Termovalorizzatori: la bufala (voluta)

par paolo
giovedì 22 novembre 2018

Mi sono occupato di inceneritori in quanto coinvolto da un comitato di miei concittadini su una specifica questione che riguardava le emissioni di inquinanti da un forno crematorio appena costruito nella mia città. Con ciò diventandone, mio malgrado, di fatto consulente tecnico scientifico negli incontri che si sono succeduti nel corso di quasi tre anni con le varie istituzioni locali e regionali.

 Ciò mi ha indotto ad affrontare il problema dello smaltimento dei rifiuti mediante la termodistruzione, anche se nel caso specifico definire " rifiuto " un cadavere può sollevare riserve di carattere etico o religioso. Tuttavia la legge ( D.L. n.152 del 2006 - parte V et succ. ) non fornisce altra definizione in un quadro di sola distinzione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi.

Lo stesso decreto, anche meglio conosciuto come "Testo unico ambientale", fornisce il quadro normativo di riferimento per il trattamento dei rifiuti mediante incenerimento e fissa i limiti nelle emissioni dei vari macro e micro inquinanti che vengono inevitabilmente prodotti dalla combustione. Limiti che devono essere rispettati, facendo ricorso alle migliori tecnologie disponibili (BAT) e quindi adottando idonei dispositivi di abbattimento degli effluenti gassosi in uscita dal camino di processo. Come ormai in tutti gli ambiti che si occupano di attività antropiche aventi un potenziale impatto ambientale, la normativa italiana, sia essa regionale o nazionale, deve uniformarsi con quella europea.

Bene, in tutta la letteratura specifica sia essa di carattere regionale , nazionale od europea non viene mai citato il termine " termovalorizzatore" ma unicamente il termine "inceneritore", nel caso specifico RSU (ovvero di rifiuti solidi urbani), o al più "coinceneritori" che hanno altra specificità per usi prettamente industriali. Non solo, la UE ha ripetutamente diffidato l'Italia ad usare il termine " termovalorizzatore" in luogo di "inceneritore", essendo un termine che induce a falsare la realtà.

Il perché è facilmente comprensibile dal momento che il processo di termodistruzione è quello tipico di un inceneritore, ovvero tramite la combustione, e soprattutto perché non viene termovalorizzato un tubo. Fatto salvo il calore che viene recuperato dagli scambiatori e quindi utilizzato come energia di recupero, processo analogo a quanto avviene in un comune caminetto o stufa a pellet dotati di scambiatore, il rifiuto trattato richiede per la termodistruzione un apporto di energia superiore a quella che viene recuperata. Per semplificare, se termodistruggo una bottiglia di plastica l'energia richiesta per riprodurla è superiore a quella che recupero sotto forma di calore e a quella impegnata per il processo di termodistruzione della medesima bottiglia. In sostanza quindi è la solita furbata all'italiana per far digerire al popolo bue l'impopolarità che deriva dall'avere un inceneritore sotto casa e per appioppare i corposissimi contributi, sotto forma di tasse, distribuiti a pioggia ai gestori di inceneritori. Miliardi di euro e ovviamente relativi scandali come da tradizione consolidata in questo paese.

Altro punto cruciale è il mantra, che passa di bocca in bocca sui media, secondo il quale i "termovalorizzatori" siano ad impatto zero, ovvero ad emissioni tossiche del tutto trascurabili. Ho ascoltato politici e giornalisti, totalmente ignoranti in materia ma pieni di certezze, sperticarsi in lodi sulle nuove tecnologie, racchiuse in quel termine escatologico che si sintetizza in "moderni e di ultima generazione". Qualche buon tempone, travestito da esperto, è arrivato persino a dire che l'aria che esce dal camino è migliore di quella che entra. Forse era un invito a fare delle inalazioni salubri per chi soffre di patologie respiratorie, allacciando un respiratore all'uscita del camino di processo. L'inceneritore danese, posto nel centro città e dotato di piste da sci integrate, viene visto come la apologia degli inceneritori bio compatibili con il tessuto urbano. Faccio in premessa notare che anche gli inceneritori di trenta o venti anni fa erano allora considerati " moderni o di ultima generazione", poi si scopri' che inquinavano forse più e peggio dei precedenti, dal momento che l'aumento della temperatura di esercizio ( oltre 1200° C) produce micro inquinanti altamente tossici per l'organismo umano, riducendone il diametro aerodinamico fino quasi alla dimensione molecolare che risulta difficile poi trattenere pur con cicli di filtraggio sofisticati, ma che hanno nel contempo effetti devastanti per la salute. Il punto è che pur migliorando le tecniche di termodistruzione, anche le strumentazioni di monitoraggio e analisi delle sostanze tossiche prospettano situazioni sempre più preoccupanti nella definizione dei limiti di tollerabilità per l'uomo. Soltanto fino a pocchi anni fa, parlando di particolato, ovvero polveri sottili che vengono introdotte nell'organismo dall'apparato respiratorio, si faceva riferimento unicamente al PM10, ovvero frazioni nell'ordine dei 10 micron, facilmente trattenute anche da un normale sistema di filtraggio a maniche di tessuto; oggi la normativa prevede il monitoraggio di PM2,5 e a breve ormai del PM1. Frazioni sempre più piccole e di poco superiori o uguali ad un micron ( 1 millesimo di millimetro) che contengono tuttavia il 90% delle sostanze più tossiche per l'uomo e per l'ambiente. Sostanze come le diossine e i metalli pesanti che entrano direttamente nel circolo sanguineo, provocano devastazioni in tutti gli organi vitali dell'uomo; sostanze che hanno proprietà ubiquitarie e sono estremamente resistenti alla biodegradazione o al degrado chimico, ovvero che si accumulano nell'ambiente e si ripropongono attraverso la biomagnificazione come impatto finale sull'uomo. E il saldo di questo ciclo sono malattie cardiovascolari, neoplasie, alterazioni genetiche ecc.., che producono non meno di 500.000 morti premature all'anno nel solo ambito UE.

Quindi dire che i " moderni termovalorizzatori", ancorché con termine improprio, siano ad impatto zero, fermo restando che nessuna attività antropica lo può essere per definizione, è una emerita falsità che nasconde evidenti fini politici di contrapposizione con chi invece come il M5S ne ha fatto una battaglia costitutiva del movimento, inserendola in una delle cinque stelle del simbolo. La verità è che l'approccio al tema deve essere certamente pragmatico, perché il problema dello smaltimento dei rifiuti è enorme specialmente nelle grandi città, ma con tutte le cautele del caso e agendo principalmente sulle cause che ne determinano la produzione. Se poi il riciclo dei rifiuti, tramite la raccolta differenziata, è una risorsa alternativa che spero nessuno metta in dubbio, bisogna puntare risolutamente su quella altro che buttare soldi in nuovi inceneritori. Ma qui scattano i meccanismi affaristico politico criminali, che in questo sfortunato paese fanno capolino ad ogni pié sospinto, e il risultato, specialmente in alcune aree del paese notoriamente afflitte da mali endemici, si traduce in montagne di immondizia a cielo aperto che qualche manina santa poi provvede ad incendiare. Che è come dire un disastro assoluto per i poveracci che si trovano in quelle circostanze.

Perché bruciando, in tutte le forme, è sicuro che non forniamo un bel servizio alla salute del pianeta e a tutti noi che ci viviamo.


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