Strage di Bologna. La pista palestinese e il caso Thomas Kram

par Emanuele Midolo
venerdì 2 agosto 2013

“Un revisionismo strisciante”, come lo ha definito il Presidente dell’Associazione familiari delle vittime, Paolo Bolognesi; “un teorema dalle gambe corte” oppure, senza mezzi termini, “l’ennesimo depistaggio”?

Quella della cosiddetta “pista palestinese” riguardo la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 è un’ipotesi venuta alla luce durante le indagini della “Commissione Mitrokhin” tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000. La Commissione d’Inchiesta, che ha avuto per oggetto “l’attività svolta dal KGB in Italia e, in particolare dagli uffici di Roma”, non ha - come hanno scritto gli stessi membri nella relazione di minoranza - “alcun collegamento con l’esecuzione della strage di Bologna”. Eppure la relazione finale di maggioranza contiene un lungo capitolo dedicato al massacro, curato dai consulenti Lorenzo Matassa e Gian Paolo Pellizzaro.

I due, già giornalisti del mensile Area (fondato dall’allora senatore di Alleanza Nazionale Marcello De Angelis, ex militante del gruppo di estrema destra “Terza Posizione”, nonché fratello di Germana, moglie di Luigi Ciavardini, condannato in via definitiva come esecutore materiale della strage) hanno condotto lunghe indagini che miravano espressamente alla riapertura dell’inchiesta e alla messa in discussione dei processi che, dopo ben cinque gradi di giudizio, hanno portato alle condanne definitive di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Ciavardini.

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Una lunga ricerca che - però - non è stata condivisa nelle sue conclusioni neppure dallo stesso Presidente della commissione Mitrokhin, il senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti. Intervistato dal giornalista Riccardo Bocca, Guzzanti ha dichiarato di non sposare l’ipotesi internazionale “perché la motivazione è fragile. C’è una sproporzione tra il movente e la strage”.

A dare manforte a Pellizzaro & Co. è stato invece il parlamentare di Fli (ora Pdl) Enzo Raisi, anch’egli convinto dell’innocenza dei neofascisti dei Nar: a mettere la bomba nella stazione sarebbero stati terroristi internazionali vicini al Fronte per la Liberazione della Palestina, come ritorsione per l’arresto di uno studente palestinese, Abu Anzeh Saleh, sospettato di traffico d’armi in Italia. 85 morti, 218 feriti per l’arresto di uno studente. È questa la “sproporzione tra movente e strage” di cui parlava Guzzanti.

I segugi della Mitrokhin hanno continuato a indagare la pista palestinese ben oltre la conclusione dei lavori della commissione. Gli sforzi maggiori si sono concentrati particolarmente sui trascorsi di un militante politico tedesco, Thomas Kram, presente a Bologna la mattina del 2 agosto 1980.

Kram, 65 anni, originario di Berlino, è stato condannato in passato per appartenenza ad un’organizzazione clandestina, le Revolutionäre Zellen, “Cellule Rivoluzionarie”. A differenza della Rote Armee Fraktion, la sanguinaria banda armata di Andreas Baader e Ulrike Meinhof, le RZ “riuscirono a sottrarsi alla spirale militarista che portò altri gruppi al continuo inasprimento del ‘livello di scontro’”, come scrive Guido Ambrosino sul sito del circolo del Manifesto di Bologna. Specializzate in sabotaggi, simbolici e altamente spettacolari (gliene sono stati attribuiti 186, dal 1973 al 1993), impegnate in una “guerriglia diffusa” ma non violenta, le RZ aspiravano a portare avanti il Movimento senza ricorrere necessariamente alla “critica delle armi”. “Non siamo in guerra, ma all’inizio di una lunga lotta per convincere la gente”, recitavano i loro volantini.

Militante storico dell’ultrasinistra tedesca, Thomas Kram non aveva, nel 1980, procedimenti a suo carico. Indagato nel 1978 per sospetto favoreggiamento delle RZ, viene prosciolto l’anno successivo. Il primo provvedimento di cattura emesso nei confronti di Kram viene firmato il 19 dicembre 1987. La condanna di cui abbiamo detto risale ai primi anni del 2000, dopo le rivelazioni di un pentito, Mohamad Ali Mousli, che accusa Kram di aver fatto parte del direttivo delle RZ. Kram sarebbe stato il “principale estensore dei documenti di posizione politica del gruppo”, nonché “uno degli specialisti” nella falsificazione dei documenti. Proprio questo particolare che ha portato, tra gli altri, alla condanna in Germania a 2 anni (con sospensione della pena) per terrorismo, è il granello di sabbia che fa inceppare l’ingranaggio del teorema accusatorio costruito da Raisi e soci. Un teorema che ha portato all’iscrizione di Kram nel registro degli indagati della procura di Bologna insieme alla connazionale Christa Margot Frölich (di cui parleremo in seguito).

Di cosa è accusato Kram. Basandosi su documenti desecretati della Stasi, l’ex servizio segreto della Germania Est, (gli stessi documenti giudicati “inattendibili” dalla magistratura tedesca) il gruppo che fa capo a Gian Paolo Pellizzaro e Gabriele Paradisi ha ricostruito i movimenti di Thomas Kram tra Italia e Germania nel luglio/agosto ’80. Spostamenti “sospetti” che, secondo i giornalisti di Libero Reporter, confermerebbero l’appartenenza di quest’ultimo al famigerato “gruppo Carlos”, l’Organizzazione dei Rivoluzionari Internazionali guidati dal terrorista venezualeano Ilich Ramirez Sanchez, alias “lo Sciacallo”. A detta loro, la presenza di Kram a Bologna l’1 ed il 2 agosto 1980 confermerebbe l’ipotesi della rappresaglia palestinese compiuta dall’ORI su mandato del FPLP. Un “segreto” questo, “il più impenetrabile e meglio custodito sui fatti del 2 agosto 1980”, come scrivono Paradisi, Pellizzaro e François de Tonquédec in un articolo del 10 settembre 2011 (l'articolo sembra esser stato rimosso, Ndr).

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Peccato che la presenza di Kram a Bologna fosse già nota alle autorità italiane in quel mese di agosto del 1980, come spiegava bene la relazione della commissione di minoranza della Mitrokhin. Kram ha vissuto in Italia dal settembre 1979 al marzo 1980, a Perugia, per frequentare un corso d’italiano all’Università per stranieri del capoluogo umbro. I suoi spostamenti erano controllati dal 1979 proprio per il sospetto di appartenenza a gruppi terroristici tedeschi: “I viaggi e i contatti di Kram sono di un interesse particolare per le misure di sorveglianza”. Il 14 marzo, scaduto il permesso di soggiorno per studio, Kram lascia l’Italia e viene iscritto nella “rubrica di frontiera formula 5 et 6/R”. Si trova sotto regime di “attenta vigilanza” da parte delle forze dell’ordine italiane: ogni suo spostamento successivo su suolo italiano viene dettagliatamente monitorato, i suoi contatti segnalati.

Kram torna in Italia il 1° agosto 1980 con il rapido 307 delle 12:08 da Karlsruhe a Milano. Fermato alla frontiera di Chiasso e perquisito, esibisce come documento la sua carta d’identità. Arrivato a Bologna la sera stessa, alloggia all’albergo Centrale dove si registra con la propria patente di guida. Riparte da Bologna il giorno dopo, come ha dichiarato recentemente in una lettera pubblicata dal Manifesto.

Thomas Kram, “esperto falsificatore”, viaggia con i suoi documenti ufficiali, una pratica inusuale per un terrorista che sta per organizzare la strage più sanguinaria degli anni di piombo. Negli anni ’80, la ORI di Carlos (di cui Kram avrebbe fatto parte) aveva a disposizione 140 passaporti di svariate nazionalità e oltre 600 timbri contraffatti, come testimoniato dagli atti della stessa Commissione Mitrokhin. Se Kram era davvero in missione per conto dello Sciacallo, per quale motivo non viaggiava sotto falsa identità?

Gli accertamenti sul conto di Kram, come di altre 1040 persone - soprattutto di nazionalità straniera - che hanno soggiornato a Bologna in quei giorni vengono compiute nelle ore immediatamente successive alla strage. Già il 7 agosto il questore di Bologna comunica alla Digos e al Ministero dell’Interno la presenza di Kram in città. Le verifiche si chiudono il 16 agosto 1980. Agosto millenovecentottanta. Dove sta il segreto impenetrabile?

Kram non è mai stato collegato al gruppo Carlos. In nessuna delle inchieste condotte sul conto di Ilich Ramirez Sanchez compare il nome di Thomas Kram. La sua presunta appartenenza all’ORI è un’invenzione tutta italiana. Un teorema che non sta in piedi; la procura di Bologna dovrebbe tenerne conto.

 

Foto in home: Surreal Name Given/Flckr


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