Stragismo: il peso della memoria

par Rosario Grillo
lunedì 23 luglio 2012

La memoria è una risorsa che dona aiuto o un peso che schiaccia?

["Così fu" - così si chiama il digrignar di denti della volontà e la sua mestizia più solitaria. Impotente contro ciò che è già fatto, la volontà sa male assistere allo spettacolo del passato]. (Nietzsche - Così parlò Zatathustra)

Ho scelto di citare Nietzsche per mettere in risalto la "crisi" che la memoria, legame al passato, può creare nell'uomo. Comunque, dalla memoria riceviamo sollecitazione a chiarire il nostro presente e ad improntare il futuro.

La memoria di chi, come me, ha superato i sessanta, purtroppo, è un vaso pieno di "occasioni mancate", di "speranze tradite", di "impegni non rispettati". Non mi riferisco alla mia biografia, ma a quella della nazione.

La storia dell'Italia non ha risparmiato occasioni, dalla bomba di piazza Fontana (1969) al ciclo intero della strategia della tensione, dai misteri del delitto Moro alla morte del generale Della Chiesa, alla tragica "doppietta" dell'attentato ai giudici Falcone e Borsellino.

Dagli anni della mia gioventù al momento dell'avvio dela mia professione d'insegnante (1971).

Compenetrato nel ruolo di funzionario dello Stato, spiegavo ogni volta ai giovani il senso degli eventi: attacco allo Stato, necessità della tenuta democratica, partecipazione corale per testimoniare e respingere l'aggressione ora mafiosa ora terrorista.

Dall'archivio della mia memoria: rapimento Moro. In quel giorno, assemblea spontanea: sento ancora nelle mie orecchie gli appelli in favore della fermezza dello Stato, l'impegno di tutti proteso a chiarire i retroscena e a raggiungere la verità.

Morte del generale C.A. Della Chiesa: assemblea studentesca, con cineforum (film di G. Ferrara - Cento giorni a Palermo). Necessità impellente di riconoscere la natura di antistato della mafia, obbligo etico-politico di mettere a segno il colpo mortale alla mafia.

Purtroppo era l'inizio - ma già era avvenuta l'uccisione, per mano della mafia, di Pio La Torre - di una sequenza, senza soluzione di continuità, culminante nei tragici fatti di maggio-luglio 1992.

1992: l'anno, in cui esordiva Mani Pulite. Venivano a galla i "nodi al pettine" della "democrazia sorvegliata" italiana, dopo lo scongelamento degli equilibri forzati della guerra fredda (1989: crollo del muro di Berlino; 1991: crisi russa e riunificazione della Germania).

Le ricostruzioni storiche più avvertite parlano apertamente dei molteplici condizionamenti alla dialettica della politica, al confronto aperto e leale dei partiti italiani. Un retroscena, che deve essere tenuto presente quando si analizza il capitolo, ricco di vari episodi, della partitocrazia italiana.

Un mio documento, distribuito alle classi subito dopo la strage di Capaci, segnalava il groviglio di certi accadimenti con la necessità di vigilare al fine di tutelare le sorti della democrazia italiana. Ed insieme, l'urgenza di una pronta risposta e dello svelamento di tutta la verità.

Non solo non venne un'adeguata risposta, ma "scandalo che grida vendetta", giungeva, di lì a poco, l'uccisione del giudice Borsellino.

Depistaggio, manovre dei servizi deviati, occultamento della verità.

Faticosamente oggi la magistratura cerca di venire a capo delle trame di un accordo segreto, che parte dello Stato ha sottoscritto con la mafia.

Che terribile onere per la memoria individuale e collettiva!


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