Texas, il peggior caso di cyberbullismo dell’era dei social network
par Paolo Monarca
venerdì 18 luglio 2014
Febbraio 2014, Texas. A Leander, un sobborgo a nord di Austin, fatto di piccole scuole e casette a schiera, poco distante dall'incrocio con la 183esima, la strada provinciale che porta nella capitale, nella Florence Stiles Middle School, tre studentesse discutono animatamente.
Le ragazzine, 12 anni, si chiamano Melody, Julie e Jaide. Pochi giorni prima, Jaide ha chiesto a Julie di scattarsi una foto nuda, per mandarla ad un ragazzo che le piace. Julie si è rifiutata, i loro rapporti si sono incrinati. La storia di cyberbullismo che ha interessato le cronache locali e i social network texani negli ultimi due mesi comincia così, almeno secondo quanto riporta Chrstine Young, mamma di Julie, sul suo blog.
Da quel momento, le cose precipitano.
Le cose peggiorano vertiginosamente, Jaide invia messaggi a Melody tramite il profilo di Julie, e il tono è questo:
“…If you don’t kill yourselves, I will. You can go ahead and tell Julia that I am on her account, and I’m going to pretend to be her. I’m going to make everyone hate her.”
Christine Young scrive che da quel momento il bullismo si trasforma in vero e proprio stalking. “Potevamo essere ascoltati e visti, apparentemente tramite i nostri telefoni e tablet”. Le due famiglie delle ragazzine cambiano sim e cancellano i propri account sui social network. Dopo qualche giorno di pace, Christine e la madre di Melody autorizzano le figlie a creare dei nuovi account Instagram, con nomi fittizi, ma nel giro di poche ore Jaide riesce a identificarle.
Telefoni, tablet e computer delle famiglie vengono consegnati alla polizia locale per verificare la presenza di bug o spyware. Nonostante i dispositivi siano nelle mani delle autorità, i messaggi di minaccia continuano. Lo stesso account di Christine Young viene piratato, mentre la storia si fa sempre più inquietante. Jaide sostiene di avere un amico, un uomo che la aiuta e che sa tutto delle ragazzine.
Un giorno, ormai è aprile, Julie è in casa sua con Melody:
"I have a guy who takes photos of you guys . My mom helps me . Don't think I'm weird though . Everyone does it . … I know you guys will like call the cops because you guys are insane, but thats what I find sexy about you guys"
Le ragazzine sono in camera, non sono andate a scuola perché si vergognano: le loro identità fittizie si sono rivoltate contro di loro, la loro vita sociale è diventata insostenibile. Julie all'improvviso lancia un grido, esce dalla stanza e chiama sua madre, le chiede leggere il messaggio appena arrivato:
"There is someone in you're attic, he tells me everything ."
“C'è qualcuno nella soffitta.”
Julie trova il coraggio di rispondere, di andare fino in fondo.
"What r we wearing?"
“Cosa indossiamo?”
"He's says you're not in melody's room … So you have to go in There for him to see you're shirts"
Le ragazze tornano nella stanza. Si muovono in cerchio, impazienti e nervose. Finalmente arriva la risposta di Jaide:
"Julia's wearing a pink shirt and melody's wearing a white shirt .. And don't flip him off, it's rude"
Da quel momento, la paranoia si unisce alla semplice inquietudine. Le ragazzine si sentono spiate, non sanno che fare. Lo/la stalker sostiene di scattare loro foto quando si spogliano, e di volerle postare pubblicamente. Gli account Instagram di Jaide vengono bloccati ma lei ne crea di nuovi, le vessazioni continuano. Christine Young è certa che ci sia la ragazzina dietro tutto, ritiene che anche l'uso della punteggiatura, della tipografia, sia lo stesso che utilizzava quando era ancora amica di sua figlia.
La persecuzione continua e ormai si indirizza apertamente anche verso gli adulti. Jaide scrive su Twitter a Christine e al suo compagno, Ray, che può vederli, che non sono sicuri in casa. Lei e il suo fantomatico amico hanno anche delle armi.
La storia finisce in televisione, ma i dubbi e le domande si infittiscono. Come può una ragazzina di dodici anni maneggiare gli strumenti tecnologici in quel modo? Come può aver installato telecamere o microfoni nascosti?
Le indagini si moltiplicano, intervengono blogger e investigatori privati, finché da metà maggio le minacce e i messaggi cessano, così come sono iniziati. Alle autorità, Jaide si è sempre dichiarata innocente: anche i suoi account erano manovrati da altri. Ad oggi non ci sono prove sufficienti che la incrimino.
Qualcuno sostiene che sia il peggior caso di cyberbullismo dall'inizio dell'era social network, qualcun altro, più scettico, ritiene che si tratti di una montatura ordita dalle tre ragazzine, per ottenere attenzioni. La verità non è ancora venuta a galla, in questo anfratto di provincia americana in cui la vita e la sua copia virtuale si mischiano fino a diventare indistinguibili.
Oggi la situazione sembra essersi tranquillizzata. Come rendersene conto? Basta dare un'occhiata al blog di Christine Young, o al suo profilo Twitter, o al suo account Facebook o alle sue foto su Instagram. Ma è proprio questo il problema.