Stefano Cucchi e gli altri. Morire in carcere senza giustizia

par Francesco
venerdì 30 ottobre 2009

La morte di Stefano Cucchi, 31 anni, ucciso in carcere a Roma in un pestaggio di cui non si conoscono i colpevoli, e forse non si conosceranno mai, è purtroppo solo l’ultimo caso di una lunga serie. Le vicende più note sono quelle di Marcello LonziAldo BianzinoNiki Aprile GattiManuel Eliantonio. Persone arrestate per reati di minima gravità, incensurate o con piccolissimi precedenti, ammazzate o "suicidate" in prigione non si sa da chi, non si sa come, non si sa perché.

Quello che è certo è che sono entrati in prigione vivi e in buona salute e i loro corpi sono stati restituiti alle famiglie coperti di ferite e di lesioni che nessuno è stato in grado di spiegare. Ognuno di questi casi è diverso dagli altri. Niki era stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta su una frode informatica, Aldo per aver coltivato marijuana, Manuel per aver guidato sotto l’effetto di stupefacenti e aver tentato di fuggire. Ma il punto che li accomuna tutti è che non c’è una sola valida ragione al mondo che giustifichi la loro morte in carcere. Non erano pericolosi criminali, al massimo persone normali che hanno fatto uno sbaglio o hanno frequentato le persone sbagliate. E purtroppo le loro storie sono solo la punta dell’icebergdi una situazione di illegalità e di abusi che nelle nostre carceri è molto diffusa. 


Il sovraffollamento ne è in parte responsabile, effetto di due pessime leggi. Una è la Bossi-Fini, che rendeva clandestini gli immigrati appena perdevano il lavoro o lavoravano in nero, aggravata dal recente "decreto sicurezza" che rende effettivamente criminali gli irregolari. Infatti gli immigrati morti in carcere o in custodia sono innumerevoli, ma a nessuno importa perché a differenza dei casi sopra menzionati loro non hanno quasi mai una famiglia in Italia che possa chiedere giustizia. In 9 anni nelle carceri italiane i morti sono stati più di 1500, più di un terzo classificati come suicidi. E’ molto raro che su queste morti ci siano inchieste serie per stabilire se si tratta davvero di suicidi e di morti accidentali. Un’altra legge che uccide è la Fini-Giovanardi, che prevede l’arresto e il carcere per il possesso di quantitativi anche minimi di droghe, leggere o no. Tante persone che non costituivano un grave pericolo per la società e avrebbero potuto essere aiutare e recuperate si sono uccise in carcere negli ultimi anni. 

Le leggi "dure" e "cattive" non possono avere risultati buoni. Il risultato che ottengono è quello di uccidere persone che magari hanno commesso degli errori, ma non per questo meritavano la morte. E alla fine dei conti sono le persone normali che subiscono davvero le leggi "dure" e la pessima situazione delle carceri italiane. I criminali davvero violenti e pericolosi, visto che quasi sempre diventano "famosi" sui giornali e nelle tv, non vengono mai uccisi e pestati in carcere. I politici in carcere non ci vanno mai, anche se corrompono, minacciano, fanno affari con la mafia e sniffano fiumi di cocaina. E così abbiamo un Italia in cui i veri criminali sono fuori o comunque se la passano meglio di chi ha commesso reati minimi, che non dovrebbe essere accomunato ai violenti e agli assassini. 
Tutto normale, in un paese in cui il reale stato della "sicurezza" è pessimo perché la politica da anni non ha fatto altro che togliere fondi alla polizia, ostacolare la giustizia e attaccare la magistratura per proteggere i suoi privilegi di casta corrotta e criminale.


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