"Tanto ormai"...

par Leonardo Cervelli
venerdì 21 gennaio 2011

 

Intendiamoci.

Non sono un moralista né un giustizialista. Più volte nella vita sono venuto meno ad obblighi morali di cui facevo gran propaganda; mi è successo di condannare l’evasione fiscale e poi farmi fare uno sconto maggiore su un acquisto “non avendo bisogno” dello scontrino. Ho promesso la monogamia e ho tradito, l’onestà intellettuale e ho mentito.

Fatico molto a perdonarmi gli errori che faccio, soprattutto quando nuocciono gli altri.

Quest’autocritica spassionata mi colloca di diritto nella nutritissima gang degli imperfetti, d’altra parte mi rende abbastanza lucido, e incredulo, rispetto a ciò che sta succedendo adesso in Italia.

Vedo un sistema la cui corruzione permea l’economia (che tradotto in un microcosmo da dipendente equivale a lavoro e diritti annessi), la politica, gli organi teoricamente predisposti alla tutela dalla corruzione stessa e, non ultimo, il sociale, spesso rilegato a costume.

Mi ha colpito l’intervento di Don Luigi Ciotti a “L’infedele” di qualche giorno fa. Con partecipazione il reverendo esortava al disgusto chi osserva e rileva le suddette degenerazioni, e spronava alla responsabilità chi, governando , dovrebbe trasmettere valori opposti alla corruzione stessa.

Tali affermazioni cozzano fortemente con la troppo diffusa formula del “Tanto ormai..” o in altre parole “tutto molto vicino agli occhi ma tanto lontano dal cuore”.

Il “Tanto ormai...” è una lama tagliente che scinda gli italiani non più in destrorsi o sinistrorsi, moderati di destra o di sinistra, né, agli estremi , in comunisti o fascisti. Ma in Illusi o Disincantati, Abbindolati o Abbandonati.

Personalmente vorrei la cittadinanza in un’ipotetica terra di mezzo fra queste dicotomie. E ciò che spero avvenga, senza abbandonarmi a utopie enfatiche che attraggono sempre i bicchieri mezzi pieni come me, è recuperare un senso della dignità del lavoro per coloro che quotidianamente tentano di fare del loro meglio per gli altri e sé stessi.

Avere diritti civili che mi facciano percepire un’integrazione su tutti i livelli, già sperimentata con successo altrove, senza che questo corrisponda ad un’amalgama spersonalizzata o priva di quelle fisiologiche differenze vitali per l’evoluzione della società.

Opporsi energicamente ma pacificamente a ciò che ci sembra ingiusto senza lasciarsi permeare dall’odio e dalla diffidenza per chi la pensa diversamente da noi.

Avere la possibilità di informarsi trasversalmente e approfonditamente sin dai sistemi scolastici dell’infanzia. E, indicazione che considero un personale promemoria più che un auspicio, ridurre al minimo atteggiamenti lesivi e autolesivi di incoerenza e disonestà.

Le nuove reti ci connettono negli scambi di stati d’animo, pensieri, cultura e informazioni.

Perché non sfruttarle per riavvicinare il cuore a ciò che vediamo?


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