Terrorismo e religioni

par Fabio Della Pergola
lunedì 25 gennaio 2016

C'è o non c'è un nesso?

Alexander Grau, un poco conosciuto giornalista free-lance tedesco specializzato in questioni filosofiche e teologiche, alquanto scapigliato come si addice a un intellettuale medio-giovane, ha scritto recentemente un articolo che analizza il nesso fra religioni e terrorismo, argomento - come si sa - molto attuale. È stato pubblicato anche su Micro Mega. 

Già dal titolo il nostro chiarisce subito il concetto: prende una formulazione che gira parecchio, in questi tempi confusi, fra gli addetti ai lavori delle varie chiese - «Il terrorismo non ha a che fare con la religione» - e la definisce semplicemente una bufala.

«L'idea che la religione non abbia niente a che fare con il terrorismo - scrive - o addirittura che terrorismo e religione si escludano a vicenda, si basa su un'immagine sentimentale e idealizzata della religione stessa».

Come negarlo? La prolissa melensaggine sulle varie religioni “dell’amore” hanno - chi più chi meno - il solo scopo di far dimenticare certe cruente storie di recente, vecchia o anche antica data oppure di affermare proposizioni di principio che non hanno poi avuto altro che scarsissime ricadute nella realtà storica. Vedi il proclamato amore cristiano per i propri nemici: quando mai è esistito davvero?

L’articolo presenta poi uno dei tòpos classici della critica antireligiosa: «Le religioni non hanno a che fare con supposizioni, con prospettive pluralistiche o possibili opinioni sul mondo. Perlomeno le religioni monoteistiche sono assolute». Là dove c’è un’unica verità assoluta, si dice, non può esserci altro che intolleranza e terrorismo.

Non cambia che si esprima con le bombe o con le scritture apocalittiche (non tanto nella lettura corretta del termine che rimanda a una “rivelazione”, quanto in quella comune che preconizza una prossima “fine del mondo”): sempre di terrore si tratta (per quanto una certa differenza fra le parole e il tritolo io ce la vedrei...).

Si nota quindi un nesso stretto fra terrorismo e religione. Chi lo nega non fa altro che negare la storia e una palese verità; non è quindi molto difficile concordare in linea di massima con l’argomentazione (peraltro ben poco originale) del pensatore tedesco.

Salvo che qualche perplessità in fondo la lascia, come l’ha sempre lasciata.

Se si attribuisce al monoteismo l’intolleranza religiosa (cosa che molti hanno sostenuto) che cosa dobbiamo pensare della tolleranza romana che lasciava libertà di culto a tutti, perfino ai monoteisti (quantomeno all’ebraismo considerata “religio licita” ben prima del cristianesimo), ma non esitava un attimo a sterminare intere popolazioni, come ci ha raccontato Giulio Cesare nel De bello gallico? Cosa pensare della violenza di assiri e babilonesi verso i popoli sottomessi? Magari non facevano genocidi, ma tutti dovevano omologarsi alla loro cultura.

Che dire delle immani stragi di Gengis Khan sul cui monoteismo è lecito dubitare? E come interpretare, ancora, le parole di Tucidide messe in bocca agli ateniesi che spietatamente volevano sottomettere i Melii: « Non solo tra gli uomini, come è noto, ma, per quanto se ne sa anche tra gli dèi, un necessario e naturale impulso spinge a dominare su colui che puoi sopraffare». Un “naturale impulso a dominare”: alla faccia della tolleranza politeista (e su questo basterebbe pensare all’induismo e alla sua società divisa in caste).

Senza voler negare il nesso ipotizzato dall'autore (ma certo non solo da lui) c’è dunque qualche falla nell’attribuire al monoteismo la palma dell’intolleranza. E, di fatto, anche lui stesso ammette che la questione è tuttora "aperta" (almeno fino a che non si imparerà a introdurre nell'analisi storica il concetto di "pulsione di annullamento" di Fagioli).

Quando poi si esce dal campo religioso per entrare a gonfie vele in quello laico, di cui Alexander Grau va particolarmente fiero come ogni illuminista che si rispetti, la sua argomentazione diventa ancor più lapidaria - «Il terrorismo ha religione, eccome (...) La tolleranza non è un'idea religiosa, al contrario: è stata conquistata combattendo contro le religioni».

Ma perbacco, siamo tutti d’accordo; in fondo siamo tutti figli della Révolution française e della sua laicità. Salvo che, poi, l’epoca dei Lumi ha partorito quella del Razionalismo che ha partorito i Nazionalismi che hanno partorito i Totalitarismi. E che tolleranza c’è stata mai nel Nazismo e nel Comunismo?

E, anche ammesso che il Comunismo sia stato un (maldestro) superamento dell'oscurantismo zarista, vogliamo davvero pensare che il nazismo sia stato solo un improvviso impazzimento di una società illuministicamente sana?

Siamo vicini al fatidico 27 gennaio, Giorno della Memoria; provate a leggere cosa scriveva Zygmunt Bauman una ventina di anni fa: «Noi sospettiamo (anche se ci rifiutiamo di ammetterlo) che l’Olocausto possa semplicemente aver rivelato un diverso volto di quella stessa società moderna della quale ammiriamo altre e più familiari sembianze, e che queste due facce aderiscano in perfetta armonia al medesimo corpo».

Due facce della stessa medaglia: la società moderna e democratica, figlia dell’Illuminismo, non sarebbe altro che il "diverso volto" di quella, spietata e brutale, che produsse i campi di sterminio (meglio non dirlo agli immigrati...).

Chissà che ne pensa quello scarmigliato elegantone di Alexander Grau.

 

Foto: J. Trobovich/Flickr


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