Tarak Ben Ammar, chi è costui?

par Corrado Bellagamba
lunedì 27 luglio 2009

Il produttore tunisino prova a squarciare il velo della critica che arriva dall’estero al premier Berlusconi: ma c’è da fidarsi?

22 luglio 2009: l’agenzia AdnKronos riportava questa dichiarazione di Tarak Ben Ammar, riguardo alle critiche su Berlusconi da parte della stampa estera:

“E’ un attacco all’Italia, oggi si tratta di Berlusconi, prima si diceva che Andreotti era mafioso e poi attaccarono Craxi. Non avete capito che non vogliono che l’Italia sia un grande Paese ma vogliono che sia un Paese del Terzo mondo. Non leggete i giornali francesi e inglesi che hanno un odio profondo verso l’Italia”.

Primo: che Andreotti sia stato colluso con la mafia lo attesta, dopo l’assoluzione in primo grado, una sentenza in appello, che lo riconosce colpevole del reato di partecipazione all’associazione per delinquere “concretamente ravvisabile fino alla primavera 1980″. E’ confermato inoltre dall’inchiesta giudiziaria che Andreotti ebbe incontri con esponenti della mafia anche dopo l’80, lo stesso Andreotti ammise di aver incontrato il boss Andrea Manciaracina, uno degli uomini di fiducia di Riina, nell’agosto del 1985. Andreotti si giustificò dicendo che l’argomento della discussione era la legislazione sulla pesca.

La versione dell’imputato fu definita “inverosimile”, ma il tribunale di Palermo stabilì che non sussistevano elementi che potessero permettere di risalire al contenuto della conversazione. Di conseguenza, Andreotti fu assolto per i fatti posteriori alla primavera dell’80 e giudicato colpevole per i fatti precedenti, ma la sentenza è giunta solo nel 2 maggio 2003, oltre il termine di prescrizione fissato al 20 dicembre 2002.


La sentenza fu poi impugnata sia dall’accusa che dalla difesa, ma la Cassazione respinse l’impugnativa.

Secondo: Il Psi di Craxi fu l’epicentro di un’inchiesta, Mani Pulite, che ha scoperchiato una fogna. Basti pensare che il tutto ebbe origine dall’arresto di Mario Chiesa, esponente proprio del PSI, il 17 febbraio 1992. Craxi fu condannato in giudicato, a titolo definitivo, in 2 processi: il 12 novembre 1996 a 5 anni e 6 mesi di carcere per corruzione nel processo ENI-SAI e il 24 luglio 1998 a 4 anni e 6 mesi di reclusione, 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e quasi 10 miliardi di risarcimento per corruzione e finanziamento illecito ai partiti nel processo sulle mazzette della Metropolitana Milanese. Senza contare le condanne mai passate in giudicato per il decesso dell’imputato.

Ne sono emerse tangenti depositate su conti segreti in Svizzera affidati a prestanomi: il suo amico Maurizio Raggio, ex ristoratore a Portofino, testimoniò che Craxi aveva accumulato 50 miliardi di lire che usò per acquistare appartamenti in varie città del mondo, un aereo privato, una tv privata per l’amante Ania Peroni, un hotel a Roma e un villino in Costa Azzurra per il figlio Bobo.

Chi è dunque costui, che difende l’indifendibile?

Tarak Ben Ammar, franco-tunisino, è un produttore cinematografico e televisivo, nonchè consulente finanziario del principe Al Waleed Bin Talal, uno degli uomini più ricchi del mondo, nipote del re dell’Arabia Saudita Abdullah. Tarak e Berlusconi fondano nel 1990 la Quinta Communications, nel 1995 fa da tramite tra Berlusconi e Al Waleed, che compra per 100 milioni di dollari una quota corrispondente al 2,7% di Mediaset: con l’ingresso in borsa del gruppo, Ben Ammar entra nel cda di Mediaset in rappresentanza del principe saudita, che nel 2003 abbandona la partecipazione, seguito a stretto giro di boa da Tarak (che lascia il cda Mediaset il 16 aprile di quell’anno). Il corrispondente a New York de “Il Messaggero”, Stefano Trincia, il 9 Novembre 2001, raccontò di un incontro tra Berlusconi e Al Waleed circa il progetto del Cavaliere di privatizzare l’ENI. Trincia colse l’occasione per rendere nota anche al pubblico italiano una notizia resa pubblica negli USA dal Wall Street Journal: Al Waleed Bin Talal in quel momento era sospettato da CIA ed FBI di finanziare la rete di Al Qaeda, sospetto che comunque che non sembra aver trovato conferma.

D’altronde Tarak ama esporsi, ma fino a un certo punto: nel processo All Iberian, o meglio, nel primo troncone, quello che vedeva Berlusconi accusato di aver trasferito in nero al PSI di Craxi (come cantava Renato Zero: “Il triangolo no….”) 22 miliardi di lire, Tarak dichiarò che in realtà i fondi erano stati versati a lui, per essere girati alla causa palestinese (Ben Ammar è stato spesso accostato all’OLP). Il produttore venne chiamato due volte dal Tribunale di Milano a confermare la sua versione, ma in nessuno dei due casi si presentò.


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