Suicidi: i media e l’emergenza che non c’è

par Voltaire
venerdì 11 maggio 2012

Come si sa molto spesso gli organi di informazione non si limitano a dare le notizie ma tendono a crearle. Lo scopo della stampa, che a volte sembra etero diretta da una regia occulta, non è quello di analizzare lo stato della società e di informare i cittadini con misura e dati analitici. Ciò di cui si occupa è montare casi, fare scoop, alimentare polemiche. Si ingigantiscono ansie e paure per autoprodurre storie da raccontare, emergenze da descrivere, riempire le pagine dei giornali che inesorabilmente condizionano ed indirizzano il dibattito politico. Siamo passati dall’emergenza immigrati alle pandemie, dal virus della mucca pazza alle rapine in villa, dall’assalto dei pitbull assassini al proliferare dei casi di omicidi suicidi. Dal baco del millennio, alla psicosi da nube nucleare. Si è parlato molto di terribili casi di cronaca, cercado di scovare i punti in comune che rilevassero il disfacimento della nostra società, iniettando sistematicamente l’idea di una nuova crisi, dell’ennesima emergenza dell’ennesimo caso si cui parlare, sparlare e scrivere.

Oggi il tema all’ordine del giorno è la relazione tra crisi e suicidi. Non la depressione, non la malattia in generale, non il disagio sociale oggi quello che dovrebbe far paura è la crisi che si impadronisce di noi stessi e ci annienta. Il declino che viviamo non genera solamente la perdita di numerosi posti di lavoro, la chiusara di molte attività ma anche la morte di inermi lavoratori ed imprenditori. Quello che un tempo era un’esclusiva della peste e delle carestie oggi viene svolto magistralmente dalla crisi che da finanziaria, economica e sociale. Ma è tutto vero? Non c’è in quello che viene descritto dalla stampa un volontà di drogare la notizie, di drammatizzarle più del dovuto? Non assistiamo ad una sottile voglia di plasmare la realtà secondo le convenienze di chi manovra l’informazione o meglio le notizie?

Il momento che stiamo vivendo è sicuramente devastante, falcidia spreanze, sogni ma anche capitali umani ed economici, ma non è superficiale registrare l’entità della crisi a secondo dell’incremento del numero dei suicidi che avvengono in questi mesi?

Non è più probabile che si tenda a pompare la situazione per creare il caso, dimenticandosi di scovare le cause e proporre delle soluzioni adeguate al problema?

Anche secondo un’analisi del sito Wired la relazione tra stallo economico e suicidi non sarebbe così diretta. Secondo Wired "i dati, partendo dalla cronaca delle 38 morti raccontate negli ultimi giorni, presentano una realta' diversa: nel 2012, per ogni giorno si contano 0,29 suicidi per motivi economici, contro lo 0,51 del 2010 e lo 0,54 del 2009. Nessuna emergenza suicidi, quindi. Secondo l'ultima indagine Istat, riportata da Wired, nel 2010, si contano 3.048 suicidi, di cui 187 per motivi economici”.

Una delle cause di questa situazione provoca nell’agone politico effetti quasi surreali. I partiti politici invece di trovare delle risposte serie ed unitarie per incrementare lo sviluppo e superare dignitosamente la situazione attuale si rinfacciano le responsabilità sulle morti che qualcuno comincia a chiamare “morti di Stato”.

Il Pdl che in questioni di comunicazione e di propaganda politica non vuole essere secondo a nessuno ha presentato una interrogazione parlamentare che chiede a Monti di chiarire il suo pensiero della connessione tra crisi e suicidi. Secondo i 42 firmatari dell’interrogazione è «un dovere etico e politico» per il premier spiegare il significato della frase «conseguenze umane» della crisi e a chi ne riferisse le cause.

Secondo alcuni è colpa del governo Berlusconi, secondo altri e colpa dell’Europa secondo altri ancora è colpa della sinistra, c’è chi dice che il colpevole e la finanza c’è chi dice che e stato il Fondo Monetario Internazionale. Forse è colpa di tutti. Forse non è colpa di nessuno. Sicurmante il capitalismo non è un sistema perfetto. Porta con sé delle disfunzioni che ciclicamente mietono vittime innocenti.

Una cosa, però, è certa, che il capitalismo e l’Europa vanno riformati. Sarebbe molto più produttivo però chiedersi come fare a superare la crisi, invece di domandarsi quante morti questa situazione provoca, con l’unico intento di rinfacciarsi l’un l’altro le altrui inadeguatezze. Nel classico tragico gioco della politica italiana.

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