Stop Enel. Per un nuovo modello energetico, dalla parte della salute

par Giorgio Zintu
martedì 2 ottobre 2012

Parlando, a 50 anni dalla fondazione, di Enel, il colosso dell’energia presente oggi in 22 nazioni oltre l’Italia, si potrebbe citare la frase attribuita a Carlo V: “Sul mio impero non tramonta mai il sole”. Ma la particolarità è che il sole utilizzato per produrre energia, oggi, è poca cosa rispetto al carbone, spacciato per pulito. Un combustibile non proprio innocuo se continua ad essere al centro delle proteste non solo dei soliti ecologisti ma anche dei medici, in particolare quelli dell’ISDE, l’Associazione internazionale dei medici per l’ambiente che fanno riferimento agli studi epidemiologici, ignorati da Ministeri e ASL almeno sino a quando, come insegna l’ILVA di Taranto, non si prospetti una vera e propria emergenza sanitaria.

Una sintesi efficace di Enel la ritroviamo nel titolo “Civiltàvecchia” sulla prima pagina del Manifesto di ieri a commento dell’apertura nell’aula consiliare del comune di Civitavecchia della campagna nazionale e internazionale Stop Enel, promossa da associazioni italiane e di altri paesi. E in America latina si è rafforzata l’opposizione ai progetti che l’azienda italiana, direttamente o attraverso le sue controllate, come la spagnola Endesa, sta portando avanti in varie nazioni del continente. Emerge la superficialità con cui finiscono in secondo piano, nell’individuazione dei siti degli impianti, l’impatto ambientale su ecosistemi incontaminati e i diritti delle comunità locali che hanno sviluppato le attività economiche nel corso di secoli intorno a quei luoghi.

Giuseppe Onufrio Greenpeace Italia - Marzia Marzoli, No Coke Alto Lazio

Pur ignorate dall’informazione ufficiale, non sono state poche le proteste delle popolazioni locali contrarie ai progetti di centrali idroelettriche, tra cui la diga di El Quimbo in Colombia o del lago Neltume nel territorio della comunità Mapuche in Cile o anche quello di HidroAysen nella Patagonia cilena. E, a vedere i filmati proiettati durante l’assemblea, non è infrequente che queste manifestazioni vengano represse senza troppi riguardi dalle forze dell’ordine.

Ma nella manifestazione Stop Enel si delineano anche le responsabilità di Enel in Italia. Secondo Simona Ricotti del movimento No Coke Alto Lazio, la centrale TVN di Civitavecchia dopo essere stata riconvertita a carbone, contro il parere dell’87% dei cittadini, ha visto svanire l’occupazione delle poche centinaia di operai impegnati nel cantiere e lasciato a tutta la città un’eredità annuale di milioni di tonnellate di gas serra, 3450 tonnellate di ossidi di azoto, 2100 di anidride solforosa, 260 di polveri, 24 di sostanze altamente tossiche per la salute umana tra mercurio, arsenico, nichel, cadmio, cromo, vanadio. Queste emissioni mostrano, secondo gli ultimi studi epidemiologici, un incremento sensibile di patologie tumorali rispetto ai valori nazionali e regionali oltre che una dispersione degli stessi inquinanti sia in mare che sui terreni per decine di chilometri.

Stop Enel

Lo stesso Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, nel saluto alle associazioni impegnate in questa campagna, ha sottolineando come il carbone di Enel “killer del clima” (fatto naturalmente condiviso con altri produttori come Tirreno Power a Quiliano-Vado Savona) “costa un morto al giorno”. E’ questo il dato emerso dalla ricerca effettuata dalla società indipendente Somo presentata a Roma nel maggio scorso e per la quale Greenpeace è stata citata in giudizio, uscendone vittoriosa a luglio.

Per Onufrio oramai, come dimostra il Giappone che ha posto come obiettivo il 30% di energia proveniente da fonti rinnovabili e fine del nucleare entro il 2030, il sole e il vento sono in grado di produrre energia pulita e senza emissioni di inquinanti pericolosi, a differenza del carbone che risulta più conveniente solo per chi intende privatizzare i profitti e socializzare le perdite. Ma sul nuovo Piano energetico nazionale che conferma la strada intrapresa sullo sviluppo delle rinnovabili, Greenpeace critica le concessioni che consentirebbero di perforare in mare persino a 5 chilometri dalla costa, in zone a diretto contatto con aree marine protette, un grave pericolo per il Mediterraneo.

Ma, nonostante studi e pareri, gli effetti delle centrali a carbone continuano a produrre conseguenze gravi ovunque come testimoniano gli interventi di delegati provenienti dalla SpeziaBrindisiRossano Calabro Porto Tolle dove Giorgio Crepaldi conferma come un ricorso di Enel al Consiglio di Stato ha rimesso in moto la procedura di conversione a carbone della centrale Enel, nonostante il sito sia nel Parco del Delta del Po.

E non si salva in questo scenario neanche la centrale geotermica dell’Amiata visto che Roberto Barocci del Forum ambientalista grossetano denuncia la progressiva diminuzione dei livelli delle acque nelle falde acquifere sotto il Monte Amiata e rilancia l’allarme del comitato Sos Geotermia sul fatto che nei Comuni vicini agli impianti geotermici - Abbadia San Salvatore Castel del Piano, Santa Fiora, Arcidosso – si registra il 13% in più di mortalità, rispetto agli altri comuni della Toscana. Appare singolare come l’Azienda Regionale Sanitaria Toscana valuti le zone di ricaduta degli inquinanti “quasi del tutto non abitate”.

Insomma tutto sembra dimostrare che la presenza delle centrali oltre che dannosa per la salute delle persone, compromette, come ha chiarito Marzia Marzoli del Movimento No Coke di Tarquinia, le attività dell’agricoltura di qualità e del turismo d’arte su cui tradizionalmente si basa l’economia della Tuscia.

Insomma, l’Enel che da decenni con pubblicità, sponsorizzazioni o compensazioni economiche indirizza il consenso, sembra aver coalizzato una rete di associazioni che con Stop Enel, come spiegato nella pubblicazione “ENEL. Energia per chi? A quale costo?”, intendono promuovere un modello energetico alternativo con al centro diritti umani, difesa della salute dei cittadini e del territorio come bene comune. Esattamente il contrario di una visione industriale obsoleta dove la responsabilità sociale dell’impresa è solo un’operazioni di relazioni pubbliche.

E in questo scenario, ancora favorevole ad Enel, qualche problema per l’azienda sembra delinearsi sul terreno dei rapporti con gli enti locali. Infatti un segnale di attenzione alle richieste delle associazioni ambientaliste è arrivato dall’Assessore all’ambiente del Comune di CivitavecchiaRoberta Galletta, per la quale l’azienda deve adempiere a tutte le prescrizioni VIA a cui non ha ancora adempiuto.

Manifestazione davanti alla sede Enel, Aprile 2012
(Foto di Stop Enel)

C’è anche un ulteriore problema in arrivo per l’Enel perché nel corso del mese di ottobre è previsto il rinnovo dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) per la centrale TVN di Civitavecchia. E in vista di questo appuntamento l’assemblea di Stop Enel ha lanciato la raccolta firme per una petizione rivolta al Sindaco basata sui dati del rapporto di Greenpeace "Enel, il carbone costa un morto al giorno” e dai dati del “Rapporto 2011” da poco pubblicato dall’Osservatorio Ambientale che evidenzia un eccesso di mortalità nei residenti dell’area per tumore del polmone, della pleura, della trachea, dei bronchi, del fegato e del rene, nonché un eccesso di mortalità per infezioni acute delle vie respiratorie e per malattia dell’apparato genito-urinari.

Al Sindaco si chiede, tra i vari punti contenuti nella petizione, che pretenda il rispetto delle prescrizioni del decreto Via 680/2003 (realizzazione parco serbatoi, allontanamento scarico della pescicoltura, sistema di manipolazione carbone in depressione etc.), il rispetto dei limiti emissivi per il monossido di carbonio (CO), come attesi con l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili di 50 mg/Nm3; l’utilizzo di carbone con contenuto in zolfo non superiore allo 0,3%; la desecretazione e pubblicazione dei dati relativi al monitoraggio in continuo delle emissioni al camino.

Prossimo appuntamento della Rete Stop Enel: Firenze 


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