Stanno tutti tirando la corsa a Silvio Berlusconi. Ma perché?

par paolo
venerdì 1 febbraio 2013

Sta succedendo un fenomeno curioso che investe tutti i media televisivi. Un fenomeno così evidente, così smaccato che non può non destare, vista la quasi totale omogeneità dei comportamenti, legittimi sospetti.

Si chiama compiacenza o accondiscendenza, ed il soggetto fruitore di tale ampia disponibilità mediatica, udite bene, è proprio Silvio Berlusconi. Provate altrimenti a dare un senso logico a tutte le trasmissioni che affollano i palinsesti televisivi, non solo ovviamente RAI e Mediaset (che è del tutto scontato), ma anche SKY e La7, oltre alla pletora di emittenti locali disseminate su tutto il territorio nazionale, e poi ditemi se la mia è un'impressione sbagliata .

Che in Italia mancasse un "giornalismo", nell'accezione propria del termine, è cosa arcinota: lo dimostra la penosa tiratura dei quotidiani, che se non fosse per i lauti contributi pubblici - altro capitolo oscuro della spesa pubblica che andrebbe riformato - avrebbero già per una buona parte chiuso i battenti da un pezzo.

In questo caso si giustifica il tutto dicendo che gli italiani "leggono poco"; ma leggere di che, e di cosa? Dov'è il giornalismo di inchiesta che suscita l'interesse, che scuote le coscienze, che disvela i misteri? Invece siamo alla calma piatta, alla sparata faziosa secondo la testata che fa riferimento a tizio piuttosto che a caio.

In questo clima "normalizzato" persino "Striscia la notizia" o le inchieste delle "Iene" passano dal livello di puro cabaret (che sarebbe il loro alveo normale) a quello di "giornalismo d'inchiesta". Al limite si potrebbe citare "Report" di Milena Gabanelli come esempio, ma nel complesso siamo al minimo sindacale e manca comunque quel quid in più che determina il salto di qualità sul piano dell'informazione.

A prescindere quindi dal contesto giornalistico generale certamente non edificante, sto assistendo, con sempre più preoccupazione, alla strabordante passerella televisiva del pimpante e rigenerato Silvio Berlusconi e dei suoi più stretti collaboratori, da Alfano in veste di ipotetico ed improbabile candidato premier per il PDL all'ineffabile ed arrogante Brunetta, l'economista il cui ego smisurato è inversamente proporzionale alla sua statura fisica. A completare il quadro dell'occupazione televisiva, gli alleati di sempre, ovvero il leghista Maroni in testa, ma anche quel Matteo Salvini che sempre di più si identifica come una autentica "faccia di bronzo" per la facilità con la quale nega anche l'evidenza più acclarata.

La morale è semplice, due partiti, ossia PDL, Lega ed i loro referenti (Silvio Berlusconi, Alfano e Maroni, Bossi con annessi e connessi) in virtù di quello che hanno combinato nei dieci degli ultimi quindici anni di governo, vedi gli scandali sul piano etico e morale sia personali che politici e forse - questo saranno i magistrati a stabilirlo - anche su quello penale, dovrebbero passare col capo chino sotto le forche caudine di giornalisti intransigenti che li scorticano letteralmente vivi e che non gli consentono di sfuggire alle loro responsabilità confidando sulla nota memoria corta degli italiani.

E invece accade l'esatto opposto: tutti e persino Santoro, nella famigerata puntata di "Servizio Pubblico" con Berlusconi, mostrano una cautela, un conformismo ed un approccio così soft che nella maggior parte dei casi sconfina nell'accondiscendenza acritica, così evidente da lasciare veramente sbalorditi.

Angelino Alfano spiattella le sue ricette salvifiche per l'Italia, dal taglio dell'IMU al rilancio dell'occupazione, dall'abbattimento fiscale al taglio della spesa pubblica, accusa Mario Monti di avere portato il paese allo sfacelo (record mondiale in poco più di un anno) mentre prima tutto era tutto rose e fiori. E il conduttore o il giornalista invitato di turno che fa? Al massimo balbetta "ma perché allora non l'avete fatto quando eravate al governo?", obiezione che scorre via liscia come l'acqua, dal momento che il prode Angelino non degna della minima considerazione l'improvvido intervistatore e tira avanti dritto come un fuso nella declarazione di promesse che dovrebbero indurre il giornalista, per un minimo di coerenza professionale, a stopparlo e pretendere una risposta sul punto. 

E guardate che questo sta avvenendo su emittenti televisive come La7 e SKY che, in teoria, dovrebbero essere alternative al duopolio RAI-Mediaset dove determinate performance sono, per ovvi motivi, scontate. Non sorprende che Bruno Vespa o Massimo Giletti o Gianluigi Paragone, per non parlare di Barbara D'Urso, camminino sui carboni ardenti quanto in gioco c'è il cavaliere. Fa invece specie vedere anche Michele Santoro, Giovanni Floris o Gad Lerner intrattenersi im maniera liscia e scorrevole con personaggi che dovrebbero essere messi alla berlina o quantomeno posti, senza scorciatoie di bon ton, di fronte alle loro pesanti responsabilità (costate lacrime e sangue a gran parte dei cittadini italiani, se non a tutti).

La domanda che mi pongo allora è perché tutto questo sta succedendo.

La risposta non può che essere una sola: al netto della ruffianeria giornalistica, magari con un occhio allo "share" del momento, purtroppo duole ammetterlo, Silvio Berlusconi è ancora una risorsa per questo paese. Insomma non convince il Bersani che si accoppia (politicamente parlando) con Vendola, così come non convince il rigorismo economico e finanziario di Mario Monti associato ad un profilo etico e morale personale che è distonico rispetto a quello dell'italiano medio. Restano i "movimenti", da Grillo a Ingroia, che però sono confinati in una quota sociale endemica classificata come "area di protesta", spesso sfociata nell'astensionismo o nella scheda nulla. A ribadire la spinta mediatica a favore del centrodestra, a trazione, Berlusconi, il continuo e martellante riferimento ai sondaggi in crescita che giorno dopo giorno consolidano quella che ormai viene definita "la rincorsa elettorale" di Silvio.

Insomma, bisogna prendere atto che Silvio Berlusconi, piaccia o no, è il politico più congruo alle aspettative dell'italiano medio, insofferente delle regole e delle leggi, tendenzialmente evasore fiscale, e che pone i principi etici e morali in subordine nella sua scala di valori. Scala che vede, al primo posto, il proprio tornaconto personale. Il Pdl, o Popolo delle libertà, è espressione di tutte le libertà, intese nel termine più estensivo del significato, e Silvio ne è il garante unico.

Del resto la strategia comunicativa adottata dal cavaliere è semplice ma efficacissima nello stesso tempo e consiste nel colpire gli obiettivi ad uno ad uno con sistematica precisione.

Ci sono gli incazzati per l'IMU, allora via l'IMU, ci sono i precari, i disoccupati e gli esodati, allora vai con il rilancio dell'economia e via la riforma Fornero, parte lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena che sta trucidando il PD e allora stop alle fondazioni bancarie (a suo tempo nei sogni di Maroni) e azzeramento dei prestiti alle banche. Poi naturalmente il messaggio alle donne, che è un cavallo di battaglia tradizionale di Silvio, ai cattolici e alle politiche di sostegno della famiglia, quindi un'ammicatina alla destra nostalgica nella giornata delle celebrazioni delle vittime del nazifascismo con un giudizio su Mussolini che ha fatto inorridire il mondo intero e infine, tanto per rastrellare anche i voti dei milanisti, il colpo di mercato del Milan ovvero l'acquisto di Mario Balotelli, ripetizione della famosa promessa di tenere Kakà per poi cederlo subito dopo le elezioni.

Una strategia mediatica dirompente che stravolge ogni realtà, che mistifica i fatti, e che cancella la memoria recente di un popolo portato sull'orlo del baratro. A contrapporsi, una classe giornalistica che invece di incalzare sulle questioni pretendere il rispetto della verità dell'informazione, esercita lo "struscio" senza un minimo di dignità professionale.

In fondo Silvio, diciamoci la verità, fa comodo a molti, perché quando proclama i suoi intenti di lotta alla mafia, alla corruzione politica e all'evasione fiscale suona come un segnale tranquilizzante. Se le stesse cose le dice Mario Monti è allarme sociale. Sull'altra sponda c'è Bersani, che, come da consolidata tradizione della sinistra italiana, sta mettendo tutto se stesso e le risorse del partito per perdere elezioni che molti, anzi troppi osservatori, davano per stravinte.

Evidentemente non avevano fatto i conti con il cavalier Silvio Berlusconi e con il popolo italiano.


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