Terzo mandato bocciato. Ma il vero esame per il governo è la riforma delle pensioni!

par Gregorio Scribano
mercoledì 2 luglio 2025

La bocciatura dell’emendamento che avrebbe permesso ai presidenti di Regione di accedere a un terzo mandato non è soltanto l’ennesimo voto negativo in Commissione Affari Costituzionali. È il segnale inequivocabile di una maggioranza che, al di là delle dichiarazioni pubbliche e delle foto di rito, inizia a scricchiolare sotto il peso di divergenze strategiche e ambizioni inconciliabili.

Con 15 voti contrari, 5 favorevoli e 2 astensioni, l’iniziativa della Lega affonda per la quinta volta, ma questa volta il naufragio non è silenzioso. A far rumore sono le astensioni di due senatori di Fratelli d’Italia e, soprattutto, il “no” compatto di Forza Italia. Le parole amare del ministro Calderoli non lasciano spazio a fraintendimenti: il patto di ferro che regge l’esecutivo Meloni mostra le prime vere incrinature.

Dietro la battaglia formale per il terzo mandato si cela uno scontro ben più profondo: quello per il controllo del territorio e per la sopravvivenza politica in vista delle prossime sfide elettorali. La Lega, che in figure come Luca Zaia continua a raccogliere consenso locale, vede in questa riforma un’àncora di salvezza. Ma Fratelli d’Italia non sembra voler cedere spazio, né accettare deroghe che incrinerebbero il principio della rotazione democratica. Un principio che, in tempi di forti personalismi, torna ad avere un valore non solo costituzionale, ma anche simbolico.

Ma se il terzo mandato ha agitato le acque del centrodestra, è su un altro fronte che il governo Meloni si gioca la vera prova del nove: la riforma del sistema previdenziale, ancora oggi incatenato alla rigidità e all’iniquità della legge Fornero.

Su questo punto, i cittadini attendono risposte concrete da anni. Le promesse fatte in campagna elettorale restano appese a slogan e slide, mentre la realtà quotidiana continua a essere quella di pensionamenti sempre più lontani, carriere discontinue ignorate e giovani generazioni inchiodate all’incertezza.

È qui, non sul terzo mandato, che si misura la capacità di governo. Riformare davvero la previdenza significa avere coraggio, visione e senso di giustizia sociale. Significa smettere di giocare di sponda tra interessi di partito e puntare a una sintesi alta, equa, sostenibile. E significa, soprattutto, sapere che il tempo degli alibi è finito: non si può continuare a promettere ciò che non si ha intenzione di realizzare.

La crepa aperta dal voto in Commissione non è solo politica: è la spia di una coalizione che rischia di impantanarsi in battaglie di potere mentre i problemi strutturali del Paese – lavoro, pensioni, sanità, evasione fisale, inflazione – restano senza soluzione. Il governo Meloni, forte nei numeri ma incerto nelle scelte, dovrà dimostrare di saper guardare oltre la tattica. Altrimenti, la prossima bocciatura non verrà dal Parlamento, ma dai cittadini.


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