Terremoti: la sconfitta dell’Uomo

par Emilia Urso Anfuso
martedì 29 maggio 2012

La terra trema. L’Italia è zona sismica. Praticamente da Nord a Sud. Punto. Lo sappiamo tutti, bene o male. E speriamo tutti che a tremare non sia proprio la nostra, di terra, egoisticamente. Ma nulla e nessuno può dare mai certezze in questo senso. Specialmente, se ad aggravare le già pericolose tendenze sismiche del territorio, ci se mettono anche le incongruenze umane, le corruzioni, le mancanze strutturali ed uno Stato che c’è: ad intermittenza.

Tre anni possono essere pochi o tanti. Dipende dal contenuto. Tre anni fa il sisma in Abruzzo. Sono tanti tre anni se ancora oggi sono migliaia e migliaia le persone sfollate, le case crollate, le chiese impietosamente sfregiate, gli aiuti mai arrivati e la gente ormai sconfitta in casa propria, con nulla più da chiedere perché non si sa più nemmeno cosa chiedere ed a chi.

La terra ha tremato e continua a farlo. Il più recente sisma in Emilia, non fa che riprodurre le stesse identiche scene, in ogni senso. La terra esprime la sua forza, inondando di brividi il territorio che, incautamente costretto a sorreggere costruzioni mal costruite, dimenticanze normative e persino – è il caso di una frazione come quella di San Carlo di Sant’Agostino, paese in provincia di Ferrara, dove addirittura si sta verificando un rarissimo fenomeno: la – letteralmente – liquefazione del terreno, che sta ingoiando tutto, fabbricati e storia. Il motivo?

E' probabile che un tempo in quel posto, qualcuno abbia pensato bene di ricoprire un tratto di fiume. Per avere maggiore estensione su cui fabbricare. Follia.

Come ogni volta, si cercano le colpe e chi debba rimettere tutto a posto, o almeno provarci.

Le colpe albergano un po’ ovunque. Nello Stato che poco ha fatto e continua a fare per tutta la nazione se si tratta di mettere davvero in sicurezza la parte prettamente strutturale. Nella gente, che vive spesso seduta su una sorta di bomba ad orologeria facendo finta di nulla, forse sperando che il fato aiuti i più serafici, per poi gridare allo scempio per non doversi accollare una colpa troppo grande da contenere. Quella di aver lasciato al fato, appunto, la vita intera, senza sospettare che un giorno l’accadimento estremo poteva verificarsi.

Anche in questo caso, migliaia gli sfollati, seppur molti meno del sisma abruzzese. Si parla di 7.500 persone che già hanno capito tutto: aiuti, non se ne vedranno. Almeno non quelli che ci si aspetta – forse a torto – di vedersi arrivare da un elemento cui si chiede ormai tutto, lo Stato appunto, nel bene e nel male.

5.000 circa le imprese spazzate via d’un colpo. L’economia bislacca di questo Paese afflitto più dalle parole che dai fatti, si disintegra ancor più per una mossa terrena e naturale che non può essere controllata, gestita né curata.

E poi quella omissione, per non chiamarla bugia, di quel decreto 59/2012 approvato con un tempismo quasi magico e malefico, che titola “riforma della Protezione civile” ma che alla lettura del secondo articolo svela l’abbandono totale delle istituzioni a quell’assistenzialismo ormai sparito in ogni ambito della società civile. Soldi non ce ne sono. Nemmeno per ridare speranza a chi perde tutto di fronte alla natura che a volte, può diventare violenta.

Si ripete una storia. Si ripetono i danni. Stessi scenari, stesse tendopoli, stesse incongruenze che giungono da ogni parte, se si vuole analizzare con onestà gli accadimenti e ciò che poteva o doveva esser fatto in tempo utile da ognuno.

Dopo la conta di morti, sfollati, imprese distrutte, si contano i limiti estremi di un territorio ormai sconfitto da ogni cosa. Che non potrà trovare mai ricostruzione di alcun tipo, se fra i cittadini e lo Stato, non avverrà quella stretta di mano pacificatrice e risolutiva atta a ritrovare la forza e la volontà, di riunificare territorio ed esseri umani. Per ripartire da un progetto unico che non parli solo di ambizioni e dimenticanze. Perché i morti forse, li dimentichiamo noi giornalisti dopo un po’. Che ce ne sono troppi per ricordarli tutti. Ma loro restano, comunque, nella coscienza di tutti noi, Irremovibili, a comprovare le colpe di tutti. Malgrado tutto.


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