Squinzi: facciamo sacrifici tutti insieme appassionatamente. Ma tutti chi?
par Lionello Ruggieri
sabato 20 ottobre 2012
La ricetta di Squinzi-Confindustria propone sacrifici per i lavoratori e nessun impegno per gli imprenditori, neanche quello di utilizzare per le loro imprese i 105 miliardi rientrati con lo scudo fiscale, quasi esentasse.
Squinzi, Presidente della Confindustria, ha parlato agli industriali e al popolo lavoratore dicendo che è il momento di lavorare tutti insieme e fare sacrifici per far uscire il paese dalla crisi, per generare crescita e più numerosi posti di lavoro.
In poche parole ha detto che dobbiamo tutti remare uniti per salvare la barca comune. E ha dato la ricetta per arrivare alla spiaggia della salvezza, ha spiegato in cosa deve consistere questo sforzo comune. Il progetto è stato presentato in accordo con l’Abi e tutte le altre principali organizzazioni imprenditoriali. Una cosa molto seria e ben ponderata.
Squinzi propone:
1 - aumento delle ore lavorative,
2 - riduzione dei permessi dal lavoro,
3 - trasformazione dei contratti dei lavoratori anziani in lavoro part-time,
4 - compenso ai lavoratori anche con partecipazione agli utili,
5 - ammissione del controllo a distanza sui lavoratori mediante mezzi audiovisivi.
Mi sembra che la proposta vada valutata con cura.
1 - aumento delle ore lavorative,
2 - riduzione dei permessi dal lavoro,
3 - trasformazione dei contratti dei lavoratori anziani in lavoro part-time,
4 - compenso ai lavoratori anche con partecipazione agli utili,
5 - ammissione del controllo a distanza sui lavoratori mediante mezzi audiovisivi.
Mi sembra che la proposta vada valutata con cura.
Punto 1. Dice Squinzi che l’aumento dell’orario di lavoro farà aumentare la produttività. Non posso dubitare della competenza del Presidente della Confindustria e, quindi, presumo che l’aumento dell’orario sarà senza aumento di retribuzione, perché in questo caso non ci sarebbe aumento di produttività, ma di produzione. Di una produzione che non si sa a chi vendere perché, ci hanno detto, la crisi deriva dal calo dei consumi, dalla riduzione di domanda. Quindi, aumentare l’orario di lavoro, comporta solo un aggravamento della situazione.
Punto 2. Stesso discorso vale per la riduzione dei permessi dal lavoro: è di nuovo aumento di una produzione che non si sa a chi vendere.
Punto 3. Nella direzione opposta sembra andare l’idea di trasformare il tempo pieno degli anziani in part-time, ma così non è perché è accompagnata da quella di assumere, contemporaneamente, giovani che, così, potrebbero inserirsi nelle aziende. Rimane da vedere con quale salario e, soprattutto, chi sarebbero questi giovani perché, se figli degli anziani dimezzati, potrebbero essere talvolta uno scambio accettabile per gli anziani, ma, se estranei, non si vede chi potrebbe spingerli ad accettare il sacrificio e anticipare il magro tempo della pensione.
Va inoltre considerato che, nel primo caso, accentueremmo l’uso del lavoro ereditario. E relativi danni.
Va inoltre considerato che, nel primo caso, accentueremmo l’uso del lavoro ereditario. E relativi danni.
Punto 4. Squinzi ha anche proposto di far partecipare i lavoratori ai risultati aziendali. Bontà sua, solo agli utili. Ma non ci ha detto in che modo, né in cambio di cosa: di una riduzione dello stipendio? Dell’abolizione dello straordinario? O come bonus di fine anno? O in aggiunta a quanto già percepito?
Personalmente temo che questo “regalo” non sarebbe a titolo gratuito.
Personalmente temo che questo “regalo” non sarebbe a titolo gratuito.
Punto 5. Infine, per una maggiore produttività (questa volta di questo si tratta), vorrebbe introdurre i controlli audiovisivi a distanza sui lavoratori.
Posso capire e non condividere il controllo visivo per sapere se e con quale ritmo il dipendente lavora, ma quello audio non ha ragione seria alcuna.
A che serve? A sentire il mugugno dei lavoratori? A scoprire chi propone scioperi o rivendicazioni? A capire le idee politiche e sindacali degli spiati per poi escluderli dal personale (Marchionne docet)?
Posso capire e non condividere il controllo visivo per sapere se e con quale ritmo il dipendente lavora, ma quello audio non ha ragione seria alcuna.
A che serve? A sentire il mugugno dei lavoratori? A scoprire chi propone scioperi o rivendicazioni? A capire le idee politiche e sindacali degli spiati per poi escluderli dal personale (Marchionne docet)?
Giornali e giornalisti in silenzio-assenso
Tutti i giornali hanno riportato le proposte di Squinzi. Io l’ho letta su La Stampa, su Il Corriere della Sera e su Italia Oggi, alla ricerca di un “ma” o di un “però”. Invece era semplicemente riportata, senza una critica, senza un commento. Quando non seguivano parole più o meno comprensive.
Nessun sindacato, che io sappia, ha alzato la voce o, almeno, mormorato contro tutto questo. Lavorare tutti insieme appassionatamente? Fare tutti dei sacrifici? Sì d’accordo. E’ cosa buona e giusta (forse), ma ha parlato solo dei sacrifici dei lavoratori, sacrifici economici, di libertà, di dignità, ma nulla ha detto di quelli degli imprenditori.
Nulla ha detto dei loro investimenti, almeno una cosa come la fanfaluca di Fabbrica Italia di Marchionne.
Non ha nemmeno dato una risposta al suo collega, dirigente confindustriale, che ha chiesto agli imprenditori di investire almeno i 105,5 miliardi di euro (al netto di imposte) rientrati con lo scudo fiscale. Dei quali, noto, gran parte sono nostri, sono le imposte che avrebbero dovuto pagare e non hanno pagato.
Se Confindustria, per bocca del suo Presidente Squinzi, vuol aumentare la produttività (e non, inutilmente, la produzione) spinga i suoi iscritti ad investire in macchinari nuovi, in tecnologia, in nuovi prodotti, in nuove tecniche organizzative e lavorative, in marketing e penetrazione di mercato. In ricerca di nuovi mercati.
In fondo l’unica cosa che oggi tira in Italia è l’esportazione. Nonostante la affermata non competitività della nostra economia.
In fondo l’unica cosa che oggi tira in Italia è l’esportazione. Nonostante la affermata non competitività della nostra economia.
E dopo, solo dopo potrà cominciare a chiedere sacrifici. Forse.
Squinzi poi dice quello che dice la destra, il centro la sinistra e il governo tecnico: occorre azzerare il deficit, ridurre il debito, gli interessi, aumentare l’occupazione, ridurre le imposte, ma in tutte queste dichiarazioni, non c’è come ridurre le imposte, pagare il debito e fare investimenti pubblici.
E manca un punto, manca una sia pur vaga idea di redistribuzione della ricchezza. E manca perché nessuno la chiede.
Perché nessuno protesta?
Non la chiedono i ricchi che non intendono mollare un centesimo di ricchezza (ed è comprensibile) e non la chiedono i poveri che non sanno di essere tali.
E’ noto che i 10 italiani più ricchi hanno un patrimonio complessivo di circa 50 miliardi, pari a quello dei tre milioni di italiani più poveri. Il che vuol dire che quei tre milioni hanno un “patrimonio” di circa 16.700 € ciascuno, ma di questi nessuno si ribella o almeno protesta.
Perché? Perché non lo sanno. No, non perché non sanno quanto hanno loro o che esistono persone che hanno un patrimonio pari a 300.000 volte il loro (299.401 per la precisione). Forse non sanno neanche quello, ma soprattutto ignorano di essere poveri. E, se qualcuno lo dicesse loro, non ci crederebbero.
Perché, per quello che sanno, loro se la passano bene, fanno parte della classe media. Anche perché sono, normalmente, raggruppati in famiglie di tre persone e la famiglia vive abbastanza bene, ha circa 50.000 € di patrimonio.
Loro vivono in una casa regolare (in affitto), hanno mobili, elettrodomestici, una automobile di qualche anno, qualche migliaio di euro in banca e forse qualche Bot.
Quella famiglia ha un posto di lavoro da 1.300 e al mese e uno da 800, magari fa qualche lavoretto in nero, va al cinema, ogni tanto a mangiare una pizza e l’estate in ferie nella casa del nonno al paese. O arriva in Croazia per qualche giorno.
Perché dovrebbe pensare di essere povera?
Ed è a loro che Squinzi chiede di fare sacrifici. E loro forse li faranno. Perché non sanno di essere poveri, per questo non fanno la rivoluzione proletaria di chi «non ha nulla da perdere» preconizzata da Marx.
Mentre Squinzi e gli altri, Squinzi e quei dieci italiani più ricchi, Squinzi e gli altri del loro mondo lo sanno benissimo che c’è ancora tanta ricchezza in giro fuori dalle loro mani. Sanno che ci sono 2,5 milioni di famiglie italiane con un patrimonio complessivo di 4.000 miliardi, altri 11 milioni di famiglie che con 3.800 miliardi e, infine, gli ultimi 11 milioni, i più poveri, che possiedono 830 miliardi: lo sanno benissimo.
Per questo hanno cominciato loro quella rivoluzione, loro che hanno tutto da guadagnare contro gli altri, quelli che non hanno nulla da perdere.
E chiedono sacrifici. Ai poveri.