Tahrir, dai propositi responsabili alle botte
par Enrico Campofreda
sabato 13 ottobre 2012
Il “venerdì della responsabilità” che doveva dar fiato alle due grandi voci dell’Egitto, divise nei sottomultipli che osteggiano o appoggiamo l’Islam politico, s’è trasformato in un giorno di contrapposizione e scontri. Stamane (ieri per chi legge) c’era una protesta comune che da alcuni quartieri cairoti convogliava diversi cortei sulla storica Tahrir. La protesta additava il corpo giudicante che aveva assolto i 25 imputati della cosiddetta “battaglia dei cammelli” del 2 febbraio 2011, quando in piena rivolta anti-Mubarak, il raìs e i suoi ministri ordinavano la repressione e polizia ed esercito uccidevano i manifestanti. In quell’occasione anche con l’ausilio dei famigerati baltagheyah, i picchiatori prezzolati, di cui durante i mesi seguenti s’è servita la stessa Giunta Tantawi nel massacro dello stadio di Port Said e nella strage di copti al Maspero. Quelle pagine di strategia della tensione latente possono venir cancellate da sentenze non esemplari, come questa pronunciata due giorni fa, non dissimile dal famoso processo a Mubarak, graziato insieme all’ex ministro Al-Hadly dalla condanna capitale nel giugno scorso.
Proprio nei giorni scorsi sulla stampa locale era tornato alla ribalta il nodo dell’articolo 36, quello sui diritti di uomini e donne, tuttora presente nella bozza costituzionale con la dicitura “secondo i princìpi islamici”. Divisione anche su altri temi scottanti: il ruolo della religione e del possibile potere conferito all’autorità islamica della moschea di Al-Azhar di rivedere le leggi (una sorta di tutela confessionale sullo Stato), la reale indipendenza della magistratura, il ruolo dei militari. I laici contestano quasi in toto l’impostazione data dai 100 membri dell’Assemblea. Perciò, dopo la rituale preghiera, ad accusare la sentenza salva-poliziotti e baltagheyah e per non lasciare tutta la visibilità politica all’opposizione, in piazza è sceso l’intero universo islamista.