Storie di Baarìa

par Bernardo Aiello
lunedì 28 settembre 2009

La famiglia del vostro reporter, dal lato materno, è originaria di Bagheria, la città che da il titolo all’ultimo film del regista Giuseppe Tornatore, Baarìa (già al primo posto in classifica con 2.105.181 euro d’incasso). Un film da non perdere, un film di difficile comprensione per chi non conosce il dialetto siciliano, ma che avrebbe persa tutta la sua coerenza se parlato diversamente.

 

La nonna Anna di Bagheria apparteneva alla famiglia Amari, che aveva un grande capannone dove si costruivano carretti di legno. Un tempo, prima della motorizzazione e del diffondersi dell’Ape prodotta dalla Piaggio (in dialetto siciliano la lapa) l’ambulante della frutta aveva un asinello che tirava un carrettino di legno, con le sponde vivacemente colorate con le figure dell’Opera dei Pupi, per intenderci Orlando, Rinaldo e così via. E gli Amari producevano proprio questi carretti. Oggi i “carretti Amari” possono essere ammirati dai turisti nel museo di Bagheria.

A quel tempo si sognava molto con la magia del cinema; e, le donne, con i giornalini femminili: la zia Enza andava a scuola a piedi e, con il soldi del tram così risparmiati, se li comperava.

La netta separazioni dei sessi, che il film di Tornatore ci mostra nel ballo, regnava sovrana anche a scuola. Classi mono-sesso e campanelle differenziate alla fine delle lezioni, prima i ragazzi e poi le ragazze; e l’arcigno vice-preside aveva il suo bel daffare a cacciar via i maschietti che si attardavano.

Vi era anche la mafia, come nel film. Ogni tanto qualcuno di lor signori sceglieva un calesse nel capannone degli Amari, diceva ”chistu è pi’ mia” e se lo portava via senza pagare.

Una delle sorelle della nonna Anna, all’età di quattordici anni (frequentava il ginnasio) divenne oggetto del desiderio di uno di loro, ma lei non era d’accordo perché aveva già un moroso. Fu adottata, allora, una misura draconiana : fu ritirata dalla scuola. Ed il matrimonio col moroso, incredibile ma vero, non venne officiato in chiesa, ma in casa. Una storia degna dei Promessi Sposi.

Quando arrivò il prefetto Mori, lor signori capirono subito che l’aria si era fatta pesante e si diedero alla latitanza ; ma il prefetto Mori fece arrestare le loro mogli e loro immediatamente si consegnarono. «Quel giorno - raccontava nonna Anna – nella casa nostra e nelle case delle persone per bene, tutti gioimmo».

Oggi tante cose sono cambiate: non si sentono più nell’aria gli inebrianti profumi della zagara e del gelsomino perché i terreni, in un modo o nell’altro, sono finiti nelle mani della speculazione edilizia ; spariti asinelli e cavalli, il traffico automobilistico regna sovrano; mafiosi di rango e mafiuseddi adesso hanno altri interessi, magari si occupano di politica, di elezioni, di pubbliche commesse.

Siamo andati avanti oppure indietro? Chissà! Forse ce ne siamo andati per traverso, un po’ per i fatti nostri, cercando di trovare nel progresso la soluzione ad antichi mali (e, per favore, che nessuna mosca cocchiera sogni di poter menar vanto di aver sconfitto la mafia, la quale, peraltro, non ha alcuna voglia di farla finita e di mettersi da parte).

Quello che, sicuramente, non è cambiato è il desiderio di sognare, magari al cinema, magari vedendo un bel film di Giuseppe Tornatore.


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