. non poteva scegliere sede più appropriata di una città di provincia del profondo Sud.

Il documento preparatorio della C.E.I. parla anche del Meridione, ma non cita i numeri dell’export del Meridione, non parla dell’esigenza di industrializzarlo, non parla dell’utilizzo dei fondi della Comunità Europea e così via. Parla di un contesto che non è in grado di produrre e di selezionare una classe dirigente degna di questo nome ed in grado di fornire ai cittadini le speranze e le prospettive che la politica ha in obbligo di fornire. Le speranze delle contrade del profondo Sud non stanno certo nella fiumana di improbabili analisi sulla Questione Meridionale. Magari riuscirà meglio la Chiesa di Roma, la quale, sui problemi dell’umanità, è più attrezzata ed ha dalla sua una esperienza bimillennaria e che, comunque, sotto la linea gotica, è di casa e non parla della Questione Meridionale per sentito dire o per linee immaginifiche, profferendo banalità ed ovvietà.


Leggi l'articolo completo e i commenti