Terni: in 3 anni 3.000 licenziati
par Paolo Borrello
venerdì 20 gennaio 2012
Generalmente fanno notizia solo i licenziamenti di grandi aziende, licenziamenti che, per le dimensioni di queste imprese, sono sempre numerosi. Ma devono essere oggetto di attenzione anche i licenziamenti che si verificano in territori non molto ampi, in quanto possono essere altrettanto numerosi perché derivano dalle crisi di una pluralità di aziende, spesso di piccole dimensioni.
E’ quello che è avvenuto nella provincia di Terni, dove negli ultimi tre anni i licenziati sono stati circa 3.000, un numero molto elevato per quel territorio. Di questo dato se ne è occupata la Cgil locale. “L’analisi della situazione occupazionale in provincia di Terni è allarmante e impone una riflessione immediata, ai massimi livelli, sul futuro del territorio e sull’idea di sviluppo che si vuole perseguire”. E’ l’appello lanciato, nel corso di una conferenza stampa, tenuta presso la Camera del Lavoro di Terni, dalla segretaria generale della Cgil provinciale, Lucia Rossi, affiancata dagli altri componenti della segreteria provinciale, Maria Rita Paggio, Luigino Mengaroni e Alessandro Rampiconi.
Il sindacato ha illustrato i pesantissimi dati sull’andamento occupazionale del territorio nel 2011. Dati che evidenziano, per quanto riguarda la cassa integrazione, un andamento in controtendenza di Terni, sia rispetto alla regione che al Paese. Se in Italia e in Umbria si riscontra, infatti, nel 2011 una contrazione (seppure minima per quanto riguarda il livello regionale) delle ore di cassa integrazione autorizzate rispetto all’anno precedente, in provincia di Terni, al contrario, si assiste ad un ulteriore aumento del 5,27%, dovuto esclusivamente all’incremento nel ricorso alla cassa integrazione in deroga. Cassa in deroga, che, spiega la Cgil, sta assumendo sempre più peso, non solo per l’allargamento della crisi al terziario e all’artigianato, ma anche per l’esaurimento negli altri settori degli ammortizzatori ordinari.
Così, il 2011 si è chiuso in provincia di Terni con oltre 3 milioni 700.000 ore di cassa integrazione autorizzate, contro i 3,5 milioni dello scorso anno e soprattutto contro le 380.000 ore del 2008, prima dell’esplosione della crisi. In tre anni, dunque, le ore di cassa integrazione autorizzate si sono decuplicate. Dal 2006 ad oggi il monte di ore di cassa integrazione totale è aumentato di oltre sette volte, passando da 518.574 a 3.774.138. Nell'elenco dei settori più colpiti si conferma al primo posto l'industria (1.435.369 ore di cassa integrazione totale, il 38,03%), seguita dal commercio, dove in dodici mesi si è passati da 947.670 ore di cassa integrazione a 1.426.141. Sul fronte della mobilità - sempre secondo i dati della Cgil - sono stati invece 1.190 i lavoratori espulsi dal mondo del lavoro, 207 in più del 2010.
Secondo il segretario generale della Cgil di Terni, Lucia Rossi “questi dati, tutti negativi e molto preoccupanti, impongono una riflessione certa tra istituzioni, imprese e parti sociali, riflessione che ha bisogno di un livello di discussione adeguato per tentare di tornare a ragionare sulla crescita del territorio”'. Per questo la Cgil chiede non solo “un protagonismo diverso da parte di imprese e istituzioni” ma soprattutto si augura che “venga riattivato con il nuovo governo un confronto a tutto campo sulle difficoltà territoriali, non solo quelle del polo chimico e siderurgico”. “E’ necessario definire Terni area di crisi complessa - ha detto Rossi - perchè questo riconoscimento ci permetterebbe di avere delle risorse dedicate da cui ripartire. A livello industriale possiamo contare su materiali innovativi che rappresentano grandi potenzialità da sfruttare”.
C’è poi il capitolo licenziamenti. Qui i dati della Cgil sono di ancora più semplice lettura. Nel 2011 sono stati collocati nelle liste di mobilità 1.190 lavoratori, di cui 280 in mobilità retribuita e 910 senza alcun sostegno economico. Anche qui, rispetto al 2010, si assiste ad un incremento fortissimo, del 12% per quanto riguarda la mobilità retribuita e, addirittura, del 24% per quella non retribuita. Se si allarga lo sguardo agli ultimi tre anni il numero di lavoratori licenziati nella provincia di Terni sfiora le tremila unità. E in questo conteggio, naturalmente, non rientrano le migliaia di precari “non riconfermati”, tra cui i quasi 600 espulsi negli ultimi due anni. Per quanto riguarda le acciaierie, la Cgil, data la sempre più probabile decisione di vendere l’impianto ternano da parte di ThyssenKrupp, chiede con forza di “difendere e salvaguardare” il futuro industriale della prima azienda umbra (e tra le principali del centro Italia), indipendentemente da chi sarà l’acquirente, rispetto a possibili speculazioni e operazioni di carattere finanziario. “Da qui alla fine di marzo capiremo quali sono le reali intenzioni della multinazionale tedesca - ha spiegato Attilio Romanelli, segretario generale della Fiom Cgil di Terni, intervenendo alla conferenza stampa - ma ormai pare chiara la volontà dell’azienda di vendere, per cui occorrerà fare fronte comune con le istituzioni, per ribadire la strategicità del sito ternano e dell’unità della attività produttive in esso presenti. Nella sua storia - ha aggiunto - l’Ast ha cambiato tante casacche, ma non ha mai perso la sua grande capacità produttiva, che lo rende un gioiello industriale a livello europeo”. Altro tema su cui la Cgil chiede di aprire una riflessione comune è quello del welfare. I fondi disponibili per le politiche sociali dei Comuni si sono dimezzati negli ultimi due anni e per questo si rende necessario un ripensamento del sistema dei servizi pubblici, che non può però, avverte la Cgil, ricadere su lavoratori e utenti. Di qui la proposta di introdurre elementi di innovazione, come la sottoscrizione di patti comunali antievasione, che rafforzino, nelle amministrazioni, l’attività di controllo e recupero delle risorse sottratte al fisco, e un uso dello strumento della compartecipazione che sia sempre più legato alle reali capacità economiche dei soggetti.