Stop alla caccia alle streghe in Nigeria #stopthewitchhunt
par UAAR - A ragion veduta
sabato 16 novembre 2013
In Africa è purtroppo ancora diffusa la credenza che alcune persone possano essere “streghe” o “maghi”. A farne le spese soprattutto le donne sole e i bambini, che subiscono ostracismo, angherie e abusi. Come denunciano puntualmente le associazioni umaniste africane. Certi retaggi superstiziosi legati alle culture locali vengono rinverditi anche a opera delle congregazioni cristiane più integraliste, che fomentano vere e proprie persecuzioni.
Recentemente, alcuni gruppi impegnati per i diritti umani hanno avviato una campagna di sensibilizzazione per fermare la caccia alle streghe in Nigeria. Nello stato del Cross River una santona evangelica locale, la cosiddetta “apostola” Helen Ukpabio, ha lanciato infatti una crociata contro le streghe. La donna, personaggio religioso di spicco nell’area e a capo della Liberty Gospel Church, ha chiamato a raccolta i fedeli a Calabar per una settimana di ministero rivolto alle “vittime” dei maghi.
Con la sua propaganda lady Ukpabio, pure tramite libri e film, diffonde la credenza che i bambini possano essere posseduti dal diavolo e compiere malefici. Come rilevato da Gary Foxcroft, direttore del Witchcraft and Human Rights Information Network, nei suoi testi persino sintomi di malattie molto diffuse in quelle zone (quali la malaria) sono ritenbambini uti segni di possessione. E per “curarli”, denuncia l’avvocato James Ibor, ci si trova di fronte a casi di costretti a bere intrugli velenosi, unti d’olio o ustionati con ferri arroventati. Sebbene tali pratiche siano condannate dal codice penale, le autorità non intervengono temendo di inimicarsi questi gruppi religiosi molto visibili e influenti.
Alcune associazioni che tutelano i diritti dell’infanzia hanno anche segnalato abusi e persino uccisioni di piccoli “indemoniati”, fomentati della sua Chiesa. La santona aveva fatto causa nel 2010 a Leo Igwe e altri attivisti, procedimento poi rigettato dalla Corte suprema di Calabar. La donna aveva sostenuto che questi, nel denunciare i fatti anche tramite conferenze, violassero il suo diritto di proclamare il Vangelo e aveva chiesto un risarcimento di 200 miliardi di naira (circa 1,3 miliardi di dollari). Proprio Igwe, rappresentante per l’Africa occidentale della International Humanist and Ethical Union, esperto del fenomeno, e studente di un corso di dottorato sul witch-hunting in Germania, durante una conferenza a Calabar nel 2009 era stato aggredito, tra inni e invocazioni, da una folla di fedeli esagitati accorsi per boicottarlo.
Non accade purtroppo solo in Nigeria, ma in varie zone dell’Africa, come documentato dagli umanisti. A rischiare anche altre categorie come gli albini, emarginati e talvolta uccisi per ricavare amuleti e pozioni dai loro corpi. George Thindwa, rappresentante della Association for Secular Humanism nel Malawi, è anch’egli attivo contro la caccia alle streghe, tanto da essere arrestato nel 2011 per essere intervenuto in soccorso di alcune anziane accusate di compiere malefici.
Un fenomeno, dunque, che miete ancora tante vittime. Una diffusa violazione dei diritti e della dignità che si nutre di superstizione e integralismo e che contribuisce ad aggravare la situazione già precaria di certi paesi poveri.
L’Iheu, di cui fa parte l’Uaar, e le altre realtà attive nella campagna invitano alla mobilitazione tramite i social network usando il tag #stopthewitchhunt per sollecitare le autorità a intervenire contro la caccia alle streghe di lady Ukpabio.
Si può contattare il governatore del Cross River State, Liyel Imoke, sul suo profilo personale di Twitter (@LiyelImoke) o su quello istituzionale (@crossriverstate) e su Facebook. Anche noi vi invitiamo a partecipare, perché a volte anche solo con un tweet dopo l’altro si possono mettere i governanti di fronte alle proprie responsabilità.