Sudan, ecco come il conflitto è alimentato da armi cinesi esportate dagli Emirati
par Riccardo Noury - Amnesty International
lunedì 30 giugno 2025
GB50A, bombe guidate prodotte da Norinco Group, un’azienda di stato cinese conosciuta anche come China North Industries Group. Vendute agli Emirati Arabi Uniti e da questi esportate in Sudan, dove sono state usate con effetti devastanti sulla popolazione civile, anche in Darfur, dove vigerebbe in teoria un embargo stabilito da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Analizzando fotografie e video, Amnesty International ha rivelato che queste armi sono state usate dai paramilitari delle Forze di supporto rapido, che dall’aprile 2023 sono impegnate in un conflitto mortale, che ha causato decine di migliaia di morti e 12 milioni tra sfollati interni e rifugiati, con l’esercito regolare.
Usate, come ha denunciato Amnesty International, il 9 marzo in un attacco contro la città di al-Mahla, nel Darfur del Nord. Sul terreno, oltre a 13 morti e decine di feriti, sono rimasti frammenti di una GB50A prodotta da Norinco nel 2024 e sganciata da un drone a sua volta cinese.
Le Forze di supporto rapido sono dotate di droni cinesi, Wing Loong II e FeiHong-95, entrambi forniti dagli Emirati.
È l’ennesima prova che gli Emirati hanno un ruolo importante in questa guerra. Il Sudan, le cui forze armate hanno comunque grandi responsabilità, ha denunciato gli Emirati alla Corte internazionale di giustizia per complicità in genocidio.
E che dire della Cina? Come gli Emirati, è uno stato vincolato al rispetto del Trattato sul commercio di armi ma continua a esportarle lì, sapendo bene che andranno ad alimentare qualche conflitto nel mondo, ad esempio in Libia.