Testimoni di giustiza. Sedotti e abbandonati

par Pietro Orsatti
martedì 24 marzo 2009

Ormai è un rituale settimanale quello di raccogliere le paure e le speranze di persone che hanno rinunciato alla propria vita, alla propria identità, agli affetti, al lavoro per solo senso dello Stato. Sono i testimoni di giustizia.

Persone che, assistendo a un reato o venendone a conoscenza, si recano da polizia e magistratura per denunciare il fatto. Non pentiti, con cui anche giuridicamente sono stati confusi per anni, ma testimoni. E quando ci si trova di fronte a gravi delitti di sangue, connessi ad esempio con il terrorismo o, in particolare, con la criminalità organizzata, significa rischiare la vita. La propria e quella dei familiari.

Squilla il telefono. Una voce ti chiede se almeno tu, che lavori in un giornale, hai qualche novità. «Nulla, mi dispiace. Con noi si rifiutano di parlare». Occupandosi di testimoni di giustizia, delle condizioni in cui si trovano a vivere dal momento in cui hanno deciso di parlare, ci si rende conto che i concetti di “giustizia” e “legalità” molto spesso non corrispondono. Anzi divergono.



Raccogliendo le loro storie si scopre che, di fatto, lo Stato non ha assolutamente coperto la loro rinuncia a vivere una vita “normale”, spinti dalla propria sete di giustizia. La risposta dello Stato, della politica politicante, è stata, nella maggior parte dei casi, un rifiuto. Anzi, una lunga serie di rifiuti. Un rifiuto generalizzato, sia dalla destra che da parte della sinistra. Perché i testimoni di giustizia sono un piccolissimo gruppo sociale, 72 paria in quasi vent’anni, dal primo e artigianalissimo “fai da te” inaugurato da Paolo Borsellino. Se si contano anche i parenti da proteggere si parla di meno di 400 persone. Niente al confronto delle migliaia di figure (collaboratori e loro parenti) legate alla legislazione sul pentitismo. Queste “voci testimoniali” premiate con riduzioni e favori, in cambio delle loro deposizioni e delazioni. Importanti, certamente. Ma il valore morale del libero testimone che sceglie di testimoniare? Sembra non essere riconosciuto. Anzi, risulta negato, da atti, burocrazie, norme, sottovalutazioni. I testimoni spesso vengono abbandonati a se stessi, in balia delle paure e a volte di disagi e sopraffazioni incredibili. Sopraffazioni morali e materiali. Testimoni di giustizia che subiscono ingiustizie proprio da chi dovrebbe proteggerli.

Le persone e le fragilità. È sorprendente quanto le vicende umane siano simili: i percorsi di queste persone che hanno scelto la giustizia si intrecciano, in un unico coro. Da cui emerge un dato: lo Stato li usa e poi li abbandona. Vent’anni fa e oggi. E poi non sorprendiamoci che siano solo poco più di settanta persone. Sapendolo, chi affronterebbe la perdita di tutto e contemporaneamente l’abbandono da parte dello Stato?

Editoriale dallo Speciale Giustizia di Terra


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