Sull’Alzheimer

par Maria Rosa Panté
venerdì 4 febbraio 2011

La malattia di Alzheimer, che prese mio padre e lo portò alla morte, è una malattia che colpisce anche i familiari del malato, soprattutto chi o coloro che lo accudiscono giorno dopo giorno e da vicino seguono il suo declinare, la sua memoria che svanisce, le sue capacità di orientarsi, di essere autonomo, persino di parlare e di ragionare che si affievoliscono.

Sottolineo però con forza che mai, dico mai, si affievoliscono le sue capacità di amare e la sua sete di essere amato. I familiari hanno bisogno di tanta forza per sopportare il dolore di vedere il loro caro che si trasforma, non solo hanno bisogno di forza anche per aiutarlo, per curarlo fisicamente e seguirlo perché non si senta troppo solo, troppo inutile, troppo abbandonato a se stesso, chiuso nella sua incapacità di comunicare. Il centro diurno (presente in alcune realtà locali) aiuta gli anziani a essere occupati, col disegno e altre forme di arte e impegno, li aiuta a non perdersi del tutto, a non immalinconirsi troppo, insomma a vivere. Ma quando tornano a casa? Mio padre non andò al centro anziani perché mia madre era a casa e lo voleva con sé, però abbiamo cercato sempre di tenerlo un po' occupato: ora che sono morti entrambi ho trovato i biglietti che mia madre dettava a mio papà. Erano liste della spesa, liste delle verdure e della frutta di stagione, l'elenco di cosa avevano fatto fino a quel momento... Ho trovato anche un album di fotografie con le didascalie scritte da mio padre sotto la mia dettatura (questo quando ancora mio padre riusciva più o meno a scrivere). Sono molte fotografie e molte didascalie, ricordo che una volta, si era in sala, mio padre era stanco, ma non sapeva come dirmelo, era troppo cortese e mi voleva troppo bene. Venne sul tavolo vicino a noi la gatta (anche lei non c'è più) e mio padre si fermò, la guardò, poi mi chiese: “Maria Rosa, la gatta vuol sapere quando vai via!”.

Non ne poteva proprio più, dovevo capirlo, ma che modo gentile per chiedermi un po' di requie! Quanto si rise con mio padre e mia madre, quanta tenerezza, perché non tutto è dolore, non solo dolore.

Però quando la situazione diventa più dura, allora il familiare ha bisogno di aiuto, conforto e confronto con chi lo capisce perché anche lui è nella stessa situazione. A questo indispensabile confronto serve il gruppo di mutuo aiuto tra parenti di malati di Alzheimer.

Quando mio padre si ammalò, però, un gruppo così non esisteva nella mia zona e allora io lessi tutti i libri che potevo e cominciai a navigare in internet cercando informazioni; trovai pronto Alzheimer e altri telefoni amici che mi diedero aiuto concreto e conforto. Per questo è importante conoscerli e contribuire a mantenerli attivi, così vi invito a seguire l'appello che riporto in fondo all'articolo.

Nella mia zona adesso il gruppo c'è, l'abbiamo fondato (coi soldi raccolti per i funerali) nel nome di mio padre, stiamo continuando nel nome di mia madre, anche se lei non ha avuto l'Alzheimer, e si continuerà nel nome di altre persone, forse, ma soprattutto se ci saranno famiglie che vogliono essere aiutate e aiutare.

Alla fine nessuno è solo se accetta di essere aiutato e così aiuta anche gli altri, un cerchio perfetto nonostante il dolore e la malattia.

Continua fino al 13 febbraio 2011 la campagna a favore di Pronto Alzheimer

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